Quindici anni sono passati, forse più. C’eravamo conosciuti da poco e mi invitò a salire una cascata di ghiaccio, da allora con Mimmo mi legai moltissime volte e la nostra amicizia si consolidò. Se non sbaglio era febbraio, un inverno strano con pochissima neve, risalimmo la valle in auto lungo la sterrata sino alla sbarra, poco prima della malga, al limitare del bosco. Faceva freddo ma di neve nemmeno l’ombra. Risalimmo a piedi, facendo attenzione alle lastre di ghiaccio, i tornanti sino alla prima diga, lungo il sentiero estivo raggiungemmo la terza diga, e da li costeggiammo il lago sino a risalire il ghiaione che portava alla base della cascata. Ci cambiammo al sole, si stava bene. Le mie esperienza su cascate di ghiaccio si limitavano ad un paio di uscite che, per essere sincero, non mi avevano affatto esaltato. Il suo entusiasmo e la curiosità di riprovare mi avevano trascinato in quel luogo, dove mi trovavo con un paio di grivel con il manico diritto e le lame a banana, dragonne e cordini di collegamento all’imbrago. Ai piedi un paio di ramponi da misto le cui punte piatte sbucavano appena oltre la punta dello scarpone, all’imbrago un paio di viti artigianali al titanio, acquistate dagli alpinisti cecoslovacchi incrociati a Courmayeur. Scalai da secondo, con gli avambracci d’acciaio e i polpacci che urlavano, e la sensazione di precarietà non mi abbandonò. Non mi sentivo sicuro e nonostante il fascino sprigionato da quelle minuscole lacrime di ghiaccio, che la montagna nascondeva nelle sue pieghe più intime, per anni non riprovai più quell’esperienza.
Oggi sono qui che ritorno in quei luoghi e che ritorno alla Madre, affondiamo sino al ginocchio ed oltre, in uno strato di neve leggera e inconsistente. Con la mente torno a quel giorno e penso a quanta strada ho percorso e quante cose sono cambiate. Con Mimmo ci sentiamo regolarmente, ripromettendoci ogni volta di fare una salita assieme e prima o poi quella volta arriverà. Il materiale da ghiaccio ha avuto un’evoluzione impressionante ma i luoghi comuni sono invece gli stessi. Ora più di allora, ma sempre come se fosse una novità assoluta, i media sbandierano gli effetti dei mutamenti climatici e la cronaca locale decreta la scomparsa dell’inverno, solo perché non c’è neve sufficiente per il “circo bianco” delle nostre vallate. Indubbiamente abbiamo massacrato il nostro pianeta e la sua temperatura media lentamente sale, ma l’inverno, quello vero, quello che non si identifica con la neve programmata e le piste battute e tirate come un biliardo, per nostra fortuna esiste. Ed è un piacere andarlo a scovare ogni anno, basta avere la voglia e il desiderio di portare a spasso il nostro corpo, liberare la nostra percezione e i nostri sensi, senza farci ingabbiare dai luoghi comuni e dalle tristi immagini di strisce di neve artificiale che si snodano su pendii spelacchiati.
A questo ed altro penso nelle tre ore di avvicinamento alla Madre, l’inverno esiste e ci circonda, anzi ci avvolge e ci nuotiamo dentro. Lentamente in questi anni vengo sempre più rapito dal fascino e dalla bellezza discreta di queste effimere strutture di un estetica pura ed unica.
RITORNO ALLA MADRE - LE IMMAGINI
Nessun commento:
Posta un commento