mercoledì 31 maggio 2017

31 #PICCOLESTORIE – Valgua Climbing Festival


Le belle cose non arrivano mai per caso. Non è un caso che questa festa verticale sia giunta alla sua terza edizione. Non è un caso che sia stata un successo. Non è un caso che nella Valle di Valgua ci siano oltre 10 settori e più di 200 tiri di corda. Non è un caso che i sentieri siano ben tenuti ed attrezzati. Non è un caso che ci sia la possibilità di arrampicare per tutti: dai bambini ai vecchietti, dai neofiti ai top climber. Non è un caso che in una valle così raccolta si possa spaziare dallo strapiombo alla placca appoggiata, dalla facile lunghezza di 4b ai tiri di 8b.


La natura in Valgua è stata generosa, per chi ama l’arrampicata numerose barre rocciose ne impreziosiscono gli scoscesi versanti boscosi. Da lontano non si percepisce tanta varietà e ricchezza, per coglierla ci si deve infilare dentro, si deve parcheggiare vicino al laghetto delle trote e camminare lungo il sentiero che ne costeggia il torrente. E poi, una volta dentro, ci si deve fare trasportare dal continuo scrosciare delle acque e dal frusciare del vento tra le chiome degli alberi. Incamminarsi e osservare. Dal verde rigoglioso occhieggiano specchi di dolomia in ogni dove, alcuni dei quali aspettano ancora le mani sapienti e volenterose di chi sa pulire, sistemare ed attrezzare.



Senza tutte quelle persone che negli anni hanno dedicato una parte delle loro energie e del loro tempo, nessuna di queste rocce si sarebbe trasformata in un terreno di gioco e di avventura. Se negli anni molte sono state le persone che, seguendo il loro istinto, hanno dato forma a numerose linee d’arrampicata, è stato solo grazie al lavoro metodico del gruppo ClimBerg (The Original) che Valgua si arricchisce e la proposta diventa ancor più varia e completa. Oltre al costante lavoro di manutenzione dell’esistente, nascono nuovi settori anche per i NoBig. Con un grande lavoro di pulizia, disgaggio e attrezzatura vengono alla luce la Torre di Valguasia, la Prua e la sua base, La Poppa. Queste tre falesie completano l’offerta rivolta agli amanti della scalata che prima di tutto cercano un luogo bello in cui divertirsi senza patemi per la chiodatura lunga e senza sentire il bisogno di cercare le alte difficoltà. Stefano CodazziAlessandro Piantoni Fabrizio Cornolti sono i capibranco del gruppo. Trovare qualcuno che, come loro, attrezza vie pensando agli altri e non solo per proprio uso e consumo, è cosa rara. Ovvio che non sono da soli e quando chiamano al lavoro qualche volenteroso appare per contribuire. Poi c’è sempre la Grande Grimpe e la Climbing Tecnology che sostengono le iniziative. Giusto per darvi una misura son ben 110 i tiri chiodati, tra quelli nuovi e quelli messi a nuovo, da questa banda di appassionati, senza contare le soste cambiate, i corrimano, le fisse, i ponticelli, i cartelli, le bacheche, i terrazzamenti … insomma una montagna di lavoro.


Infine, in questi tre anni, il GAN ovvero il Gruppo Alpinistico Nembrese – non senza lo zampino di quella vecchia volpe di Ennio Spiranelli – consapevole della ricchezza e bellezza di questa valle, ha dato il via a questo Festival dove non ci sono né vinti né vincitori, ma solo un sacco di persone che si vogliono divertire insieme.
Anche sabato 27 maggio così è stato e in Valgua ci sono passati tutti, o quasi tutti, quelli che amano scalare e amano farlo in compagnia, questa festa è la loro. E a chi l’ha resa possibile non posso che dire: grazie.

































Valgua Climbing Festival #valgua #valguaClimbingFestival #climberg

7 #CORRERE - Intervalli di silenzio

"Correre per stare lontani, per stare fuori, per stare soli." 
Mauro Covacich


#gto #orobie #trailrunning #gan #podone
Orobie Ultra Trail

41 #UNIMMAGINEDICEPIUDIMILLEPAROLE – Piccoli climber crescono

Sabato 27 maggio 2017, 14:58:24 – Via Il Dinosauro e La Principessa di Zandobbio (La Prua - Valgua) 

Anche questo è accaduto ieri al Valgua Climbing Festival. Un sacco di gente, famiglie e bambini. Tutti che scalavano o semplicemente guardavano e chiacchieravano tra loro. Grappoli di persone. Fasci di corde e rumore di moschettoni. Zaini, imbraghi e comandi di corda. Risate, sorrisi e sudore. Sole, saluti e l'immancabile rumore dell'acqua del torrente. L'atmosfera più bella l'ho respirata alla base della Prua, dove Yuri e Giulia con attenzione e competenza han fatto scalare e divertire i più piccoli. Gli amici del GAN come al solito non si sono risparmiati e non hanno lasciato nulla al caso, hanno pensato proprio a tutti. Io mi sono divertito, anche solo a girare tra le varie falesie, fare foto, incontrare gente e chiacchierare. Grazie.
Valgua Climbing Festival

6 #CORRERE – Fotogrammi


“Quando corro, semplicemente corro. In teoria nel vuoto. O viceversa, è anche possibile che io 
corra per raggiungere il vuoto.” 
Haruki Murakami “L'arte di correre”
(foto Cristina Paruta)

Oggi fa caldo. Questa sera voglio correre in un luogo fresco, correre immerso nel verde. Oggi niente crinali. Oggi boschi, valli e torrenti. Oggi voglio correre e sgomberare la mente. Corro. Corro e i pensieri si diradano, come arrivano se ne vanno e li lascio andare senza cercare di trattenerli, senza averne memoria. A volte ci riesco. A volte riesco a fare il vuoto, o quasi, e mi restano solo le immagini. Molte se ne vanno come se ne vanno i pensieri, altre restano impresse sulla pellicola labile della memoria. Fotogrammi che catturo come se il mio punto d’osservazione fosse fuori da me, un poco più sopra e un poco fuori dal mio asse. Corro. Al termine della falcata il piede atterra nell’acqua del torrente che schizza tutt’attorno e un airone cinerino s’invola poco distante. Corro. Una vecchia panda mi supera lungo lo sterrato, le due signore a bordo ridono, quello seduta sulla destra si volta e mi guarda dal finestrino aperto. Corro. La scalinata nel borgo è ripida, due anziani sono seduti nell’ombra della pergola, lui ha lo sguardo vacuo e perso nel vuoto, lei arzilla mi sorride e mi saluta con un cenno della mano, ricambio. Corro. Dal fitto del sottobosco esce in volo una ghiandaia, attraversa il sentiero, si alza da sinistra verso destra perdendosi tra le fronde dei faggi. Corro. La stradina cementata è stretta e molto ripida, da dietro la curva compare un SUV enorme, nero, con i vetri scuri, sembra una navicella spaziale, l’alieno che ne è ai comandi rallenta e affianca per lasciarmi passare, alzo la mano in segno di ringraziamento. Corro. Le corolle violacee delle aquilegie ondeggiano dall’alto dei loro steli, mi sfiorano le cosce. Corro. Lo sguardo si volge a destra, ruoto leggermente il capo, tra i tronchi un capriolo mi osserva, per un istante, poi si volta, elegante, e con due balzi scompare. Corro. I piedi avanzano sulla ghiaia dello sterrato, una lucertola senza coda sbuca dall’erba e attraversa in diagonale da destra verso sinistra, per poco le nostre traiettorie non si sono incontrate, per fortuna. Corro. La cascina è crollata e il sentiero che ne lambisce un lato scompare tra rigogliose ortiche, durerà poco, le attraverso. Corro. Una tazza d’acciaio è posata sotto il getto di una fontana, mi fermo, la prendo, la sollevo e bevo. Corro. Mi volto e mi fermo, la chiesina di San Salvatore e le baite della Val di Grù, riposano tra i prati e il bosco. Corro. Appoggio il piede sul selciato a pochi centimetri da un orbettino che non ha fretta di andare oltre. Corro. Le acque scrosciano tra i massi del torrente alla mia destra. Corro. La forra rocciosa si chiude e la stradina sospesa se ne sta aggrappata su un fianco, la cascata della Val di Grù precipita nelle acque della Val Vertova. Corro. Una ragazza e il suo cane si fanno un pediluvio nelle acque cristalline di una pozza. Corro. Un uomo barbuto e atletico corre in direzione opposta, lui sale, io scendo, dietro di lui cinque ragazzini lo seguono cercando di tenerne il ritmo, ci salutiamo. Mi fermo. Ho finito. I pensieri ora possono tornare con calma, lentamente, non c’è fretta. Attendo mentre le gambe segnate dalle ortiche si immergono nelle acque del torrente.
#gto #orobie #trailrunning #gan #valvertova
Orobie Ultra Trail
http://www.orobieultratrail.it/it/index.a

lunedì 22 maggio 2017

30 #PICCOLESTORIE – Le mani di Simone e il Melloblocco

È passata una settimana dalla due giorni che ho vissuto al Melloblocco e le buone vibrazioni provate continuano a farmi compagnia. La magia dell’evento è certamente legata al luogo, alla perfetta organizzazione e alla grande e consapevole partecipazione di tutti i “sassisti” e non. Ma una cosa è certa, senza nulla togliere a tutti quanti, se non ci fosse stata la scintilla iniziale, la grande passione e la costante dedizione di una persona in particolare tutto ciò non sarebbe possibile. Quattro anni fa mi sono ritrovato a scrivere un articolo sul Qualido e su Simone Pedeferri e alla fine anche di Melloblocco si era parlato. Sono andato a riprendere gli appunti di quel giorno passato con Simone e le sue mani che srotolano e mi mostrano il disegno originale della decima edizione del Melloblocco sono ancora vivide nella memoria. E chissà quali altri blocchi scoprirà per la prossima edizione, con quali sorprese ci stupirà.

“Le mani di Simone si muovono nell’aria con decisione ed eleganza, gesti rapidi e precisi scanditi da pause e accelerazioni, si alternano in una danza sinuosa e imprevedibile. A volte sembra plasmino l’aria come fosse materia, altre volte che accarezzino una tela, oppure che stiano stendendo strati di colore. Le osservo, si fermano a mezz’aria, mentre le dita si muovono come stessero sfiorando la pietra, sino a quando, trovata la giusta posizione, si stringono attorno a piccoli appigli fatti di cielo, da cui iniziare la scalata.
… Simone prende dei giganteschi rotoli di carta e li distende sul pavimento, li guarda soddisfatto. Da una certa distanza risalta evidente la figura di un uomo, ma quando mi avvicino comprendo che quell’uomo non è altro che la geografia della Valmasino, compresa la Valle dei Bagni e la Val di Mello. Mi chino ancora di più e non finisco di sorprendermi nel cogliere i dettagli e di vedere disegnati uno ad uno i massi granitici che realmente si trovano nella valle, con le loro forme esatte e le linee tracciate sulle loro piccole pareti. “Questo è il disegno originale che ho fatto per l’ultimo MelloBlocco – dice soddisfatto Simone – la manifestazione che organizziamo ormai da 10 anni e che porta nella valle migliaia di persone, un’esperienza unica nel suo genere.” Poi, mentre mi indica i dettagli del disegno, le sue parole diventano una musica di sottofondo e mi perdo nel guardare le mani di Simone che si muovono sul disegno come se stesse dipingendo, come se stesse arrampicando.”
#melloblocco #simonepedeferri

lunedì 15 maggio 2017

40 #UNIMMAGINEDICEPIUDIMILLEPAROLE – Ritorno in Verdon

Sabato 29 aprile 2017,  13:23:08 – Via Les extraterrestres (L’Escalès - Gorges du Verdon - France)
“… la sua voce nell’aria era una roccia
deserta e incolmabile di fiori.”

Mario Luzi “Avorio”
Come ogni primavera ritorno in Verdon. Da anni il rito di rinnova sempre uguale e sempre diverso. Il viaggio segna il passaggio dalla stagione del ghiaccio e della neve a quella della roccia. La voglia di una bella gita in quota con sci e pelli permane e trova forse il suo tempo, prima dell’estate. Ma il desiderio di riassaporare col corpo il piacere del gioco con la gravità, esplode e prende il sopravvento, prorompente.
Per segnare questo passaggio, per celebrare il rito serve un luogo speciale. E non c’è rito senza immersione. E non c’è rito senza acqua. E non c’è rito senza ascesa. Ed essere alla fine pronti per dare inizio a nuovi vagabondaggi verticali.
Tanti sono i luoghi dove ho scalato ma il Verdon è un luogo unico.
Decine di settori, centinaia di itinerari differenti per stile, lunghezza e difficoltà. Un mondo incomparabile dove la roccia e la natura trovano nelle acque che scorrono sul fondo del canyon il loro trait-d’union. Le stesse acque che per millenni hanno scavato e plasmato la roccia, modellando e scolpendo queste gole in cui la vertigine è la padrona incontrastata.

Verdon. Ruga profonda che solca la scorza della terra Abisso su cui affacciarsi per scoprire un vuoto impressionante che si incunea tra i grigi e i rossi della pietra e precipita sino a stemperarsi nei verdi dei boschi basali o a tuffarsi a picco nelle correnti selvagge del fiume. In questo vuoto ci si deve immergere ed ogni volta, quando butti la prima doppia, lo stomaco si stringe sempre un poco. Poi lentamente dal fondo si risale, metro dopo metro, sino a riconquistare il labbro di questa immensa cicatrice ed uscirne. Infine, mentre lo sguardo si riposa sugli altopiani della Provenza, rimettersi in piedi, saldamente sulle due gambe, e sentirsi non di certo purificati ma semplicemente felici e sorridenti. E spaventosamente assetati e pronti per una birra al bar de La Palud.

29 #PICCOLESTORIE – MELLOBLOCCO: INDIVIDUALMENTE INSIEME.


È da più di trent’anni che frequento la Val di Mello e sulle sue pareti sono numerose le vie che ho salito. A volte a fine giornata mi sono fermato a provare qualche storico passaggio sui sassi che costellano il pratone oltre il torrente. Ovviamente senza materassi e per quanto mi riguarda sempre con scarsissimi risultati. Il gioco per me è sempre stato quello di legarmi in cordata con un amico e passare la giornata appesi in parete, ammirando la valle che lentamente si allontana e sprofonda. Mai avrei pensato di andare in Valle solo per fare blocchi e lasciare corde, imbrago, dadi e friend a casa. Mai avrei pensato di divertirmi un sacco e non sentire la nostalgia del vuoto e del silenzio che cerco in parete. Ringrazio chi mia ha stimolato a provare questo gioco e creato l’opportunità di farmi godere delle bellezze della valle vista da un’altra prospettiva, dal basso e non solo dall’alto. Le regole del gioco cambiano, qui bastano magnesite e scarpette a cui aggiungere il crash-pad. Puoi essere solo, in coppia o in gruppo, non serve quel legame fisso che si crea in una cordata, è tutto più fluido e flessibile. Arrivi sotto un blocco e sei solo, e poco dopo ti ritrovi a provare i passaggi, consigliarti e pararti con un gruppo di persone che nemmeno conosci. Hai iniziato a provare in due spostando e riposizionando il crash-pad ad ogni movimento e poi ti ritrovi la base del blocco tappezzata da materassi multicolore. Piano piano c’è poi chi chiude il passaggio e chi ci riprova, qualcuno che si aggiunge e qualcuno che se ne va, c’è chi consiglia e c’è chi spazzola gli appigli, ma c’è anche chi osserva o si riposa, Non manca chi prende il sole nel prato e lungo il torrente e ci sono pure un sacco di bimbi che corrono e si inerpicano ovunque. Non mancano gruppi di ragazzi, tantissimi sono i giovani, e le famiglie, i top-climber e i boulderisti alle loro prime esperienze. Ognuno trova il suo spazio, ognuno trova il suo blocco con cui giocare e la sua linea da salire, facile o difficile che sia. E poi accade che vedi un ragazzo scalare a piedi nudi con una naturalezza strabiliante al punto tale che quel passaggio ti sembra semplice; poi ti avvicini e provi a metti le mani su quelli che prima ti sembravano appigli generosi per capire che hai appena visto un alieno. La cosa più incredibile è che durante questa quattordicesima edizione del MELLOBLOCCO sono quasi 2500 i partecipanti a cui aggiungere quelli che sono lì per scalare per gli affari loro e chi ci viene per guardarsi in giro, passeggiare e godersi l’atmosfera di questa festa. C’è gente che arriva da tutta Italia e da mezza Europa, alla base dei blocchi le lingue si mischiano e si confondono e tutto attorno una natura strepitosa di una delle più belle valli dell’arco alpino. Ma voi avete presente cosa sono 2500 persone che arrampicano tutte insieme? Sono uno spettacolo! Ma se cerchi la quiete e la calma, non ci sono problemi, basta camminare un poco di più e un sasso che ti aspetta lo trovi di certo.
Osservo tutto ciò accadere e mi piace pensare che ognuno partecipi rivendicando una propria individualità attraverso la ricerca del proprio blocco e del giusto equilibrio per riuscire a realizzare movimenti e difficoltà al limite delle proprie possibilità; mi piace pensare che ciò assuma un valore particolare e intimo per ognuno proprio grazie alla dimensione collettiva di questa grande festa all’aria aperta. Qui ognuno può soddisfare il suo bisogno di libertà in un contesto naturale ma, a differenza di una salita in cordata, senza tanti patemi per la sicurezza. Qui se sbagli o se non ne hai più, dei materassi multicolori ti attendono alla base del blocco per ammortizzare la caduta e non devi fare altro che riposare per poi ripartire. In questo gioco la tua scelta non vincola in alcun modo gli altri. Quando si sta sotto un blocco in compagnia e a turno lo si prova, l'interesse comune si esprime nel lasciare che ognuno soddisfi i suoi, in un atmosfera di fiducia diffusa anche tra persone che non si conoscono ma che in quel frangente si muovono solidali tra loro. Chissà cosa avrebbe pensato Zygmunt Bauman se avesse partecipato anche solo per una volta al MELLOBLOCCO, forse nella sua raccolta di testi “Individualmente insieme” ce ne sarebbe stato pure uno dedicato a questo raduno e all’inedito fenomeno sociale che rappresenta. Anche il MELLOBLOCCO è arte del vivere insieme. 

#melloblocco www.melloblocco.it