giovedì 19 aprile 2012

LA MEMORIA DEI LUOGHI - MONTE DI NESE 13 APRILE 1945

Da oltre 15 anni regolarmente, quasi tutte le settimane, passo da Monte di Nese. Di solito parto da casa, poco sotto, nella valle di Olera dietro il Monte Colletto. Nelle sere d’estate salgo lungo il nastro d’asfalto con la mia bici da strada, sotto la grande parrocchiale mi fermo alla fontanella, a prendere acqua, prima di iniziare la discesa. Nei pomeriggi d’inverno arrivo con la mountain bike, proseguo oltre la parrocchiale, con un occhio all’orologio del campanile vecchio, abbandono la strada e, nella luce della sera, per mulattiere e sentieri rientro a casa. Decine e decine di volte ci sono arrivato di corsa, con Daniele, nel vano tentativo di migliorare il tempo. A volte ci arrivo a piedi con la famiglia e gli amici, per andare a vedere la capre di Gianluca ed assaporare il suo buon formaggio. 
Per anni Monte Nese era solo questo: nuclei di antica formazione e cascine sparse sui prati, nuove case sparse, disordinate, frutto di un’edilizia a volte poco rispettosa dei luoghi e delle tradizioni. Il luogo resta comunque bello, mi piace attraversare i sui prati ed i suoi boschi sino sui crinali che collegano la Filaressa, al Cavallo, al Canto Basso e al Canto Alto. Il borgo e il nucleo del Castello sono un panoramico balcone affacciato sulla valle della Nesa e sulla pianura, a volte si scorgono gli Appennini. Questa era la mia memoria di quei luoghi e nulla sapevo delle memorie altrui. Finché un giorno un amico, Marco, mi parla di una strage e di una lapide posta nel cimitero di Monte di Nese. Devo sapere, la volta successiva sono solo e di corsa salgo sino alla parrocchiale, bevo alla solita fontana, e mi reco al cimitero, ecco la lapide: “A RICORDO DI 120 MONGOLI CADUTI PER MANO FASCISTA – 1945” 
Com’è possibile! Tante sono le storie che ho sentito raccontare percorrendo queste montagne eppure nessun cenno ai 120 morti del 13 aprile 1945. Una ricerca in rete mi da qualche informazione in più. Sul sito dell’ANPI di Alzano Lombardo, vi è un breve scritto in merito. Da allora ogni volta che passo da Monte di Nese, non posso non pensare a quanto successo e come la mia percezione di quei luoghi sia cambiata profondamente. Non sono più solo le mie memorie a determinarne il fascino e la bellezza, ma anche la memoria della storia, conservata su quei prati e tra i muri delle chiese e delle cascine. Memoria ora tramandata e che diventa parte integrante del mio pensare e lo sguardo muta.
120 persone sono state trucidate 12 giorni prima della liberazione. Perché, mi chiedo ogni volta. Primo Levi disse "Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario". 
Queste sono le “mie” montagne, quelle che abbracciano il mio paese, la mia casa. Devo sapere. Le memorie altrui, la memoria collettiva può aiutare per ricostruire la memoria dei luoghi e fare si che alcuni di questi diventino luoghi della memoria.
Nel 2010 Giulio mi regala un libro fresco di stampa “La diserzione – I “mongoli” nella Resistenza bergamasca e la strage di Monte di Nese” di Andrea Pioselli. Giulio non sa nulla delle mie corsa a Monte di Nese e di come sia cambiato il mio sguardo verso questi luoghi sospesi ai piedi del Monte Filaressa e Cavallo. Divoro il libro, il lavoro di Pioselli è notevole ed accurato, resto senza fiato nel leggere la testimonianza scritta di Severino Vitali, Parroco di Monte di Nese. Quel giorno lui era lì nella parrocchiale ed i suoi occhi hanno visto gli stessi luoghi i medesimi paesaggi che anche i miei vedono oggi , non sono praticamente mutati da allora. La sua memoria è ora una memoria collettiva consegnata a tutti, e sarà anche la mia memoria. 
Mi permetto di citare un breve tratto della testimonianza pubblicata. Don Severino così ricorda quanto accadde il 13 aprile 1945: 
“Ecco che si vede una colonna di Russi fatti prigionieri scendere al di sotto del Monte Cavallo. Li contiamo: sono 54; sono accompagnati da alcuni repubblicani e li conducono poco di sotto della chiesa e li fanno sedere in un prato. Un repubblicano grida: signor tenente abbiamo fatto buona caccia, via la … e come sono affamati questi repubblicani: si mettono a spogliarli dei portafogli, pastrani ecc. ma quando vediamo levare a una ventina le scarpe un dubbio atroce ci assale: li ammazzeranno? Mentre gli uni sono intenti a frugare in ogni tasca di quei disgraziati, gli altri appostano al di sotto una mitragliatrice. Li fanno alzare, alcuni obbediscono, con altri devono usare violenza. Con le mani nei capelli, con grida e pianti strazianti vengono spostati una cinquantina di metri e ridotti in poco spazio. Uno si inginocchia e con le mani giunte prega. Viene fatto alzare brutalmente. Quattro sgherri con il fucile spianato si portano ai lati della valletta presso il cimitero. Ad un segnale di un tenente che ha diretto da lontano tutto, parte una scarica di mitraglia e cadono gli uni sopra gli altri (benevolo lettore non augurarti di assistere a una scena di tanto terrore). Non tutti sono morti, anzi la maggior parte sono feriti (che grida!) ed allora vediamo la belva umana accanirsi sopra questi esseri con una volontà sì barbara e selvaggia che è impossibile descrivere. Vengono letteralmente maciullati con colpi di pallottole esplosive sparate a bruciapelo. E così per un’ora. Questo fu l’ultimo e più triste episodio di quel 13 fatale. Finalmente a gruppi isolati quei banditi se ne vanno.”  
Così continua la ricostruzione dello storico Andrea Pioselli: “Ci sono morti nelle case, isolati o a gruppi, ma purtroppo la maggior parte fucilati. Oltre ai 54 presso il cimitero ce ne sono 11 sparsi dal campanile alla chiesa fin verso il Ducchello, tutti fucilati: altrei 3 a Cà Ghirardi, caduti in combattimento, 18 sul Brugal divisi in tre gruppi, 10 sul Monte Cavallo, 2 uccisi in Cà Paterna, 1 in casa di Licini Egidio. Totale 99 a Monte di Nese. Ma poi ce ne sono ancora 5 sul versante di Poscante, 2 ad Olera, 8 condotti prigionieri alla Busa e poi fucilati.” - e continua – “l’incarico di dare sepoltura ai cadaveri (dopo ben otto giorni) fu affidato allo stradino Giovanni Gherardi.”
Dopo quella lettura, ogni volta che passo di corsa o in bicicletta sulle strade e sui sentieri, tra i prati ed i boschi del Monte di Nese, un pensiero va a loro, ai 120 mongoli uccisi per mano fascista.
Spero tanto che il sindaco rispetti al parola data nel Consiglio Comunale di Gennaio e dia una giusta collocazione alla lapide presente nel cimitero, sarebbe un piccolo gesto con un grande significato.

Per chiunque volesse approfondire la conoscenza di quanto accaduto consigliamo il prezioso lavoro di Andrea Pioselli “La diserzione – I “mongoli” nella Resistenza bergamasca e la strage di Monte di Nese” Istituto bergamasco per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea. ASSOCIAZIONE EDITORIALE: IL FILO D’ARIANNA

2 commenti:

Anonimo ha detto...

è incredibile come questi fatti tragici siano così poco conosciuti in valle !! io stesso vivo da ormai 30 anni in zona; ho passato tantissimo tempo a passeggiare su quei prati, arrampicare per gioco sui pimpoli sparsi in giro, sciare sui prati sotto la Filaressa (nell'85 siamo scesi dalla croce fino alla Busa con la nevicata eccezionale di quell'anno), leggere un libro sdraiato al sole con mia moglie sui prati sopra la chiesina; solo alcuni anni fa ho scoperto dell'eccidio dei 120 mongoli, di cosa hanno visto quelle zone in quel periodo; anche io oggi passando su quei sentieri non posso non pensare a quei tragici fatti e li vedo in un modo diverso.

Unknown ha detto...

Sono capitato per caso sul tuo blog mentre ricercavo notizie riguardo l'eccidio dei cosiddetti "mongoli" dell'aprile 1945, proprio poco prima della Liberazione. Come te ho letto la documentazione raccolta da Pioselli e sono rimasto davvero toccato. Avevo già accennato a quei fatti nel mio sito (http://www.cristianriva.it/sentieri/sulle-orobie/alzano-lombardo-le-pozze-di-burro.html) dove con nostalgia ricordavo i bei tempi passati presso le pozze del Burro. Neppure io, sino a quell'articolo pubblicato sul sito, avevo mai saputo di questo tragico episodio. Si impara sempre qualcosa ogni giorno. Stavo cercando altre testimonianze e documenti riguardanti la Resistenza anche perchè nel libro di Pioselli viene citato il nome di mio suocero. Non è per niente facile reperire del materiale pertinente quel periodo. Speriamo che tutto non vada perso e dimenticato. Ciao e buona montagna! Cristian