martedì 20 settembre 2022

#appunti - Da nord


(Val Famada - sabato 17 settembre 2022 - 14:03:00)


Pioggia di luce
a pulire cieli
a scolpire colori
a definire profondità
di lontananze e di vicinanze
di luci e di ombre
dov’è padrone il vento
freddo da nord


#roccia - Presolana – Ciccio e Siddharta

In Presolana. Ci sono luoghi dove ti piacerebbe mettere il naso ma ogni volta che passi sotto quella parete, la osservi e le giri le spalle e decidi di arrampicare sulle più rassicuranti e conosciute vie del Torrione Scandella. Poi, quando ti ritrovi fermo in sosta e recuperi il socio, lo sguardo non può non andare oltre il ghiaione e cercare di capire dove passano le due linee di scalata aperte da Gianmario Colombo e Giacomo Colombo nel 1990 e nel 1986. Eppure, è già dal 1993, anno di pubblicazione della preziosa guidina di Alessandro Ruggeri “Lo spit sulla luna”, che quelle due linee solleticano la tua curiosità, ma lasciare il certo per l’incerto richiede sempre una certa dose di energie. Quindi, ogni volta che rientri a valle, non prima di avere dato un’ultima occhiata a quel torrione caratterizzato da una fascia basale di strapiombi che proteggono l’accesso alle placconate soprastanti, ti riprometti di tornarci e di provare a salirlo. Passano gli anni e tu torni puntualmente a scalare sul meraviglioso calcare della Regina, ma non hai notizie di ripetizioni e non ci vedi mai nessuno su quelle linee, quindi ti limiti ad osservarle e non ti fai sedurre dall’incerto ma decidi sempre per il certo, la salita conosciuta e di cui hai informazioni fresche, relazioni dettagliate.

Poi, frugando in rete, ti imbatti in un post di Alessandro Ruggeri in cui scrive sinteticamente di una sua ripetizione dell’autunno del 2019: “"Siddharta" un breve, ma intenso viaggio tra le rocce della Presolana. Fine anni '80. Gianmario Colombo apre un paio di itinerari a sinistra del torrione sud della "Regina", accanto ad una più storica "Scandella". Pochi chiodi e una gradazione da "scala chiusa" rendono questi due gioiellini due itinerari severi e da percorrere con nervi saldi e buon uso di protezioni veloci.”
E poi trovi pure un report del 2013 su On Ice.it, scritto proprio da uno degli apritori. Così scrive Gianmario Colombo: “Dopo 23 anni di nuovo su questa via che ho aperto dal basso in modo alpinistico con Cecilia, Giac e Angela. Oggi con me Gioi. La via è (assieme alla Siddharta) poco ripetuta perché mai relazionata prima. È una salita impegnativa non tanto per le difficoltà, quanto per la chiodatura di stampo alpinistico. La roccia è sempre buona eccetto una breve rampa erbosa nel primo tiro. La linea di salita è sempre logica e molto estetici gli strapiombi ed il camino. … Dedichiamo questa salita (come già fatto quando è stata aperta) alla sig.ra "Ciccio" per decenni custode della Presolana e da poco tempo anche angelo di questa montagna.”
Solleticato da queste parole, propongo le salite a Marco ed Alessandro. La scorsa domenica abbiamo lasciato il certo per l’incerto e ci siamo diretti alla base di questo torrione per un nuovo microviaggio verticale sul calcare della Regina. La combinazione delle due vie non supera le 6 lunghezze di corda che, se ci limitiamo ai numeri, sembrano poca cosa ma vi garantisco che questi 240 metri di arrampicata hanno riempito alla grande la giornata e ci hanno riconsegnati al ghiaione basale stanchi e decisamente soddisfatti. La chiodatura alpinistica, qualche chiodo e vecchi cordoni nelle clessidre, coniugata alla necessità di sapersi proteggere con dadi e friend, rende le salite impegnative e mai banali. Entrambe sono caratterizzate da un primo tiro con una sezione d’ingresso strapiombante ed atletica e poi da rampe più facili dove prestare attenzione, mentre oltre la prima sosta la roccia è ottima e la scalata varia e di soddisfazione.
Non mi resta che ringraziare i miei due soci che mi hanno scarrozzato in giro, Gianmario e Giacomo Colombo per avere chiodato queste due belle linee e Alessandro Ruggeri che con le sue parole mi ha dato il giusto stimolo per andare a mettere le mani su questo gran bel pezzo di roccia della Presolana.
Ed infine mi resta solo una curiosità. Io non so nulla della signora Ciccio a cui è dedicata una delle vie, qualcuno mi può raccontare qualcosa in più di colei che è stata “per decenni custode della Presolana”?












VIA CICCIO E VIA SIDDHARTA
Attacco: dalla Cappella Savina continuare sul sentiero in direzione del canalone che porta alla Grotta dei Pagani ed alla via Normale. Giunti sul tratto di sentiero pianeggiante è ben identificabile il Torrione Scandella (o Torrione Sud della Presolana del Prato). Salire il ghiaione per una ripida traccia fino alla base della parete, individuare una traccia che sale verso sinistra e che conduce ai piedi del torrione posto a sinistra. L’attacco di Ciccio è posto sulla verticale della grotta nera, quello di Siddharta, un poco più a destra presso uno spuntone sulla verticale di una doppia fessura che solca il tetto iniziale.
Discesa: in doppia lungo la via (soste su chiodi con cordoni e maglia rapida) oppure proseguendo su terreno di II, III fino alla cresta che conduce in vetta alla Presolana Occidentale.
Difficoltà. Come scritto da Alessandro i gradi proposti sono severi e sugli strapiombini della prima lunghezza ci starebbe anche un mezzo grado in più, che io ho aggiunto nella mia relazione.
Ciccio (linea rossa) Siddharta (linea verde)

CICCIO
Gianmario Colombo, Cecilia Castelletti, Giacomo Colombo, Angela 1 luglio 1990
120 m (3L)
6a+/R3/II, 3h00'
Materiale: rinvii, cordini, nut, friend medio grandi (n. 3 BD), kevlar per le clessidre.
Relazione:
L1: 50m 6a+. Salire le facili rampe sulla verticale della grotta nera, aggirarla a destra e rimontare lo strapiombo soprastante verso sinistra, con movimenti atletici. Entrare nel diedro-rampa soprastante da seguire verso destra sino ad entrare alla base del camino, dove si sosta su 1 spit e 1 chiodo (5 chiodi, 2 clessidre cordonate).
L2: 40m 6a. Salire il camino, oltre il chiodo e la clessidra è utile un friend BD n3, sfruttare la parete di destra e giunti al bong giallo proseguire lungo la fessura di sinistra e uscire su placca fessurata. Al suo termine spostarsi a destra sotto uno strapiombino che si rimonta raggiungendo la sosta in comune con Siddharta su 3 chiodi e 1 clessidra (5 chiodi, 4 clessidre cordonate)
L3: 40m 5c. Salire lo speroncino a sinistra della sosta, uscire a destra su cengia sotto una placca compatta (2 chiodi ravvicinati) che si risale per poi spostarsi a destra alla base di un diedro, salirlo per poi proseguire lungo la placconata erosa, posta alla destra, sino alla sua sommità dove si sosta in comune con Siddharta su 1 spit e 2 chiodi (7 chiodi, 1 clessidra cordonata).
SIDDHARTA
Gianmario Colombo, Giacomo Colombo, 12 ottobre 1986
120 m (3L)
6b+ (6a+, A0) R3, 3h00'
Materiale: rinvii, cordini, nut, friend medi, kevlar per le clessidre.
Relazione:
L1: 35m 6b+ (6a+, A0). Puntare ad una placca giallastra (chiodo cordonato evidente) a destra di un pilastrino rossastro. Rimontare il pronunciato strapiombo soprastante inciso da fessurazioni verticali e parallele, uscendo verso sinistra. Continuare per muretti e speroni verso sinistra per giungere alla sosta su una cengetta con 3 chiodi e 1 clessidra (5 chiodi, 2 clessidre cordonate).
L2: 40m 5c. Salire direttamente sopra la sosta su placca verticale, uscire a destra e continuare lungo la verticale su placca fessurata ed erosa. Giunti sotto lo strapiombino aggirarlo a destra grazie ad un diedrino al cui termini si attraversa in placca verso sinistra raggiungendo la sosta in comune con Ciccio su 3 chiodi e 1 clessidra (4 chiodi, 5 clessidre cordonate).
L3: 45m 5a. Primo tratto in comune con la via Ciccio. Quindi dopo lo sperocino e la placca, giunti alla base del diedro continuare ad attraversare in placca verso destra sino ad aggirare lo sperone, senza entrare nel canale dove passa la via Scandella, proseguire lungo lo sperone su roccia compatta e ricca di erosioni d’ogni tipo, sino a raggiungerne il termine e sostare in comune con Ciccio (6 chiodi, 2 clessidre cordonate).

#roccia - Crozzon di Brenta - Via delle Guide


Epilogo

Le mani stringono l’impugnatura bassa del manubrio, il corpo è raccolto per meglio sfruttare la scia. Lo sguardo è fisso sulla ruota che gira davanti alla mia. Mantengo la distanza tra le due: 10, 20 centimetri. L’asfalto si sgrana e scorre come una pellicola, fuggendo dietro di noi. Inizio ad essere un poco stanchino ed accusare il colpo di questa quattro giorni. Abbiamo appena attraversato Brescia e avviso Ale che, a questo ritmo, sarà dura che riesca a dargli il cambio. Lui mi dice che non ci sono problemi, che sta bene e di non preoccuparmi. Abbasso il capo e mi concentro sul ritmo della pedalata. Lo spazio ed il mondo si restringe attorno a me a quella striscia che scorre sotto e a fianco delle mie ruote. Mi concentro su questo nastro, lo osservo. Il tempo scorre, a volte ho la sensazione di essere un osservatore esterno. La traiettoria lambisce continuamente la linea bianca sul bordo strada, a sinistra non vi è altro che catrame e bitume con il correre veloce delle auto, a destra la banchina offre un “paesaggio” più vario ed interessante. L’asfalto, di diversa grana e tessitura, a volte è contenuto da un cordolo, oltre c’è un marciapiede, più spesso si smargina e cede spazio alla ghiaia, alla terra, alla sporcizia e, per fortuna, al verde e alle rogge delle campagne. Pedalare sul margine, sulla striscia bianca e sentire l’erba che sfiora il piede, la caviglia e il polpaccio mi piace e ancora di più quando l’intreccio vegetale degrada e si fonde nelle trasparenze delle acque vive di un fosso. E non penso alla strada da fare, ci provo, ma ripenso a quella fatta e a cosa mi ha donato sinora questo nostro viaggiare.


Prologo
Abbiamo allargato il raggio d'azione ed è così che alla modalità Bike&Climb si è aggiunta &Train. Quattro giorni fa, dopo tre agili cambi e sei ore abbondanti di tutu-tutum tutu-tutum, iniziate alla stazione ferroviaria di Bergamo, in compagnia dei pendolari bergamaschi, e finite tra i vacanzieri diretti in val di Sole, finalmente iniziamo a pedalare ed è subito salita. La strada ci accoglie, il paesaggio dolomitico del Brenta lentamente emerge sopra le chiome degli abeti e piano piano si definisce nella sua bellezza ed imponenza. Le biciclette sono cariche di tutto il necessario e giunti a Vallesinella, oltre Madonna di Campiglio, dove termina l’asfalto, le scarichiamo e le leghiamo ad un palo. Tutto il materiale finisce negli zaini e ci incamminiamo verso il rifugio Brentei al cospetto del Crozzon di Brenta. Domani, sulla sua parete nord-est, vogliamo salire la Via delle Guide. La notte in rifugio passa veloce e pure l’avvicinamento al buio, con il levar del sole iniziamo a scalare. Siamo soli in parete. Nel tardo pomeriggio prevedono possibili temporali. La linea è stupenda e la roccia favolosa. Più si sale e più l’esposizione si fa sentire. Mi godo il vuoto che si prende tutto lo spazio attorno a noi e penso a Bruno Detassis e Enrico Giordani che, nell’agosto del 1935, in giornata, hanno esplorato questa terra incognita e creato un capolavoro d’intuizione e di logica. Senza fretta, anche perché più veloci di così non andiamo, saliamo alternandoci al comando. Sono le 17 quando calchiamo l’immenso plateaux sommitale e apriamo la porticina del bivacco Castiglioni. Le nebbie ci avvolgono stringendo e allargando il loro abbraccio sui monti. Il brontolare dei tuoni ci giunge da ovest, dove i temporali stanno scaricando la loro energia sul massiccio dell’Adamello. Non è il caso di continuare nella traversata delle sei cime che ci porterebbe sulla Cima Tosa, il tempo è incerto e il cammino ancora lungo. Decidiamo di passare la notte nell’accogliente bivacco. Tre barrette ed un poco d’acqua saranno la nostra cena e colazione. Prima che sopraggiunga il buio ci ripariamo nel rifugio di legno e latta. E inizia a piovere. Il concerto dell’acqua e della grandine che batte sulle lamiere del ricovero, punteggiato dal rimbombare cupo dei tuoni, ci accompagna nel sonno. Alle prime luci, sotto un cielo plumbeo, iniziamo la traversata e tre ore dopo, accolti da una pioggia mista a nevischio, salutiamo la madonnina della Tosa e iniziamo la lunga discesa che ci riporterà alle nostre biciclette.
Ed ora continuo a pedalare fendendo l’aria calda e umida della pianura. I profili dei monti di Bergamo si avvicinano. Eccoli! Il Misma e il Canto Alto dominano le morbide forme dei colli di Scanzo e della città. Sento l’aria di casa, anche se con la mente sono ancora in viaggio, sospeso tra le vertiginose architetture di pietra forgiate nella terra dal tempo. E questo leggero viaggiare ci lascerà un intenso retrogusto sul palato che assaporeremo a lungo nei giorni, nei mesi e nel tempo che verrà.




















giovedì 1 settembre 2022

#roccia – G.M. e ritorno in Alben

Non è passata nemmeno una settimana e mi ritrovo nuovamente a scalare in Alben, sulla parete nord-ovest della Cima della Croce. L’idea era di tornarci da solo per salire la linea che avevo visto, immediatamente a sinistra, durante la salita solitaria di "Gigante Buono". In settimana ho reperito alcune info in rete e la relazione dei primi salitori grazie a Dario Eynard. All’ultimo momento Cardu si libera e allora ci si va insieme ma in bicicletta. La giornata è stupenda e ci godiamo il nascere del nuovo giorno mentre pedaliamo lungo il fiume e imbocchiamo la Val del Riso. La salita, una tra le più belle salite su strada delle nostre valli bergamasche, è lunga e ce la guadagniamo pedalata dopo pedalata. Prima di Oneta ci affianca un’auto ed una voce conosciuta esclama “Non ci posso credere!”. Ennio Spiranelli ci supera e si ferma a bordo strada, scambiamo due chiacchiere e ci facciamo due risate, ci salutiamo. Lui con Andrea Spiranelli e Davide Poloni vanno in Arera a fare qualche tiro di corda sulla nord. La salita prosegue senza altri incontri e ci gustiamo l’arrivo al colle di Zambla, con una fetta di torta ed un cappuccino, e quindi ci dirigiamo nella Conca d’Alben. Cambio assetto e siamo già in cammino sul ripido sentiero che conduce alla base della parete. Eccoci all’attacco, ci prepariamo, si parte. La roccia è bella e la chiodatura è buona, lunghezza dopo lunghezza, in una successione di muri, diedri e fessure, intervallate da cenge e brevi raccordi in canali erbosi, prendiamo quota. Le soste sono comode e a prova di bomba, insomma ce la godiamo sino all’ultima lunghezza da dove decidiamo di non proseguire in cresta sino alla cima ma di scendere in doppia. Certo manca l’esposizione come per tutte le altre vie della parete ma, come per “Gigante Buono” e “Gocce di Rugiada”, anche questa salita merita di essere ripetuta e visto lo sviluppo modesto può anche essere concatenata ad una delle altre due. Le difficoltà sono contenute massimo al 6a e alcuni passi in A0 sulla penultima lunghezza, che è strachiodata e senza patemi d’animo permette anche di provare i passaggi in libera, con un paio di movimenti che non superano il 6c. Sfilata l’ultima doppia, proviamo anche le due lunghezze poste sulla destra dell’attacco e che costituiscono una variante di partenza decisamente più dura e ben chiodata. Il rientro come al solito corre via che è un piacere, le biciclette cariche sfrecciano sulla discesa di Zambla sino in fondo valle, poi la ciclabile garantisce sempre una pedalata rilassante. Ad Alzano saluto Marco e mi avvio verso casa, come al solito passo sotto il murales che raffigura la Madonna d'Alzano, un capolavoro del 1485, opera del Bellini ed esposto all'Accademia Carrara. E, come sempre, affronto “allegramente” la salita al mio paesello d’Olera.














Un grazie agli apritori Giuseppe Carlessi e Matteo Carlessi, e complimenti per la bella via.
Di seguito la relazione.

Gocce di rugiada (verde) - G.M. (rosso) - Gigante buono (giallo)


G.M. – Papà Giuseppe e figlio Matteo (traccia rossa nella foto)
Giuseppe Carlessi, Matteo Carlessi, 08 ottobre 2017
240 m (8L)
6c (6a obbl)/S2/II, 3h00’
Note: linea moderna e di stampo “plasir” con il sesto tiro decisamente più impegnativo degli altri ma superchiodato e quindi con difficoltà non obbligate. Via completamente attrezzata a fix, soste comprese, che combina una serie di pilastri e placche dalla roccia sana e ben lavorata. Presenta una variante iniziale di due tiri decisamente più impegnativa.
Materiale: due corde da 60 m, 10 rinvii, cordini, possono essere utili ma non indispensabili alcuni friend medi.
Attacco: sulla destra di una placca grigia solcata da una fessura diagonale, targhetta alla base.
Relazione:
L1: 25m 5b. Salire il bordo destro della placca e poi per fessura verso sinistra giunti a un terrazzino si risale un diedro fino alla sosta (6 fix).
L2: 20m 5b. Vincere il muro verticale alla sinistra della sosta, per spostarsi poi a sinistra su un terrazzino erboso alla base di un diedro-camino (presente una carratteristica clessidra senza cordone che buca il pilastro). Oltre il diedro si sosta (5 fix).
L1 var: 25m 6c ?. Dalla targa della via salire verso sinistra la parete verticale, leggermente strapiombante.
L2 var: 25m 6b. Dalla sosta proseguire in verticale fino a congiungersi alla seconda sosta della via.
L3: 40m 5c. Dalla sosta spostarsi a destra a prendere il canalino erboso, che sale verso sinistra. Dopo 10 mt. Salire una parete incisa da una bellissima fessura e salire in verticale su rocce più articolate. Superate due clessidre con cordone, traversare a sinistra, fino alla sosta, che si trova sulla destra di una parete gialla strapiombante (7 fix, 2 clessidre cordonate).
L4: 25m 6a. Dalla sosta spostarsi a sinistra alla base di uno strapiombino. Vincerlo con un allungo un po’ delicato, per prendere delle buone prese e uscire lungo una lama sulla sinistra. Salire poi il bellissimo diedro atletico (7 fix).
L5: 20m 5b. Salire la successiva placca con belle maniglie e le balze erbose successive (2 fix).
L6: 60m 2. Tiro di collegamento. Salire il canale sulla destra. Superare una sosta intermedia (punto d’incrocio con la via “Aubea”) e proseguire sino alla base della parete del tiro chiave (2 fix).
L7: 30m 6c (5a A0). Seguire i numerosi spit prima sulla verticale della sosta e poi verso destra e che permettono di azzerare le difficoltà. Oltrepassare lo spigolo oltre il quale si trova la sosta (13 fix).
L8: 20m 5a. salire la parete in verticale fino alla sosta della via “Gigante buono” in prossimità della cresta prima di un mugo (2 fix).
Discesa: è possibile scendere in doppia anche sfruttando le soste della via “Gigante buono”; opzione da seguire solo se non vi è nessuno impegnato in parete. Si consiglia di proseguire in cresta sino alla vetta e scendere dal sentiero.