giovedì 9 novembre 2017

37 #PICCOLESTORIE - #SETTESOLOSETTE: IMPROBABILE DIARIO DI UN VIAGGIO

I piccoli ingaggi mi garbano, un poco meno le regole. Vero Donella? Quindi si fa a modo mio. Cosa c'è di meglio per iniziare, se non partire con una fotografia a colori? Dove però vi è solo il nero della notte e il bianco della Luna, i suoi riflessi sull'acqua. E poi cosa è questa storia di non mettere nessun commento? Se un immagine dice più di mille parole, le parole a volte toccano nel profondo evocando miriadi d’immagini.

"C'è una tenerezza
oggi
negli alberi,
quanta scapigliata bellezza
oggi
sotto vento."
Chandra Livia Candiani

Tenerezza e bellezza, egggià!
Ieri sera scendendo dal Monte Oddeu l'ho visto. Dai campi solcati di grigio calcare si erge un ginepro secolare. Meravigliosa scultura vivente che unisce la terra al cielo. Mi fermo sotto la sua chioma. Fatico ad abbracciarlo, ci provo. Poi poso la mano sul tronco ritorto. Lo ascolto. Alzo lo sguardo. Seguo le venature e i rami che si aprono in ogni dove. Mi chiedo: ma quante storie ha visto questo essere? Tenace nel succhiare minerali e umidità dalla terra. Fiero nel cogliere la luce del sole. Operoso nel trasformare tutto ciò in cibo. Caparbio nel crescere sulla roccia, giorno dopo giorno, anno dopo anno, secolo dopo secolo. Silenzioso. E il vento di tramontana freddo gli scompiglia la chioma. Silenzioso lo saluto e continuo a scendere.

"All'erta
all'erta come l'insetto sul filo
del vento
in accurato ascolto"
Chandra Livia Candiani

Mentre salgo verso il Monte Bonacoa mi guardo attorno. Ad ogni passo il ghiaietto scricchiola e suona sotto le suole, lo ascolto. Quando i lecci: lasciano spazio, la luce irrompe sul cammino e il cielo si spalanca. Lo sguardo percorre l'intero arco della linea di costa, cucitura di pietra candida, tra i verdi della macchia e i blu del mare. Mi rimetto in cammino, osservo i miei piedi che avanzano e lo vedo. In un fascio di luce risplende la corazza cangiante, che meraviglia. Mi fermo, mi chino e osservo curioso. Osservo questo suo andare distratto tra il pietrisco, apparentemente senza meta. Un poco mi ci riconosco, questo andare per sassi, in cui solo tu trovi un senso. Chissà, forse anche lui si guarda attorno e vede tanta bellezza. Forse anche lui prova un gran piacere da questo "inutile" girellare in giro in un mondo fatto di pietre e boschi. Lo seguo, quasi mi ci affeziono, sicuramente lui non mi vede, nemmeno sa che esisto. E un'immagine mi viene alla mente. Un'immagine di me che giro in giro in questo pezzo di mondo ed un gigante, che nemmeno io vedo, se ne sta fermo a gambe larghe e mi osserva scuotendo la testa e dicendo tra se e se "Ma questo insettino, cosa sta combinando?" Incasso la testa tra le spalle e guardo in alto per avere la conferma che nessun gigante mi sovrasti. Un ultimo sguardo al mio insetto e in allerta riprendo l'erta salita.

"Il vuoto sarà vasto
e alto e profondo
lo chiamerai carezza."
Chandra Livia Candiani

Se arrampicare è per me qualcosa di intimo e quotidiano (o quasi), arrampicare in certi luoghi è qualcosa di unico. Ma tant'è, che oggi sono qui e quindi vi beccate uno scatto dalla Aguglia di Goloritzé. A vent'anni di distanza torno su questa cima, ma il fatto eccezionale è che ci torno con la medesima compagna di cordata di allora. Verena è un'amica speciale, e quando si ha una certa età ci si può permettere pure di dire: un'amica di vecchia data. Essere ancora qui sull'esile cima di questa guglia, affacciata su uno degli angoli più incantevoli del Mediterraneo, mi emoziona e mi commuove. La osservo mentre mi raggiunge all'ultima sosta e scala in equilibrio tra cielo, roccia e mare. Il vuoto qui è diverso, sale da ogni parte, per perdersi negli azzurri del cielo. Un vuoto che carezza rocce grigie, perfette, cesellate dal tempo, dall'acqua e dal vento. Poi c'è il mare, la in basso, con le sue profondità fatte di turchesi, di smeraldi e di cobalto. E l'orizzonte, dove tutto si fonde e lo sguardo si perde. E qui in cima ci siamo noi, la nostra cordata, le nostre storie, il nostro essere. E c'è lei, Verena, con gli occhi che brillano e con la sua risata fragorosa che travolge e coinvolge. Ce ne stiamo seduti a chiacchierare, come su un davanzale, con i piedi a penzoloni nel vuoto. Lei, qui, c'è già salita cinque volte, da quattro linee differenti. Ci godiamo il sole e un sorso d'acqua e la soddisfazione di starcene appollaiati qui, mentre ombre di monti si allungano sul mare e gli ultimi bagnanti lasciano la minuta spiaggia. Poi mi racconta di quando con Mario e Beppe, gli ideatori di Selvaggio Blu, hanno fatto la prima traversata di questo trekking alpinistico. Infine restiamo in silenzio e prepariamo le doppie, ognuno assorto nei propri pensieri. Mentre scendo inizio a pregustarmi il piacere della nuotata ristoratrice che mi attende. E mi chiedo a cosa starà pensando la mia amica. Alla prima volta che è salita sulla Aguglia? Quando tutto era più selvaggio e l'unica via era quella dei “Mulini a vento” di Manolo e Gogna? Al fuoco dei bivacchi in riva al mare? Chissà! Certo è che in questo pezzo di terra ha lasciato un poco del suo cuore.

"Ti vedo guardare
e non importa cosa
invidio tutto
tutto il radioso
che entra nel tuo sguardo"
Chandra Livia Candiani

Paesaggi quotidiani, paesaggi di viaggio. Poi c'è tutto ciò che quotidiano non è, e che contribuisce ugualmente a farci stare bene. Ci sono i viaggi. Ci sono le scalate lontano da casa. C'è un mondo sconosciuto da esplorare per poi tornare a casa un poco cambiati, un poco diversi.
E ti ritrovi, dopo essere sceso dalla parete, seduto all'ombra di un carrubo. Corde e moschettoni abbandonati tra i sassi. Le mani sporche che stringono un pezzo di pane e un pomodoro. E mentre mastichi osservi un paesaggio fatto di mare, di luce, di vento, di pietra, di profumi, di suoni, di solitudine. E ti senti felice anche se una sottile tristezza ti attraversa e non ti lascia e prende posto nel tuo petto. Perché in certi momenti l'assenza di chi non può essere lì, al tuo fianco, a condividere tanta bellezza, un segno lo lascia.

"Splendore
c'è splendore oggi
contro il cielo cieco,
gli alberi dormono
con fierezza,
c'è silenzio
molto largo
lì sotto
dove vive l'acqua."
Chandra Livia Candiani

Fanculo alle regole! Il seidisette ve lo pigliate a colori. Altrimenti, a raccontarli tutti, mi viene su spessa: traduzione letterale di una locuzione bergamasca che mi ripeteva sovente mio nonno "Mauri! Òciò, perchè issé la é sö spèssa". Oppure come direbbe mio figlio: "Dai! Non c'ho lo sbatti di raccontare tutti sti colori, guardateli che fai prima". O più semplicemente questa foto deve restare a colori e basta. Perché, dopo tutto questo pippotto, quello che voglio raccontare è altro. 
Alla fine cosa mi porto a casa? Non sono le parole, no. Non sono le immagini, nemmeno. E le emozioni? Forse.
Ciò che mi resta.
Croste di sangue,
discrete decorazioni.
Gambe graffiate,
uncinate spine di Smilex.
Ginocchia sbucciate,
affilate gocce di calcare.
Polpastrelli spellati, 
abrasivi appigli di roccia.
Collo ustionato,
ostinatamente rivolto al sole.
Pelle salata,
un ultimo bagno.
Volto abbronzato,
barba sfatta.
labbra che sanno
di salsedine.

E, infine, un libro 
poesie, amiche
e compagne, pagine
sgualcite tra le mani.

La luna, calante,
sorge, nel cuore
della notte, solitaria
si avvicina
al suo ultimo quarto.
È ora di tornare.
L'ingaggio "Seven day" di Donella è arrivato con un tempismo perfetto, nemmeno ci fossimo messi d'accordo. La terra di Sardegna e le poesie di Chandra Livia Candiani hanno fatto il resto. Ora procuratevi due cose: "Fatto vivo" l'ultima raccolta di versi della Candiani e un biglietto per la Sardegna. Il viaggio si deve fare in nave però, perché questo avvicinamento lento e notturno lascia il giusto tempo per prendersi lo spazio ed adeguarsi ai ritmi del mare e dell'isola.


"Dammi l'acqua
dammi la mano
dammi la tua parola
che siamo,
nello stesso mondo."
Fatti vivo - Chandra Livia Candiani

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