martedì 27 maggio 2014

#1 - PARETI E RACCONTI - L'INIZIO



“Pareti e racconti” è una nuovo cammino che Orobie desidera proporvi a partire da questo numero. Cinque saranno gli appuntamenti di questa prima serie. Cinque personaggi, con le loro storie e i loro racconti, ci hanno accompagnato ai piedi di cinque grandi pareti, al cui cospetto ci siamo messi in ascolto.
Ognuno di noi ha un luogo speciale, una situazione particolare in cui si sente a proprio agio, in cui sa di essere al posto giusto, in equilibrio. Luoghi dove spesso si torna per riprendere fiato, dove per un istante è possibile abbandonare il flusso del vivere e riappropriarsi della propria vita, quella più intima. Quindi fare il punto, prendere le misure e ritrovare la giusta distanza dal frenetico avvicendarsi degli eventi. Così lentamente il ritmo si quieta, tutto sedimenta, lasciando emergere solo la sostanza svestita da ogni orpello. Solo allora si possono vedere le cose con maggiore chiarezza e ascoltare l’energia fluire, sentendosi rigenerati e pronti per ripartire. In questi luoghi riaffiorano ricordi del proprio vissuto, si acuiscono desideri e nascono nuove idee, nuovi progetti.

Per qualcuno è un angolo della propria casa, magari nell’attimo esatto in cui la luce del sole si allarga come una pozzanghera sul pavimento. Per altri esattamente quella panca del parco, contro il tronco del tiglio dove, nelle giornate d’inverno, si è riparati dal vento e si sente il tepore del timido sole pomeridiano. Oppure quel tavolino del bar in piazza che, nelle sere d’estate, viene sfiorato dal riflesso del tramonto, che rimbalza sulle finestre del palazzo di fronte. Insomma luoghi del nostro vivere, solo all’apparenza uguali a mille altri e senza i quali non saremmo quello che siamo ora, perché anche lì la nostra storia ha preso la sua forma. In questi spazi privilegiati si è quindi in grado di mettere a fuoco l’essenza del proprio agire e perché no, magari, raccontarsi.

Anche tra i monti esistono luoghi particolari: valli, cime e versanti che, agli occhi attenti di qualcuno, hanno acquistato un valore specifico. Pareti avvicinate con rispetto e con passione da “piccoli uomini” che, consci di non essere nulla di fronte a tanta potenza, si sono adattati a quel mondo essenziale fatto di verticalità e vuoto.

Nei prossimi mesi vi proporremo questi cinque incontri avvenuti ai piedi di luoghi unici, dove la vertigine domina, e dove abbiamo cercato di catturare l’intimo legame tra i nostri testimoni e queste geografie di pietra. 



Abbiamo seguito Gianni Tomasoni, schivo alpinista di Castione della Presolana, in alta Valle Seriana, sino dove la strada termina e inizia la mulattiera che sale all’incantato borgo di Maslana.  Con lui ci siamo inerpicati oltre le ultime case e oltre le faggete, per sbucare sui ripidi prati da cui la pietra si proietta verso il cielo in un missile compatto dalle linee nette, pulite. Su questa roccia aveva messo gli occhi e le mani Walter Bonatti e, negli anni del Nuovo Mattino, Andrea Savonitto e Ivan Guerini. Il Pinnacolo però ha dovuto attendere le creazioni di Gianni per vivere “Il risveglio”  e perché avesse inizio una “New age” tutta da vivere. Da quel lontano 1997, in cui nacquero i primi itinerari, non passa fine settimana in cui numerose cordate si godano la bellezza di questo monolite orobico, scalando sulle numerose vie “plasir” aperte ed attrezzate dall’infaticabile Gianni.

Ci siamo quindi spostati dalle valli bergamasche, nella vicina Val Camonica. Nostro mentore in questo viaggio, che ci ha condotto ai piedi dell’immensa parete nord dell’Adamello, è stato il decano dell’alpinismo bergamasco: Mario Curnis. Con lui abbiamo chiacchierato a lungo mentre il sentiero, che da malga Caldea sale al rifugio Garibaldi, si srotolava sotto i nostri passi. Sulla terrazza del rifugio, tra una battuta alle belle ragazze che prendevano il sole e un piatto di pasta, Mario ci ha raccontato della prima ripetizione invernale che lo ha visto protagonista, con i suoi amici, sullo spigolo nord di quella montagna, e di tante altre avventure. Alla fine nemmeno ci eravamo resi conto che cinquanta anni esatti erano trascorsi da quei giorni memorabili, mentre le parole di Mario fluivano fresche e vivide come se fossero ricordi di qualcosa accaduto poco tempo fa.


Dopo la trasferta nel cuore del massiccio granitico dell’Adamello, siamo rientrati tra i nostri monti bergamaschi e un testimone speciale ci ha accompagnato alla scoperta della parete più selvaggia e alta della Presolana. Ennio Spiranelli più di trent’anni fa ha aperto la sua prima via sul calcare della Regina delle nostre Orobie, da allora non ha più smesso e continua a scovare e salire nuove linee. Ma la parete a cui è più legato e che lo ha letteralmente stregato è il complesso versante nord compreso tra la Presolana Occidentale e quella di Castione, scendendo sino alle bastionate delle Creste di Valzurio.  Su queste pareti, che si impennano verso il cielo per oltre cinquecento metri,  ha passato molti giorni e tanti sono stati i bivacchi che ha vissuto appeso su queste rocce. Qui ha scalato sia d’estate, lungo impegnative vie di roccia, che d’inverno, nella ricerca di nuove linee in cui il ghiaccio e la neve aiutano la progressione. Ben sei sono le sue creazioni in questo angolo di Presolana e di certo ha altri progetti che custodisce gelosamente nel suo cassetto dei sogni.

Dopo questa incursione dal sapore dolomitico, abbiamo rivolto l’attenzione a una grande parete, quella che forse è la big-wall per antonomasia di tutto l’arco alpino: il Qualido. Simone Pedeferri, in una splendida giornata autunnale, ci ha accompagnato ai piedi di questo specchio granitico che domina dall’alto dell’omonima valle, la meravigliosa Val di Mello.  Con lui abbiamo giocato sulle placche basali, ascoltando i suoi racconti dove arte e arrampicata si fondono, dove le lunghe giornate vissute in parete sono il necessario complemento del tempo passato in studio a disegnare, dipingere, plasmare. Perché in entrambe le situazioni ciò che guida il suo agire è il desiderio di creare, lasciare un segno compito, colmo di senso e significati.

Con l’arrivo dell’inverno abbiamo puntato diritti nel cuore delle Grigne. Oltre la vetta del Grignone e il rifugio  Brioschi, ci si affaccia sul lago e nulla si percepisce della parete sud ovest che precipita sotto di noi. Un versante nascosto e di difficile accesso dove Benigno Ballatti, alpinista di Mandello, torna ogni inverno per ripercorrere le sue creazioni: linee effimere di ghiaccio, incastonate tra speroni di calcare.  Con Benigno siamo saliti per scrutare questa parete, quando si illumina nel pomeriggio, per sentirlo raccontare della sua montagna di casa e delle emozioni che gli ha regalato, e con la certezza che saremmo tornati con piccozze e ramponi per legarci alla sua corda e seguirlo su una delle sue linee.



Matteo, compagno d’avventura, ha meravigliosamente fermato nei suoi scatti, istanti unici e irripetibili, cogliendo sguardi, atmosfere e legami che ben fan comprendere l’intimo legame tra l’alpinista e la “sua” montagna.

Quindi vi porteremo in lungo viaggio fatto d’incontri e proprio lì, dove il tempo e gli elementi hanno scolpito con sapienza e pazienza la roccia, ci fermeremo assieme ad ascoltare i ricordi di questi “piccoli uomini”  che per alcuni istanti, con le loro gesta e con il loro vivere, hanno scritto la storia di queste pareti. Abbiamo risalito valli, con loro abbiamo camminato e scalato. Abbiamo seguito il ritmo dei loro passi e sul loro respiro abbiamo colto il luccicare dei loro occhi. Ci siamo fatti trasportare dai loro passi, dal loro sguardo attento, dalle loro parole. Sull’onda delle sensazioni abbiamo assecondato questo loro raccontarsi, diverso dal solito, più raccolto, quasi intimo.

Raccontarsi, durante il cammino, le soste e le scalate, si è rivelato prezioso per chi ascoltava e per chi narrava. È stato come se si prendessero una pausa, per fermarsi e ripensare a quanto accaduto, per dare un senso alle fatiche e alle gioie, attribuendo un significato alle esperienze trascorse e progettando quindi un futuro.

Raccontare frammenti del proprio vissuto, condividendoli con altri, ha riportato a galla emozioni dalle mille sfaccettature e di una ricchezza dimenticata. Come fosse quasi un atto liberatorio, in cui la storia non era più solo loro, ma diveniva anche degli altri. Questo abbiamo cercato e questo abbiamo trovato, camminando tra i monti in compagnia di amici che hanno regalato le loro emozioni e che ora riproponiamo a voi tutti.

L’intensità dell’esperienza è stata potente, forse perché eravamo esattamente in quei luoghi dove le storie nascono e fluiscono: all’ombra di grandi pareti.

Seguiteci in questo cammino tra le pagine della rivista, dove i neri dell’inchiostro vi prenderanno per mano e, impreziositi dalle fotografie di Matteo, vi accompagneranno alla scoperta di un mondo sospeso fatto di “Pareti e Racconti”


lunedì 26 maggio 2014

RISVEGLIO


Questa mattina, come ogni giorno settimanale, alle 6.55 suona la sveglia, la spengo. Ero già sveglio da più di un’ora con la testa che vagava tra mille pensieri. Vado in cucina e accendo la radio, mentre ascolto i risultati delle europee, con il sorriso sulle labbra, preparo, come al solito, la colazione. Fuori dalla finestra il cielo è grigio, un grigio bellissimo dalla mille sfumature. Apro le portefinestre e dalla cucina esco per un attimo sul balcone, voglio sentire la temperatura dell’aria sulla pelle. Il trillo metallico del codirosso, che ogni primavera prende possesso dello spazio tra le case e la vigna, mi accoglie. L’ho cerco con lo sguardo trovandolo sulla ringhiera del cortile. Lo osservo e ogni volta non mi capacito del fatto che, quel piccolo uccello migratore, all’inizio della primavera, percorra migliaia di chilometri dall’Africa all’Europa e torni sempre a volare nel cielo che avvolge la mia casa. La coda vibra irrequieta per alcuni istanti e poi spicca il volo per posarsi, come al solito, sull’antenna della casa dei vicini. Ascolto per un attimo ancora il suo gorgheggiare mentre osservo i tetti, i boschi e la valle. Rientro e accendo il cellulare, la vibrazione mi segnala che ci sono messaggi, Marco mi ha chiamato. Lo richiamo e mi aggiorna sui dati delle europee nel nostro Comune. Ridiamo, ma per scaramanzia non andiamo oltre. A tavola con Cris e Leo commentiamo i dati delle elezioni e dopo avere rassettato la cucina usciamo. Una strana sensazione di leggerezza mi avvolge. Con Leo percorro il vicolo e la scaletta, poi l’altro vicolo, quello sotto “Casa Soli”: lo spazio civico della nostra frazione, dove c’è il seggio. È da sabato che ogni volta che passo saluto il carabiniere che lo piantona e ci scambiamo sempre un paio di battute. Anche questa mattina è lì. Se ne sta seduto sulla panca di pietra di fronte alla porta d’ingresso è rilassato e penso che l’urna sigillata, contenente le schede delle elezioni comunali, è in buone mani. Gli chiedo come ha dormito e sorridendo mi risponde che in posto così non si può che dormire bene. Ci salutiamo e mentre scendo le ultime scale sino al parcheggio, ho un senso di gratitudine verso il carabiniere e chi come lui vigila su questi momenti, sui sogni, i desideri, le paure, le difficoltà e tutto quanto ogni cittadino esprime nel momento del voto, per il futuro suo, della sua famiglia, della sua città e del suo paese. Comunque sia e comunque vada, grazie.

domenica 25 maggio 2014

LAMPEGGIANTI BLU NELLA NOTTE

Dopo la Busa di Nese ci sono tre km di strada senza lampioni, buia, immersa nel bosco. Amo percorrerla, ogni sera. A volte una volpe attraversa la strada, altre gli occhi di una martora o un faina come braci si accendono nel buio, altre ancora mi ritrovo un tasso immobile sull'asfalto catturato dal fascio del fanale della mia moto . Ogni volta sono pronto a cogliere queste presenze, ma loro, i discreti abitanti della mia valle sono parsimoniosi nel farsi vedere. Molte volte invece trovo Luigi che rientra a piedi dopo avere mangiato giù, in paese, allora lo carico anche se non ha il casco e lo accompagno a casa. Quindi continuo a salire e dopo il primo tornante, imbocco il bivio a sinistra, ogni volta mi emoziono, quasi, nel vedere le luci di Olera raccolte nel buio della conca.
Poco fa, questa sera, mentre percorrevo il tratto buio, dei lampeggianti blu hanno rischiarato il buio, ho incrociato la macchina della polizia municipale e quella dei carabinieri che portavano le schede elettorali, quelle delle europee, dal seggio del mio borgo al palazzo del Municipio. Domani nel pomeriggio, alla luce del sole, la scena si ripeterà per le schede delle comunali. In quella macchina, in quelle schede c'è il nostro futuro, il futuro della nostra città. Comunque vada noi di GENTE IN COMUNE ce l'abbiamo messa tutta e sono grato ai miei compagni di viaggio e a tutte quelle persone che hanno voglia di sognare e con coraggio desiderano abbandonare percorsi ordinari per intraprendere avventure straordinarie. Se saremo riusciti ad arrivare al cuore dei nostri concittadini insieme a loro avremo lo straordinario compito di ricostruire la nostra città.

domenica 4 maggio 2014

#0 - PARETI E RACCONTI


PARETI E RACCONTI
"Ognuno di noi ha un luogo speciale, una situazione particolare in cui si sente a proprio agio, in cui sa di essere al posto giusto, in equilibrio. Luoghi dove spesso si torna per riprendere fiato, dove per un istante è po
ssibile abbandonare il flusso del vivere e riappropriarsi della propria vita, quella più intima. Quindi fare il punto, prendere le misure e ritrovare la giusta distanza dal frenetico avvicendarsi degli eventi. Così lentamente il ritmo si quieta, tutto sedimenta, lasciando emergere solo la sostanza svestita da ogni orpello ... Pareti avvicinate con rispetto e con passione ...
Ai piedi di questi luoghi unici, dove la vertigine domina, abbiamo seguito uomini intimamente legati a queste geografie di pietra ... "

Così inizia l'articolo d'apertura di una serie di cinque servizi realizzati "in cammino" per la rivista OROBIE. Non semplici interviste fatte a tavolino ma immagini, parole e video raccolte durante intere giornate passate all'ombra di grandi pareti. Matteo e io abbiamo camminato e scalato in compagnia di cinque testimoni privilegiati che si sono raccontati e ci hanno accompagnato alla scoperta della loro parete e della sua storia.
Qui sotto il link all'intervista di presentazione

sabato 3 maggio 2014

#7 UN'IMMAGINE DICE PIU' DI MILLE PAROLE



- Sabato 29 marzo - ore 11:07:34 – Cimon della Bagozza -



Stanchezza - Ci sono giorni in cui non è la fatica a fermarti, ma quella stanchezza latente che invade tutto il corpo, ogni muscolo, ogni cellula. Anche la mente viene saturata da questa inarrestabile colata di miele che tutto avvolge. Alla fine la volontà di resistere svanisce con uno scarto netto, stacca e lascia che sia. Ci si arrende, ci si abbandona, si rallenta sempre di più sino a fermarsi. Ok è arrivato il momento di riposarsi, stendersi al sole e attendere. Lascio sedimentare la stanchezza, la ascolto mentre si deposita negli interstizi del corpo. Non me ne curo e rivolgo costanti attenzioni al mondo che mi circonda. Non penso e mi limito a registrare ciò che gli occhi vedono: i giochi di luce sulla neve, i bianchi ricami sulle rocce, le candide forme modellate dal vento. Catturo il dettaglio e lo trattengo, quindi chiudo gli occhi e l’immagine persiste a lungo, mi sento leggero. Leggero, quella sensazione esatta che assaporavo pocanzi galleggiando sulla polvere, mentre scendevo il pendio in equilibrio sullo snowboard. Tra i ricordi non c’è stanchezza e non vorrei riaprire gli occhi. Li apro, il sole mi acceca, strizzo le palpebre e rimetto a fuoco quel piccolo angolo di mondo che mi circonda. Avido di tanta bellezza lo esploro e lo accarezzo con lo sguardo. Tra luce e ombra vedo scendere i miei amici dall'ultimo vallone, le loro sono le uniche tracce che ne increspano la superficie. In quell’esatto istante un poco li ho invidiati, mi sono alzato e nel calzare lo snowboard ho sentito le gambe dure come legno. Il corpo mi ha ricordato la stanchezza e mi sono detto: è stato meglio così.