venerdì 12 maggio 2017

5 #CORRERE – Il limite


Umidità nell’aria. Sudore. Rocce scivolose. Concentrazione. Fango che si incolla alle suole. Fatica. Nubi a tappezzare il cielo. Respiro. Foschie in pianura e nelle valli. Sguardi. Neve sulle montagne. Sorrisi. Verde, tanto verde che esplode dalla terra. Stupore.
Ancora qui, a correre. Una lunga cavalcata seguendo il crinale che abbraccia le valli della Nesa: i luoghi del mio vivere. Cima dopo cima, colle dopo colle, lungo la linea di displuvio, limite geografico che separa ed unisce.
Il tempo scorre, come scorre la terra sotto le mie suole. Lei, la terra, si avvicina, la sfioro e subito mi lascia; io non la trattengo, la lascio correre in direzione opposta, come lei lascia correre me.
Il tempo scorre, come scorrono i pensieri nella mia testa. Loro, i pensieri, arrivano, si intasano, si confondono, trovano una chiarezza e mi lasciano; io cerco di trattenerli ma loro, dispettosi, si dissolvono così come sono arrivati. Qualche brandello, come lanugine sfilacciata, resta impigliato tra le maglie della memoria. Li raccolgo, me ne prendo cura.
Ancora qui, a correre. A cercare il mio limite, conoscerlo e accettarlo, per tentare poi di spostarlo anche solo di un’infinitesima frazione. Con attenzione e consapevolezza, perché il limite è il luogo dove facciamo i conti con le nostre fragilità, debolezze e paure.
E tre sono le cose accadute in questi ultimi giorni che si intrecciano a questi pensieri, al significato di limite, alla sua soggettività e alla consapevolezza necessaria per esplorare questo territorio di frontiera, ai confini delle nostre possibilità.
Corro e penso a Ueli Steck, al 30 aprile, giorno in cui è scomparso mentre saliva il Nuptse. Lui ci ha mostrato come la parola limite possa essere spostata a distanze siderali, grazie alla preparazione e all’allenamento costante, come solo un fuoriclasse sa e può fare. Lui lo ha raccontato e ne ha dato una misura, a noi increduli spettatori di quello che sentivamo e vedevamo. Ci ha mostrato che il limite non scompare ma si sposta, restando sempre presente, entità con cui il confronto continua. Consapevolmente lui ha seguito il suo cammino, nella costante ricerca volta a realizzare i suoi desideri, progetti e sogni. Arranco, sbuffo e spingo sul ripido sentiero che porta alla croce delle Podone e le immagini di Ueli che corre in punta di ramponi e piccozze sulle pareti nord dell'Eiger e delle Jorasses mi tengono compagnia. Lui leggero. Io pesante.
Corro e penso a Eliud Kipchoge e alla sua performance del 5 maggio all’autodromo di Monza, dove ha corso i 42 km e 195 metri della maratona in 2 ore e 25 secondi, frantumando il record sulla distanza e abbassandolo di 2 minuti e 32 secondi. I limiti ci sono per essere spostati, a volte accade impercettibilmente in silenzio, altre volte in modo brusco e significativo. Il suo tempo non verrà omologato come nuovo record, ma non importa. Come non ha alcun importanza il brusio delle polemiche che lo hanno seguito. Ciò che importa è sapere che sono state le sue gambe a correre a questa velocità stratosferica. Lo sponsor, le lepri, le scarpette e tutto il contorno possono avere aiutato ma la fatica è stata tutta e solo sua. L’immagine di Eliud e della sue falcate leggere e potenti mi accompagna mentre, scendendo dalla Filaressa, allungo il passo ormai stanco. Lui leggero. Io pesante.
Corro e penso all'ultima lettura fatta questa mattina: "In silenzio", una graphic novel di Audrey Spiry, un racconto per immagini dove luce e colore creano un effetto di incessante movimento. La discesa di un canyon nel sud della Francia offre a Juliette, la protagonista, l'inaspettato viaggio tra le paure e le emozioni che la agitano nel suo intimo. Lei si immerge e si lascia trasportare tra gli elementi primordiali di una natura selvaggia e imprevedibile "in cui perdere il controllo, a volte, è l’unico modo per ritrovarsi". Le mie scarpe infangate e fradice avanzano tra l'erba bagnata che riveste la dorsale del Canto Basso, le osservo e me le immagino disegnate in una tavola di Audrey Spiry. Loro leggere. Le mie pesanti.
Corro. I pensieri vanno e vengono, si sfiorano, si mischiano, si scompongono e si ricompongono. La corsa, l'alpinismo, il canyoning, l'escursione più semplice possono quindi diventare per ciascuno un'esperienza al limite delle proprie possibilità, in un intimo viaggio alla scoperta di sé. Non serve essere fuoriclasse ma è sufficiente avere la giusta dose di curiosità e intraprendenza, la voglia di confrontarsi con il proprio limite.
Corro, e la croce del Canto Alto è ancora distante. Corro, e ancora 84  giorni mi separano dall'attimo della partenza. Corro, e i 70 chilometri della gara sono ancora lontani. Corro, e non so nemmeno se ci arriverò, al 29 luglio e poi al traguardo. Ma non importa. Ciò che importa è che il mio viaggio ha avuto inizio e tanto mi basta per sentirmi bene. Passo dopo passo arriverò sulla prossima cima, con le gambe sempre più pesanti e i pensieri sempre più leggeri.
Corro, verso il mio limite.
Corro.
(domenica 7 maggio)


Nessun commento: