Quale laguna vedrà Maria Reiche dall’alto della sua scala? Allora, alla fine degli anni quaranta, nel deserto di Nazca, cambiando punto d’osservazione la distesa di pietre prese forma in linee ordinate, fiori e uccelli. Ora la sua immagine ci lancia una sfida, “la semplice scala è la prova che non dovremmo attribuire alla mancanza di mezzi l’incapacità di fare il nostro lavoro”. La scarsità non deve essere una scusa per abdicare ma uno stimolo per immaginare, inventare, percorrere nuove strade e andare oltre le miopi visioni di chi ritiene sia inutile salire sulla scala. “Perché in tempi di scarsità, l’immaginazione è in pericolo. Mentre l’immaginazione è precisamente la possibilità di trovare occasioni nella scarsità. In tempi di scarsità, sembra esserci assenza di opportunità. Ma le opportunità non riguardano ciò che è possibile. Le opportunità riguardano ciò che si vuole rendere possibile.” Quindi ad ognuno di noi non resta che trovare la propria scala e utilizzarla, sempre!
lunedì 26 settembre 2016
giovedì 22 settembre 2016
#14 UN'IMMAGINE DICE PIU' DI MILLE PAROLE
Sabato 17 settembre 2016, 18:22:37 – Jesolo – Spiaggia del Faro
Le onde si frangono sulla spiaggia e la salsedine in sospensione impregna l'aria. Zaffate d'aroma resinoso cascano dalle ampie chiome dei pini domestici. Le ultime bagnanti abbandonano le sdraio e lasciano, delle creme solari, scie di appiccicoso profumo. Respiro tutto mentre il sudore ricopre la pelle. Ingordo respiro mentre le gambe spingono regolari sul lungomare. Sento scricchiolare la sabbia sotto le suole. Geometrie perfette di ombrelloni chiusi, mutevoli sfrecciano alla mia sinistra. Una muraglia scomposta di alberghi svetta oltre le chiome dei pini e lenta scorre alla mia destra. Tra i due sipari lo sguardo è calamitato da quel cilindro verticale ed elegante che si erge solitario in fondo alla spiaggia. Mi hanno sempre affascinato i fari, luoghi di confine. Punti in cui la terra lascia spazio alle acque o le acque alla terra? Punti in cui qualcosa accade, dove le paure si scontrano con le curiosità, dove si deve trovare un equilibrio e dove il limite può diventare occasione di incontro e conoscenza. Punti di svolta. Vado oltre e costeggio il fiume Sile, gli edifici si sgranano nel verde della campagna e della laguna. Procedo sull'alzaia e l'acqua è in ogni dove, salmastra e apparentemente immobile. Attraverso nugoli di insetti che si appiccicano sulla pelle sudata. Dai canneti salgono versi di uccelli a me sconosciuti. L'involarsi di un airone mi fa trasalire. Per un tratto bianche garzette volano sopra il pelo dell'acqua, nella mia stessa direzione, alla mia stessa velocità. Questi sono esattamente quei momenti che danno un senso alla fatica, come un premio inaspettato. Poi mi abbandonano puntando verso il centro della laguna che si stende a perdita d'occhio. Mi fermo e mi guardo attorno, non mi pare vero. Un mondo completamente orizzontale di acque e vegetazione mi circonda, un mondo pieno di vita e fascino, un mondo senza riferimenti. Da qui non vedo nemmeno il faro e, quando realizzo questa assenza, mi sento felicemente perso. Ricomincio a correre e penso: questa strada sicuramente mi riporterà a casa. Le gambe spingono mentre mi godo il viaggio e il buio lentamente tutto avvolge.
UN VITA, IN SOLI TRENTAPASSI
UN VITA, IN SOLI
TRENTAPASSI
"Penso che la montagna, per chi come noi la ama, non
faccia che amplificare il nostro stato d'animo, la gioia e la felicità quando
si è contenti, la tristezza e la nostalgia quando si è abbattuti. Ma se non si
è predisposti a vivere questi momenti, le cime, i boschi, i sentieri, le rocce
o la neve sono muti e sembrano non volerti più accettare e capire."
(Roberto Ciri)
Ci siamo da poco incamminati verso la nostra meta, i passi
scandiscono il tempo e il cammino si intreccia alle parole. “Sono nato a Foligno nel 1968 e nella mia
famiglia non vi era alcuna tradizione di montagna. – così esordisce Roberto
- Da ragazzo, se escludiamo un paio di
passeggiata con mio padre, le montagne erano solo un mondo rappresentato nelle
cartoline. Non immaginavo minimamente che si potessero salire per raggiungerne
la vetta”. Le sue parole mi incuriosiscono e sono una premessa decisamente
interessante per la nostra intervista in cammino. per conoscere lui e la sua
grande passione che lo ha portato tra i monti e a creare e fare crescere i progetti
web www.vienormali.it e www.3000dolomiti.it. Così continua: “Era il 1990, avevo 22 anni quando,
universitario a Padova, ho scoperto che le montagne si potevano salire e
scalare. Ho iniziato in Dolomiti e nelle Prealpi Vicentine, solo quando la
passione per la montagna aveva ormai Intaccato in modo irrimediabile l’animo,
sono tornato negli Appennini per esplorarli soprattutto nella stagione
invernale.”
Roberto ha al suo attivo la salita di oltre 400 cime ma ciò
che rende interessante ed unica la sua attività è il fatto di avere messo a
disposizione il suo bagaglio di conoscenza, in modo preciso ed efficace, sia nel
mondo del web che, più recentemente, in un progetto editoriale ricco e articolato.
La sua professione nel campo dell’informatica, come
consulente nel settore del web marketing per aziende e per professionisti, unitamente
all’amore per la montagna, gli ha fornito strumenti idonei a strutturare un
sito che ad oggi è di assoluto riferimento per gli appassionati di montagna in
cerca di informazioni sulle vie normali delle Alpi, degli Appennini e delle
isole.
“Le vie normali sono
da sempre una passione sia in termini escursionistici che alpinistici. In
questa ricerca non sono interessato all’estremo in termini di difficoltà e
impegno tecnico – e continua – ma ad
una ricerca storica che mi porti ad una maggiore conoscenza della montagna.
Ripercorrere i medesimi luoghi dove la storia dell’alpinismo e quella locale hanno
preso forma è affascinante. Questi luoghi raccontano, se li sai osservare e
interrogare con curiosità e attenzione.”
Quando si parla di vie normali solitamente il pensiero va
alle vie di salita delle grandi montagne, dalla normale al Monte Bianco a
quella del Cervino, ovvero alla linea più semplice per giungere sulla vetta di
una montagna difficile. Nella realtà anche la montagna più semplice ha la sua
via normale di salita, non per forza si deve essere alpinisti. Per raggiungere
la cima di moltissime montagne basta essere escursionisti con tanta voglia di
camminare e la curiosità di scoprire nuovi orizzonti. Per questo motivo oggi
non ci troviamo lungo una via normale di una grande montagna, tra ghiacciai
tormentati o su una cresta sospesa nel vuoto, ma stiamo percorrendo il facile
sentiero che ci porterà sulla vetta della Corna Trentapassi.
Lentamente saliamo, sul limitare del bosco si intravede la
croce posta sul culmine e non posso non chiedergli cosa significa questa montagna
per lui. “La cima della Corna è un bel
punto in cui appollaiarsi, rimanere lassù a guardare il panorama e pensare un
poco.” Roberto torna spesso su questa montagna in ogni stagione e in ogni
ora del giorno e della notte, per una veloce corsetta, quando il tempo è
tiranno, o per godersi il tramonto. Le vie normali, mi racconta, sono almeno
tre. La breve e semplice salita da Cusato, in comune di Zone, l’impegnativo
sentiero attrezzato con tratti di ferrata che percorre, partendo da Toline, la
spettacolare cresta nord, oppure il sentiero che sale da Vello e che ormai è
diventato il classico percorso della Vertical Race. Insomma la Corna
Trentapassi è una montagna che offre una bella scelta di vie normali, una per
ogni versante, e con infinite varianti e raccordi. Sicuramente su questi sentieri
non si è definita la storia dell’alpinismo ma una storia fatta dalle persone
semplici che sulle sue pendici hanno vissuto, allevando il bestiame e tagliando
il bosco, e dalle numerose piccole storie fatte di emozioni e di un vissuto che
ogni escursionista ha potuto assaporare durante la salita. I ricordi di
Roberto, quelli che lo legano a queste creste, sono infiniti. “Quando giungi dal lungolago la Corna sembra
una piramide compatta che affonda le sue radici nel blu profondo delle acque
del lago. Poi inizi a salirla e a conoscerla, ad esplorarla e a restarne ogni
volta stupito. Ne percorri le creste e le valli, i boschi e le praterie, piano
piano ti rendi conto che l’immagine monolitica che avevi si frammenta, come in
un caleidoscopio, in infiniti mondi, ognuno con le sue peculiarità e le sue
caratteristiche.”
Mentre colgo l’emozione che vibra nel suo racconto ci
avviciniamo alla cima, dove tutto converge nello spazio ampio della vetta. In
silenzio percorriamo l’ultimo tratto e al cospetto della croce ci fermiamo. Lo
sguardo spazia in ognidove per finire sempre con il perdersi a scrutare le
increspature e i riverberi della acque del lago. In quelle acque le ripide
pendici della nostra montagna si inabissano e da quelle acque, la montagna
stessa, prende slancio ed energia per proiettarsi verso il cielo. Durante la
sosta Roberto continua a spiegarmi il perché di questo progetto. “Lungo le vie normali, quelle semplici ma
non conosciute e relazionate, su cui non vi è alcuna traccia, sei obbligato a
pensare nel medesimo modo dei primi salitori. Si torna un poco pionieri
cercando il percorso più logico lungo il versante. Tutto ciò mi affascina, siamo
nell’era del digitale ma restano ancora spazi da esplorare, a condizione che ci
si ponga nel giusto stato d’animo e con il desiderio di lasciarsi stupire”.
Dalle sue parole e navigando in rete scopro che il sito Vienormali.it
è partito dalla passione diventando un progetto e in parte anche un lavoro. Roberto
ha iniziato nel 2005 mettendo a disposizione, in un data base chiaro e facile
da navigare, le sue oltre 200 relazioni. Da allora, in oltre 10 anni, si è
costituito un bel gruppo di alpinisti/escursionisti che lo hanno affiancato nel
lavoro e, sulla base di regole chiare e condivise, caricano le loro relazioni. Ad
oggi sono circa 2900 le cime toccate, oltre 2500 le vie normali, 200 le vie di
roccia, 150 le ferrate e 20 le vie di ghiaccio descritte. Negli ultimi anni è
partito pure un progetto editoriale con “Idea Montagna – Editoria ed Alpinismo”
che lo ha portato, in collaborazione con altri amici, a pubblicare ben sei guide,
dedicate alle montagne lombarde e alle Dolomiti, mettendo a frutto il ricco
bagaglio di conoscenza e informazioni di cui dispone.
Il tempo passa ed è giunta l’ora di scendere, Roberto parla
in modo pacato e nel contempo determinato. “Sono
26 anni che vado in montagna e la passione e la motivazione restano le medesime.
Tanti sono i cantieri in corso e i progetti per il futuro.” Prima di
incamminarci gli chiedo se c’è una via normale che sente più sua o lungo la
quale ha vissuto qualcosa di particolare e indelebile. “Molte son le vie normali a cui son legato e non saprei sceglierne una
in particolare, ma ciò che amo di più è un sentiero e non una via normale, il
sentiero da San Liberale al Pian della Bala sul Monte Grappa nelle prealpi
Vicentine, quello è stato il mio primo sentiero percorso, era il 1990 e lì è
nata la passione da lì ha avuto inizio il mio essere uomo di montagna. Da quel
giorno non mi sono più fermato.” Ora tace e il silenzio ci avvolge, lo
osservo mentre il suo sguardo accarezza la superficie del lago e si perde nelle
sue profondità.
Pubblicato su "OROBIE" - 2016
Per conoscere Roberto Ciri www.vienormali.it
COL PIERO IN PARADISO
COL PIERO IN PARADISO
Dalle creste della Filaressa al Pizzo Paradiso
Il Piero, prima che
mi accompagnasse in Paradiso, per me era solo una presenza virtuale, quello che
per molti, ancora oggi, è PieroWeb.
È impossibile anche
per noi, che non siamo certamente la generazione dei nativi digitali, non
esserci imbattuti nel PieroWeb. Se in google cerchiamo informazioni sulle
escursioni nelle Orobie, se digitiamo il nome di una cima o di un sentiero, è
certo che nelle prime schermate ci troveremo un rimando a www.pieroweb.com.
Il sito, attivo dal
2001, è un vero e proprio portale che già fa trasparire l’indole e il carattere
del nostro personaggio. Non è un’asettica raccolta di centinaia di escursioni e
di tutte le info utili per organizzare ogni tipo di gita sulle Orobie, molti
sono i contributi degli amici. Ci sono relazioni, racconti, immagini, musica,
link che rimandano ad approfondimenti, cartografie, altri siti; c’è pure un
canale You Tube e una pagina di Facebook molto frequentata. Navigando si ha la
sensazione di essere presi per mano e accompagnati lungo i sentieri e tra i
monti, grazie anche ad una ricca ed esaustiva documentazione fotografica.
Finalmente, in un
pomeriggio d’inverno, ho la fortuna di conoscere il Piero. Fissiamo il nostro
primo appuntamento. Per la nostra prima chiacchierata in cammino ci ritroviamo
a percorrere il crinale che separa le nostre due case, i due paesi in cui
viviamo. Camminando viene tutto più semplice, più naturale. Condividere i passi
è il modo migliore per conoscerci e per me, raccoglitore di storie, ascoltare i
suoi racconti fatti di passione, di montagne e di amicizia. Il Piero è nato e
vive a Zogno, da lì parte per le sue scorribande nelle vallate bergamasche e
alpine. Sostiamo sulla cima della Filaressa e quindi proseguiamo oltre, giunti
sulla cima del Costone mi indica il suo paese e tra i tetti, che si
affastellano attorno alla parrocchiale, quello di casa sua.
Con la sua voce
briosa e irrequieta mi racconta dei suoi progetti e delle sue numerose
attività, è piacevole ascoltarlo e cogliere la sua particolare visione delle
cose sempre proiettata verso il futuro, verso ciò che ci attende e ciò che può
accadere, il tutto amalgamato da curiosità ed energia.
Piero - 73 anni,
sposato e padre di due figli - affonda
le sue radici e vive da sempre in quel pezzo di Valle Brembana che si stende ai
nostri piedi. Laureato in Lettere, per 30 anni è stato professore, di cui 25
presso le scuole medie di Zogno. Ancora oggi è il riferimento per molti dei
suoi ex alunni, per alcuni di loro è diventato “Il Prof delle Orobie”. Nel
2000, arrivata la pensione, finalmente può dedicarsi alle sue passioni: alla
montagana, alla fotografia e all’informatica. Nell’arco di un anno le tre cose
si fondono e danno origine al progetto “ObbiettivOrobie”, ovvero il portale di
PieroWeb.com, che quest’anno compie 15 anni.
Con lo sguardo
percorriamo le cime delle Orobie elencandole in un gioco di rimandi in cui ognuno
aggiunge un tassello, il nome di una cima, la quota di un colle. In lontananza
gli indico la mole del Pizzo dei Tre Signori e poi l’evidente incisione della
Bocchetta d’Inferno e lui rilancia: “… e
dopo l’inferno c’è il paradiso”. Io non colgo a cosa alluda il gioco di
parole e dopo la bocchetta faccio notare l’inconfondibile profilo triangolare
del Pizzo di Trona. Piero non molla e mi dice che la sua non è una battuta ma
che quel profilo tondeggiante, tra la Bocchetta d’Infermo e il Pizzo di Trona,
ha un nome e si chiama Pizzo Paradiso. Lo guardo stupito e gli confesso di non
sapere nulla della sua esistenza. Piero mi guarda e dice: “Allora l’estate prossima ci andiamo insieme a fare un giro”.
Il tempo passa e
l’estate arriva, puntuale arriva anche il Piero e con una telefonata mi invita
in Paradiso. Qualche giorno dopo mi ritrovo, con lui e alcuni suoi amici, lungo
la strada che sale ai Piani dell’Avaro, al punto di partenza del sentiero per
il rifugio Benigni. Piero mi accoglie come se ci fossimo salutati ieri sera ed
il cammino non si fosse mai interrotto in questi mesi di lontananza. Imbocchiamo
il sentiero e sul ritmo dei passi riprendono i racconti. Piero ha sempre amato
camminare ma prima di andare in pensione tra gli impegni familiari e di lavoro
non riusciva a dedicarsi con costanza a questa passione. “Sono fortunato” mi dice sorridendo “Sono andato in pensione presto e in questi 15 anni ho avuto la
possibilità di coltivare le mie passioni e di scegliere a mio piacere le
giornate per andare in montagna”. Mentre chiacchieriamo cammina con
regolarità, mai veloce e con un passo costante e attento, la Valle Salmurano si
apre davanti a noi. Piero decide di salire verso la Bocchetta di Trona passando
sotto le pendici settentrionali del Pizzo Giacomo. Io lo seguo senza riserve e
gli chiedo se vada mai a spasso da solo. “Preferisco – dice Piero,
mentre sale la ripida traccia - andare in
montagna in gruppo, con gli amici, anche se non mi dispiace camminare da solo.
Quando sono solo mi sento libero di scegliere a mio piacere la meta, il passo,
le soste. Da solo, per questioni di sicurezza, scelgo percorsi facili e brevi,
anche per non mettere in ansia i familiari a casa.”
Il tempo scorre, come scorre il sentiero sotto i
nostri passi, e ci ritroviamo alla bocchetta, dove ci godiamo una sosta per uno
spuntino ed un sorso di the. Ci guardiamo attorno godendoci il silenzio e i
panorami che si aprono sul versante valtellinese. Rompo il silenzio: “Piero! I luoghi che attraversi cosa ti
raccontano?” Ci pensa un attimo come se stesse raccogliendo le idee: “I luoghi che attraverso, come questo angolo
di mondo su cui siamo affacciati, mi raccontano della bellezza del creato,
fatto di montagne, di piante e animali ... mi meraviglio che tanta bellezza la
si possa trovare appena fuori casa. Mi stupisco nel riscoprire ogni volta che
esistano ancora ambienti incontaminati, dove la natura e le sue forze regnano
sovrane.” Poi tace.
Riprendiamo il cammino e scendiamo
verso il lago Zancone, senza raggiungerlo, per poi risalire verso il lago
Rotondo. Piero mi racconta di quanto per lui sia significativo condividere
queste sue esperienze e di come internet sia stato utile per veicolare la sua
passione e fare conoscere le centinaia di escursioni compiute: “Mi piace pensare che le escursioni che mi soddisfano
possano interessare anche ad altri appassionati di montagna. Mi piace pensare che
le belle emozioni da me provate le possano provare, ugualmente, anche altri. E
poi l’apprezzamento da parte di tanti appassionati di montagna del lavoro
svolto mi gratifica e mi stimola a continuare con passione.” Piero non è un collezionista seriale di cime, lo vedo
meglio nei panni di un buongustaio che si gode ogni pietanza e nello stesso
modo organizza le sue uscite e con gli amici se le gode senza fretta, senza
affanni, con una semplicità estrema e genuina. Tra le tante parole a un certo
punto ha detto una cosa che mi ha colpito:
“Oltre il sentiero cerco ... il respiro del corpo, della mente, dell’anima.”
Se devo sintetizzare in due parole quali sono i riferimenti di Piero e del suo
camminare, mi verrebbe da dire: piacere e scoperta.
Mentre rifletto sul senso di queste due parole, il
sentiero lentamente perde forza e si spiana, depositandomi nella conca del lago
Rotondo, nel cui specchio d’acqua si riflette la piramide del Pizzo di Trona.
Lì, di fronte a questo spettacolo, ho la conferma di come siano calzanti le
parole “piacere” e “scoperta” all’andare per monti di Piero. Lui si volta, mi
guarda e sorride; come fosse il custode di quel regno con un gesto del braccio
e la mano aperta, mi mostra le montagne che ci circondano, mi indica la ripida
traccia che porta alla sella e da li sulla cima del Pizzo Paradiso.
Dopo una breve pausa ripartiamo. Sull’erto pendio, che
ci conduce alla vetta, poche ed essenziali sono le parole e restano soltanto
gli sguardi che non riescono a nascondere la soddisfazione di essere giunti
sino lì. Una volta sulla cima, ci stringiamo la mano e ci sediamo nell’erba.
Ora ho un’ultima domanda per Piero: “Cosa
senti in momenti come questo?” Lui ci pensa un attimo, mi pare indeciso e
mentre lo sguardo si perde lontano: “L’emozione
è forte, quando raggiungo la cima, specie se mi ha comportato fatica. In vetta
provo gioia, soddisfazione, orgoglio, ... e finalmente mi rilasso mentre mi
godo il panorama. Poi penso che non vorrei più scendere e sono dispiaciuto del
tempo limitato che mi resta per godere di tutte queste emozioni. – Piero si
volta verso me e mi fissa con gli occhi
che sorridono e infine esclama – Nessuno
vorrebbe lasciare mai … il Paradiso”
Pubblicato su "OROBIE" - 2016
Per conoscere Piero Gritti www.pieroweb.it
CAMMINARE SULLE ACQUE ALTE
CAMMINARE SULLE ACQUE ALTE
Con Cristian Riva ai laghi di Valgoglio
“Adoro la montagna. Risalire lentamente i suoi ripidi versanti, percorrere quei
tortuosi sentieri tra i fitti boschi e le ampie distese prative. Adoro tutto
ciò che l’avvolge e la rende speciale. Con la fotografia mi illudo di rubare
l’emozione di quel preciso momento vissuto sui monti, un’emozione che porterò
sempre con me.” Cristian Riva
Ieri abbiamo
camminato nelle terre alte o per meglio dire sulle acque alte. Nove i laghetti
che abbiamo lambito con i passi e sfiorato con lo sguardo. Quattro i compagni
di cammino: Cristian, Marco, Camillo e Michele. Millecentocinquanta i metri di
dislivello macinati dalle gambe, tredici i chilometri percorsi al battito del
cuore e cinque le ore in cui i polmoni hanno prelevato ossigeno dal cielo.
Questo è stato il nostro giro dei laghi di Valgoglio, lungo un sentiero che si
srotola ad anello, seguendo un percorso che dalle fitte abetaie ci ha
proiettato oltre le bastionate rocciose al cospetto del Monte Pradella ed
affacciati sulla Valle Seriana.
Un luogo fatto di acque e rocce,
dove il fascino degli spazi naturali si è fuso con gli evidenti segni che
l’uomo ha lasciato, al fine di sfruttare la forza generatrice dell’acqua:
condotte, dighe, case dei guardiani, canali, tralicci. Un luogo da narrare che
è cornice di una storia, un modo insolito ma familiare per raccogliere il
racconto di una passione e di una vita.
Questo è accaduto ieri ed oggi
sono qui davanti allo schermo luminoso del mio portatile per ripensare e dare
forma alle intuizioni che ho avuto mentre i miei passi erano i suoi, mentre il
mio sguardo era il suo. Digito il suo nome in un motore di ricerca e vado diritto
sul suo sito, una home-page elegante con una intestazione semplice ed efficace “Cristian
Riva - Sui sentirei con lo zaino ed una reflex” proprio di Cristian vi voglio
raccontare. Già da una prima occhiata appare chiaro che il nucleo della
passione è lo sguardo che lui ha sul mondo e il desiderio di trasmettere, con
l’esattezza e la precisione dell’immagine fotografica, l’emozione di un
istante. Nel sito di istanti ce sono centinaia perché, ad uno sguardo attento,
centinaia sono le occasioni per raccogliere la meraviglia: dalle scalette che
si inerpicano sui colli di Bergamo sino alle alte cime delle Orobie, dai borghi
nascosti nelle pieghe delle vallate alpine ai panorami dolomitici. Sfogliando
virtualmente le pagine si coglie una particolare attenzione per il dettaglio,
un occhio attento sia allo scorrere delle stagioni che al restituire le
vicissitudini della storia ed i segni che questa ha lasciato tra i monti. Navigo
e mi perdo tra le pagine, continuo a sfogliarle. Sulle labbra mi affiora un
sorriso quando ritrovo una citazione di Walter Bonatti, una di quelle frasi che
conosco e che sento anche mia “Da quassù il mondo degli uomini altro non sembra
che follia, grigiore racchiuso dentro se stesso”. Cristian, ovvero la persona
che emerge da queste pagine, è esattamente la stessa persona che ieri camminava
al mio fianco, una combinazione di sensibilità e di attenzione. Tra le pagine
trovo il racconto della gita ai laghi di Valgoglio, esattamente il nostro percorso
di ieri, leggo ed osservo le immagini, vengo rapito e mi ci perdo dentro, ogni
scatto racconta e conduce in quei luoghi sospesi. Il reale si è fuso al
virtuale, il cammino e il sudore di ieri nella placida navigazione di oggi, il
cielo terso e i riverberi delle acque nella luce azzurrognola riflessa dallo
schermo del pc nel buio della mia cucina. In questo gioco di rimandi i miei
pensieri si perdono e inizio a dubitare che tutto ciò sia accaduto e mi chiedo
se io lì ci sono stato veramente. Ecco che la mia attenzione viene richiamata
dal tasto “Libro di vetta”, sposto il cursore e faccio un click. Si apre una
pagina in cui è possibile lasciare un proprio pensiero, lì trovo la conferma
che tutto è accaduto e che il nostro cammino ci ha portato realmente a
specchiarci in quegli occhi liquidi aperti verso il cielo: “Ilaria – Mercoledì, 09 Settembre 2015 – 12:53 – Abbiamo avuto la
fortuna di incontrarti durante il giro dei laghi di Valgoglio, ti ringraziamo
ancora per essere sempre una grandissima fonte di ispirazione! Ilaria e Alex”.
Ieri effettivamente abbiamo incontrato Ilaria e Alex e queste due semplici
righe restituiscono pienamente il senso della passione di Cristian. Passione
che non è solamente il motore di questa sua costante tensione verso le montagne,
mosso dal desiderio di fermare il tempo in un click, ma è anche voglia di
condividere questo bagaglio di emozioni. Condividere tramite il web per essere
stimolo ad altri affinchè, incuriositi dalle proposte e ammaliati dalle sue
immagini, si infilino lo zaino in spalla per ripercorrerne i medesimi passi.
Se nove sono i laghi non
potevano essere che nove gli spunti per chiacchierare durante il cammino con
Cristian.
Si prende il via dalla località
Bortolotti, la condotta forzata indica il cammino, la seguiamo, ed oltre il
bosco si supera la bastionata rocciosa per giungere al pianoro dove sorgono le
costruzioni dei guardiani delle dighe. Ci concediamo una breve sosta e mentre
ripartiamo chiedo a Cristian da dove nasce la passione per la montagna. “Forse da sempre! – esordisce - Da piccolo,
volente o nolente, “dovevo” seguire i miei genitori nelle classiche camminate
verso il Calvi e i Gemelli. Poi, nel mezzo dell’adolescenza, trascorrevo le
vacanze estive sull’altopiano di Selvino, punto di partenza per quelle che
allora mi parevano le cime più alte del mondo: le Podone, la Cornagera, la
Filaressa, il Pioeto ed il Purito. Lentamente, senza che me ne accorgessi, la passione
dei miei genitori è diventata anche la mia. Ora, come fosse un “testimone”, la
passione per la montagna è qualcosa che sto cercando di trasmettere anche alle
mie due figlie, Valentina e Giorgia di 20 e 13 anni. Con loro, e naturalmente
con mia moglie, ho ripercorso gli stessi sentieri di un tempo, verso i rifugi,
verso il Calvi ed i Gemelli.”
Proseguiamo e la traccia torna
ad essere ripida ci alziamo di quota e sotto di noi si scorgono lo Stagno Molta
e il lago Resentino. In fila indiana proseguiamo diretti alla Capanna Giulia
Maria, oggi siamo in tanti e tutti abbiamo voglia di chiacchierare. È fuori di
dubbio che è meglio muoversi in compagnia, anche per motivi di sicurezza, e
solleticato sul tema della solitudine ecco cosa ci racconta Cristian: “Scelgo spesso la camminata solitaria. Pur
non disdegnando la compagnia, che molto spesso mi ha permesso di imparare moltissimo
dagli altri. Però camminare da solo mi regala un qualcosa in più che altrimenti
andrebbe perso. Adoro quel costante silenzio dal quale affiorano pochi e
preziosi rumori, quelli che la quotidianità non mi permette di ascoltare. Il suono
del vento che asciuga il sudore, quello dei passi tra le foglie d’autunno, il
rumore della natura che si risveglia o il frusciare improvviso di un animale
selvatico in fuga. Ma il suono più prezioso è quel rumoreggiare interiore, fatto
di domande e risposte, di riflessioni sospese che solo il camminare in solitudine
fa emergere dal tuo profondo”
Mentre procediamo verso il lago
Canali, sulle cui sponde sorge la Capanna Lago Nero, l’incontro con Ilaria e
Alex, sposta il discorso sul perché avverte questo bisogno di raccontare e
condividere le proprie emozioni. “È
talmente esplosiva la carica che accumulo durante un’escursione, dalla semplice
passeggiata lungo le scalette di Bergamo, sino al tetto orobico del Pizzo Coca,
che mi è impossibile tener dentro di me tutto questo “ben di Dio”. Per evitar
di esplodere, devo condividere e rendere partecipe chiunque di questa bellezza
e felicità.” Presso il lago Nero ci fermiamo e mentre ci guardiamo attorno
e lasciamo che il sole asciughi il sudore, si parla delle montagne di mezzo
mondo su cui abbiamo camminato e arrampicato: “La bellezza e la felicità di cui parlavo,- afferma Cristian - non le si trova per forza i capo al mondo o
chissà dove, ma sono proprio qui vicino, dietro l’angolo a due passi da casa.
Bisogna solo guardarsi attorno e lasciarsi stupire. Guarda che meraviglia
questo lago, sembra un diamante nero incastonato tra le rocce.”
Un attimo di silenzio e si
riparte. Al lago di Aviasco tocchiamo il punto più alto dell’escursione.
Togliamo gli zaini dalle spalle e ci concediamo uno spuntino mentre i discorsi
continuano e le voci si accavallano. Immancabilmente si parla delle cime
scalate e dall’intima soddisfazione che questo gesto regala: “Ogni vetta, - racconta Cristian - facile e o difficile, mi regala sempre pochi
metri di spazio e qualche brandello di tempo che, anche se scomodi e fugaci, mi
fanno sentire seduto su un trono proiettato sul Creato. Un trono dove mi siedo
con rispetto rivolto verso quell’azzurra ed irraggiungibile lontananza, immensamente
appagato e soddisfatto, emozionato e gioioso.” È ora di ripartire e ci attendono ancora quattro laghi, il primo
che incontriamo è il lago Campelli Alto, anche qui si vede con evidenza il
lavoro dell’uomo, quello dei pastori che si spingono sino qui con le greggi e
quello per la costruzione degli sbarramenti e della canalizzazioni. “Vedi – mi dice – questi, come gli altri luoghi che attraversiamo spesso raccontano
storie, storie di fatica e di lavoro, storie che si perdono lontane nel tempo e
storie recenti fatte di amore e di fede. Però stiamo perdendo la capacità di
leggerne i segni, troppo presi dai ritmi convulsi che la nostra società ci
impone”. Mentre si chiacchiera arriviamo sulle sponde del piccolo lago
Campelli Basso, sembriamo dei collezionisti anche se restiamo convinti che ciò
che conta sia la qualità del cammino: “Ciò
che cerco ogni volta sono dei colli e delle cime adeguate alle mie possibilità
e in grado di darmi buone e ricche soddisfazioni. Non amo le competizioni.” Poco
oltre inizia la scalinata ricavata nella roccia che scende ripida al lago
Cernello e all’omonima baita gestita dal Cai di Alzano Lombardo. Con questa
luce, propria degli ultimi giorni d’estate, e l’aria tersa dell’alta quota, di
fronte a noi si apre un panorama strepitoso e il massiccio della Presolana,
inconfondibile, segna l’orizzonte. “La
vedi? – mi chiede – La Presolana è la
montagna del mio cuore, senza alcun dubbio. La cerco con lo sguardo dovunque mi trovi, non solo sulle alte cime
delle Orobie ma anche dal luogo di lavoro. Dovunque io sia lei resta per me un
punto di riferimento, la mia casa!”
Al rifugio ci fermiamo per un’ultima sosta, prima di scendere al lago Sucotto e da lì rientrare a Valgoglio. Prima di avviarci chiedo a Cristian un’ultima cosa “Oltre il sentiero, cosa cerchi?” ci pensa un attimo e poi: “Cerco ciò che è bello e può rendermi felice. Un amico prete, Don Diego, durante una telefonata, nel corso della quale stavamo prospettando l’idea per una uscita montana insieme, mi disse una cosa semplice, forse banale, ma per nulla scontata e che mi è sempre rimasta dentro: …dobbiamo circondarci del bello, di ciò che ci rende felici e gioiosi, solo così potremo a nostra volta regalare un sorriso e donare felicità …”
Al rifugio ci fermiamo per un’ultima sosta, prima di scendere al lago Sucotto e da lì rientrare a Valgoglio. Prima di avviarci chiedo a Cristian un’ultima cosa “Oltre il sentiero, cosa cerchi?” ci pensa un attimo e poi: “Cerco ciò che è bello e può rendermi felice. Un amico prete, Don Diego, durante una telefonata, nel corso della quale stavamo prospettando l’idea per una uscita montana insieme, mi disse una cosa semplice, forse banale, ma per nulla scontata e che mi è sempre rimasta dentro: …dobbiamo circondarci del bello, di ciò che ci rende felici e gioiosi, solo così potremo a nostra volta regalare un sorriso e donare felicità …”
Pubblicato su "OROBIE" - 2016
Per conoscere Cristian Riva www.cristianriva.it
#13 UN'IMMAGINE DICE PIU' DI MILLE PAROLE
Sabato 10 settembre 2016, 16:11:14 – Presolana – Parete Nord – Via del cuore (discesa in doppia)
#12 UN'IMMAGINE DICE PIU' DI MILLE PAROLE
Sabato 3 settembre 2016, 13:27:36 – Presolana – Parete Nord – via 12 anni di Albani (L6)
Questa estate non poteva scivolare via senza di lei, senza accarezzarne la pelle di pietra, senza farsi cullare dai suoi vuoti e dai suoi silenzi, senza godere della bellezza irripetibile di certi attimi sospesi che solo con lei si possono vivere. Ho atteso questo inizio di settembre per farle visita, ho atteso un amico con cui legarmi, e ieri è giunto il momento desiderato. Il ripido sentiero ci ha condotto oltre il bosco e i pascoli e lei, imponente ed ombrosa, ci ha accolto nella conca del Polzone. Il suo scudo di pietra ci sovrasta e non ci sta tutto in un solo sguardo. Lei, la Regina, muta si ritaglia il suo spazio nel cielo. Mi piace pensare che ci attenda.
Cerchiamo la nostra linea e la troviamo lì a solcare l’immenso strapiombo rossastro sino a serpeggiare nel grigio del bastione sommitale, gli occhi scrutano e il pensiero vaga tra i ricordi. Alla mente torna il sorriso di Roby, l’amico che per primo l’ha vista e poi l’ha percorsa, regalandocela. Risaliamo i ghiaioni basali e iniziamo a scalare, saliamo e il vuoto attorno a noi diventa incredibile come incredibile è potere seguire quel concatenarsi di appigli ed appoggi, fessure e placche che ci permettono di percorrere i cinquecentoquarata metri di questa via. Lentamente si scala e si sale, facendo i conti con le proprie paure e la fatica. Attentamente si ascolta il mondo fuori e dentro di noi per decodificarne i messaggi e capire se quello è il gesto migliore, l’esatto appiglio da usare, la giusta sequenza di movimenti per superare la difficoltà che ci attende, metro dopo metro. Dopo l’ascolto arriva il momento della scelta, quella che ordina al tuo corpo di muoversi, quella che valuta e tiene a bada le tue paure, quella che ti fa procedere verso l’alto, mentre il chiodo vicino si allontana sotto i tuoi piedi e quello lontano lentamente si avvicina ai tuoi occhi; mentre l'acido lattico gonfia i tuoi avambracci e, come un mantra, ti ripeti che ce la fari a tenere tutti quegli appigli, anche i più piccoli; mentre l'adrenalina scorre in tutto il tuo corpo e le paure se ne stanno buone da qualche parte. Ieri l’abbraccio della Regina ci ha accolto e ne abbiamo approfittato, immergendoci nella sua verticalità. Sospesi sull’abisso abbiamo goduto della bellezza, semplicemente, concentrati solo sul nostro salire.
#unimmaginedicepiudimillep
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