sabato 22 ottobre 2016

#21 UN IMMAGINE DICE PIU DI MILLE PAROLE

Sabato 15 ‎ottobre ‎2016, ‏‎14:19:32 – Finale Ligure – Bric Pianarella – Via “Menti perdute”

“Meraviglia dello stare bene
… e si sta leggeri come capre sulla rupe
della gioia.”
Mariangela Gualtieri


E poi arriva il momento in cui parti. Stacchi da tutto e da tutti. Butti lo zaino e la sacca nel furgone, passi a prendere un amico, e sai che per tre giorni le tue occupazioni saranno poche ed essenziali: mangiare, dormire e arrampicare, non ti vuoi preoccupare d’altro, non ti dovrai preoccupare d’altro. Non importa dove vai, purché ci sia una “rupe” su cui salire e tutto intorno il blu del cielo, il verde della macchia e in lontananza il luccichio del mare. La meraviglia ti circonda e tu ti immergi, seguendone il ritmo, assecondandone gli umori. Risvegli lenti, senza l’urgenza dei lunghi avvicinamenti e l’incombere delle grandi pareti. Brevi camminate nel fitto della lecceta e poi ha inizio il gioco. Gesti consueti, familiari, ripetuti migliaia di volte. Quando avrai staccato i piedi da terra, tutto dovrà essere al suo posto, in ordine. Ripeti il rituale conosciuto e come ogni volta presti attenzione. Mettere il casco. Indossare l’imbrago e fissarlo per bene. Agganciare le coppie sul porta-materiale, sei a destra e sei a sinistra. Appendere il discensore e i moschettoni a ghiera, con i cordini della sosta, sulla sinistra. La macchina fotografica la metti sulla destra e le fettucce a tracollo. Legarsi in vita il cordino con il sacchetto della magnesite. Svolgere le due mezze-corde e legarsi i due capi all’imbrago. Controllare che i nodi siano giusti. Fissare le scarpe con un piccolo moschettone a ghiera all’anello posteriore dell’imbrago. Pulire la suola delle scarpette da scalata, calzarle e chiudere bene i velcri. Infilare le mani nel sacchetto della magnesite e alzare lo sguardo alla parete. Dire al socio “Parto!”. Concatenare appigli e appoggi, cercando di essere leggero, per ritrovarsi su una piccola cengia nel centro della parete. Attendere il socio che, arrivato in sosta, riparte verso l’alto, alternandosi al comando della cordata. Godere del tempo che passa lento e di quella gioia sottile che senti vibrare mentre la corda scorre tra le mani e lo sguardo ingordo si nutre di tutto quanto ti sta attorno. Concentrato su quel tuo procedere verticale, non smetti di cogliere i piccoli dettagli e gli ampi panorami che solo da lassù puoi godere. Arrampicare è tutto questo. Arrampicare, sino a quando la parete non sfuma nei boschi dell’altipiano. Arrampicare, sino a quando il corpo spossato esige il riposo. Arrampicare, sino a quando non giunge la sera. Arrampicare, per ritrovarsi stanchi a mangiare della farinata accompagnata da un buon bicchiere di vino, mentre una luna piena e luminosa si alza nel cielo, illuminando a giorno le rupi e accompagnandoti nel sonno.

Nessun commento: