mercoledì 13 marzo 2013

L'UOMO CHE CORRE


Iniziamo dal link, se ci cliccate sopra potete gustarvi il teaser del film di Andrea Zambelli.
Per vedere, l'intero film la vedo grigia, gioco di parole a parte, non saprei proprio dove ci sarà la prossima occasione.
Pace, vi accontenterete del teaser.

Ora, se non avete altro da fare, potete leggere la buffa storiella del perchè ho visto il film.
In ogni caso non preoccupatevi, se non vedrete il film "L'uomo che corre" e non continuerete nella lettura della vacua storiella, la vostra vita non cambierà, anzi si srotolerà al vostro incedere ancora più tranquilla.
In fine dei conti siamo tutti criceti che girano in una ruota, riempiendola semplicemente con i propri progetti ed i propri sogni, così come ha fatto Lucio nei suoi 1500 giri su un anello di 1000 metri.
In ogni caso ogni giro di ruota è un percorso denso di significati.


IL MIO BERGAMO FILM MEETING e L'UOMO CHE CORRE
Ieri sera mi chiama Cristina e mi dice "Ho perso le chiavi dell'auto"
"Ok, nessun problema scendo e ti porto quelle di scorta". Ho preso la motoretta con l'idea di portare le chiavi a Cris, farmi raccontare come procede il BFM e berci una birretta, per poi tornare a casa per una bella dormita.
Alle 10,30 arrivo in Piazza della Libertà, fuori dall'Auditorium, e mi trovo con Cris. C'è un sacco di gente che attende d'entrare per la proiezione delle 10,30, chiedo "Ma che film c'è?", "L'uomo che corre!" mi dice Cris.
Non esiste il caso, io ero lì, senza saperlo, per vedere quel film.
Un nanosecondo ed ho deciso, ci salutiamo ed entro.
Questo film era nella bozza di cartellone de Il Grande Sentiero 2012 ma alla fine Andrea Zambelli, il regista, aveva altri impegni. Quindi non lo avevo ancora visto e non potevo perdermelo.

Lucio Bazzana è un mito, anzi non è vero, non è un mito, è un uomo come tanti e che percorre una sua strada con lucidità e determinazione: la sua strada è la corsa. Lui corre perchè è il suo essere, da fuori potrebbe sembrare solo un esperienza di fatica e sofferenza, ma così non è, nella sua testa è altro quello che succede. Sembra contraddittorio dirlo ma mentre il tuo corpo soffre tu stai bene, intimanente bene, profondamente bene. Vivi in un'altra dimensione. Alla fine della proiezione ho fatto due chiacchiere con Lucio e mi dice "anche se sei un cadavere che corre, tu ti senti bene", gli si illuminano gli occhi quando mi dice che ci sono margini di miglioramento che si può fare di più che non esistono limiti e che a lui piacerebbe ... non vi dico cosa gli piacerebbe, ve lo lascio immaginare.
Andrea a mio avviso, con il suo film, sfiora questo nucleo pulsante, gli gira attorno, lo fa affiorare, ce lo mostra, ma a volte si lascia prendere la mano sovrapponendo elementi diversi. Le parole e le immagini di Lucio che corre, prima per prepararsi, nei luoghi bellissimi di Bergamo, e poi in gara, nello squallore di un piazzale di un hangar abbandonato nella periferia di Atene, sono potenti senza nulla aggiungere.
La musica a volte copre e le tabelle delle classifiche giornaliere, che appaiono in sovraimpressione, nulla aggiungono anzi forse tolgono, perchè come dice Lucio "L'arrivo diventa sempre più secondario rispetto al viaggio. Il viaggio diventa talmente ricco di contenuti e così prolungato da far passare sempre più in secondo piano la conclusione della gara".
Non è importante quanto Lucio sia arrivato in classifica, importante è il viaggio che lui ha fatto per arrivare.

Quindi dopo le chiacchiere e due bicchieri di Calepino Brut, facciamo anche tre o forse più, sono tornato a casa e mi sono abbandonato tra le coperte che era l'una, pensando ai piccoli grandi viaggi di ognuno di noi Come non è il traguardo, non è nemmeno la distanza, ciò che conferisce un senso all'esperienza di correre e viaggiare con le proprie gambe. Il sonno mi ha colto mentre correvo, correvo, correvo ...



giovedì 7 marzo 2013

PICCOLE STORIE #5



C’è un momento nel corso della vita, in cui si sente il bisogno di raccontarsi
in modo diverso dal solito.
È una sensazione, più ancora che un progetto non da tutti realizzato e portato a termine;
quasi un messaggio che ci raggiunge all’improvviso, sottile e poetico,
ma non di meno capace di assumere forme ben presto più narrative.
Quasi un’urgenza o un’emergenza, un dovere e un diritto: a seconda dei casi e delle circostanze.
Duccio Demetrio – “RACCONTARSI”

Neve

Fuori nevica, macchie di luce rischiarano i vicoli e le case. Guardo dalla finestra e ripenso alla giornata di ieri passata sulla neve, tra i monti. Lentamente riemergono dalla memoria ricordi di giornate sugli sci, passate nei medesimi luoghi e con gli stessi amici. Lentamente riemergono dalla memoria le emozioni provate, gli stati d’animo di quei giorni. Ora come allora provo il bisogno di prendere carta e penna o di mettermi davanti alla tastiera del computer, per fissare sulla pagina bianca con il nero delle lettere ciò che è accaduto, ciò che ho provato. So di condividere con molte altre persone il desiderio e l’urgenza di fissare con le parole i frammenti della propria esperienza e  della propria vita.

Raccontarsi  è utile per prendere una pausa, per fermarsi e ripensare a quanto accaduto, per dare un senso alle nostre fatiche e  alle nostre gioie, attribuendo un significato alle esperienze trascorse e progettando quindi un futuro. Raccontarsi è prendersi cura di se stessi, delle proprie emozioni e dei propri gesti,  valorizzare i propri ricordi, sia che si tratti di un evento eccezionale, che di una piccola azione quotidiana per ripartire ogni volta con un passo meno incerto. Scrivere delle proprie esperienze ci aiuta a prenderne le distanze e, al tempo stesso, a sentirci  autori della nostra storia, diventandone protagonisti e non più comparse. Raccontare frammenti del proprio vissuto, condividendo con altri le proprie “piccole storie”, riporta a galla emozioni di una ricchezza dimenticata  e dalle mille sfaccettature. Scrivere  diventa quasi un atto liberatorio, la storia non è più solo tua, diventa anche degli altri che potranno farla loro, arricchendola, sviluppandola,  creando legami ed empatie.

Ogni volta che scrivo, ogni volta che leggo le storie, che poi riempiono queste pagine, penso al profondo significato di questa parola: raccontarsi. Forse perché raccontandoci, ci rendiamo conto che abbiamo vissuto e ancora stiamo vivendo.

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