mercoledì 12 marzo 2014

#3 - UN'IMMAGINE DICE PIU' DI MILLE PAROLE

Domenica 16 febbraio 2014 - 18:05:58 - Olera (Alzano Lombardo - Bergamo)



Oggi, tra le mura di casa, ho scritto e lavorato tutto il giorno mentre fuori la pioggia incessante non ha lasciato tregua. Di tanto in tanto volgo lo sguardo alla finestra e scruto le traiettorie delle gocce e la loro intensità che mutano con il vento. Il fuoco arde nel camino alle mie spalle. La bolla di luce blu, sospesa al soffitto, proietta un cerchio chiaro sul piano del tavolo dove lavoro. La vita scorre pacata attorno a me, ma è tumultuosa dentro. Vorrei correre, mi dico, poi guardo fuori ed il muro di grosse gocce strapazzate dalle raffiche mi fanno desistere. Così passa il tempo, rotolano le ore l’una sull’altra, mentre le nubi salgono e scendendo, fagocitando e restituendo paesaggi di tetti, boschi e cieli dai grigi infiniti. Lentamente giunge il tardo pomeriggio, tra meno d’un ora sarà buio. Vorrei correre, mi ripeto una volta ancora. Oltre i vetri striati dall’acqua qualcosa è cambiato, mi alzo, apro la porta-finestra e esco sul terrazzo. Non piove e il rumoreggiare del torrente sale dalla valle a saturare l’aria. Pochi minuti dop, mi chiudo il portone di casa alle spalle e faccio partire il crono. A cosa mi serve farlo partire non so, non ho tempi da misurare e tabelle da rispettare, ma è ormai un’abitudine. Mi piace premere con l’indice il tasto in alto a destra dell’orologio e sentire quel bip mentre allungo i primi passi, per poi risentirlo alla fine quando al rientro mi fermo sul viottolo davanti a casa. Fango e pietre viscide accolgono il mio correre, una continua attenzione, un continuo affinare il sentire dei miei piedi. Appoggio e spingo alla ricerca di un equilibrio dinamico e costante. Umidità e nebbie avvolgono i monti mentre scende la sera. Rientro che ormai è quasi buio. Mi siedo sui due gradini fuori dall’uscio, affacciati sulla viuzza. Le luci delle finestre ammiccano dai muri di pietra, come pozzanghere di calda luce. Ma qui è freddo e una  nuvola di vapore si leva dal mio corpo, che si perde nel cono di luce del lampione. Il canto degli uccelli arriva dalla vigna appena discosta e dalla casa di fronte pulsa  l’incedere ritmico e potente della batteria di John Bonham. Una fusione di suoni, una sinfonia speciale e irripetibile accompagna il quietarsi del respiro e il rallentare del battito. Godo di questi istanti. Mi sfilo le scarpe fradice e sporche. Resto immobile e ascolto.

Nessun commento: