martedì 9 ottobre 2018

#perdersinmountainboke – ospitalità

sabato 6 ‎giugno ‎2018, ‏‎11:55:52 – "Beita de Süra"- 1320 slm (Val Nossana - Parre)

Siamo da poco partiti. Prima di entrare in paese, a Parre, ci supera un rumoroso trattorino. Ci affianca. L’omone che sta alla guida ci osserva, simpaticamente esclama: “I è mia elètriche chèle lé!” accennando con un gesto del capo alle nostre bici. E se la ridacchia. “Macché elettriche! A noi piace guadagnarcela la salita!” Rispondiamo noi, allegramente. Mentre ci supera si volta verso di noi e, in tutta risposta, sovrastando lo strepitare del motore, ci urla “ ‘Ndóm! Bötìle sö söl cassù, che ve pórte sö mé!” Per un attimo, l’idea di noi due e delle nostre bici, sballottati nel cassone del trattorino, che ci risparmiamo la lunga salita che ci aspetta, aggrappati ai bordi delle sponde, un poco mi alletta. Ma stoicamente rispondiamo “No, grazie!” “Alura, ve tàie l’aria. Metìs in scia.” E l’omone se la ride, dando gas e allontanandosi, mentre noi lo salutiamo con la mano e ci respiriamo le pregevoli esalazioni di scarico del vecchio trattore. Dopo quasi tre ore di salita, la strada sterrata termina presso la Baita del Fop. E cosa c’è sotto la penzana della baita? Diamine! Proprio lui, il trattorino. Ma dell’omone, simpatico e spiritoso, non vi è alcuna traccia. Per andare a Santa Maria in Leten, le bici ce le dobbiamo pure mettere a spalla per superare due ripidi dossi. E ben presto ci scordiamo nuovamente del trattorino e del suo conducente. Giunti a Leten, dopo una breve sosta, iniziamo la spettacolare discesa che si infila giù in Val Nossana. Il sentiero serpeggia tra i pascoli. I boschi, sotto di noi, sono pennellati dal giallo acceso dei maggiociondoli. Insomma, ce la godiamo. Ed è solo l’inizio di una lunga discesa. Ci infiliamo nella faggeta, brandelli di luce chiazzano il sottobosco. Eccoci siamo al primo guado. Il torrente è secco, lo attraversiamo sulle rocce lasciate dalle acque e calcinate dal sole. Dietro la costa dovremmo passare a fianco di una baita, la "Beita de Süra". Superiamo un dosso e compare, arroccata sulla valle. Attorno l’erba è tagliata, dal comignolo esce un filo di fumo, attrezzi vari sono sparsi attorno, sul tavole e sul muricciolo che delimita il prato davanti alla baita. Ci fermiamo e una voce divertita ci apostrofa “Se fif ché! Da che banda riif!” Ci voltiamo ed esclama “Ostrega! Sì oter. Certo, che ne i fac de strada!”. Eccolo, lì davanti a noi, è lui: l’omone del trattorino. Neanche il tempo di rispondere ed esce un altro signore dalla baita, nemmeno ci saluta ma, dal suo punto di vista, ha ben chiara la situazione “Se ve ufendì mia, o meti’so mes chilo de pasta, per tri l’è tropa, per ciq l’è giosta!”. E l’omone del trattorino aggiunge “Ndom! L’è mesdé! Egnì dét a maià ergot ‘nsema.” Il tono è simpatico e non ammette replica. Noi timidamente nicchiamo un poco e facciamo quelli che non vogliono disturbare ma, dopo avere rifiutato l’invito a salire sul cassone del trattorino, non possiamo non accettare l’invito di infilare le gambe sotto il tavolo insieme a lui e ai suoi due amici. “Grazie!” e ci accomodiamo.
 — con Carlo Cortinovis a Parre.

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