RESILIENZA
“Bisogna aprire all’ignoto,
bisogna che l’ignoto entri,
e disturbi.”
(M. Duras, "La vita materiale")
bisogna che l’ignoto entri,
e disturbi.”
(M. Duras, "La vita materiale")
Oggi vedremo di farci felicemente
disturbare.
Mi è sempre piaciuto sentire vibrare la lingua tra i denti
proprio nell'attimo in cui inizio a pronunciare questa parola: resilienza. Oggi
il termine è di moda e pure un poco abusato ma il suo significato rimane
intatto. Ed è proprio questo che mi affascina ed interessa, ovvero la capacità
di far fronte in maniera positiva agli eventi che destabilizzano, l'essere in
grado di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà,
che siano il piccolo imprevisto quotidiano o le
dure prove che il vivere ci riserva.
Oggi scomodo questo termine per una
questione leggera, non ci sono malattie, lutti o perdite da rielaborate o da
attraversare con dolore, ma un semplice ed innocuo imprevisto meteo. Nonostante
l'arrivo della perturbazione non abbiamo rinunciato al nostro progetto e il
nostro piccolo viaggio è stato destrutturato e ricombinato.
Partiamo. Tappeti di foglie da fare
invidia al catalogo Pantone si srotolano sotto le nostre ruote. Gocce di
pioggia scivolano sui caschi e sulle giacche. La Valle, che solitamente si
percorre a gran velocità sulla statale, si disvela in tutta la sua complessa e
sorprendente bellezza: luoghi e paesaggi plasmati dal tempo e dall'uomo, fonti
preziose di storia e di storie. Lentamente
saliamo. In alto, nel lariceto che profuma di resina, il vento scuote le
chiome, una nevicata di piccoli aghi ci avvolge di giallo e di ocra. Poco dopo,
tornate dopo tornate, pure le nebbie ci inghiottono. Che strana sensazione, ci
siamo solo noi e il silenzio dei monti, non li vedo ma sento il loro respiro
profondo e potente. Il nostro, di respiro, è un poco in affanno, e si condensa
sui volti. Perdiamo ogni riferimento continuiamo a pedalare, tutto si dilata
come in un sogno. Piccoli stormi allegri di cince sfrecciano tra i rami
lanciando i loro richiami, ci riportano alla
realtà. Bucare le nubi è l'obiettivo della giornata ma ormai non ci speriamo
più. Anche loro si alzano con noi e con l'avanzare del pomeriggio. Poche sono
le ore di luce disponibili. Poi per incanto ecco il mare di nubi che si stende
sotto di noi, in lontananza ghiacciai e cime di granito. Sopra di noi un sole
che non scalda e si nasconde tra nubi più alte e che mai potremo bucare. Poco
male. Per raggiungere il passo mancano pochi chilometri e ce li godiamo tutti.
Respiriamo l'aria fredda e umida. Osserviamo la patina di ghiaccio che copre le
acque del laghetto poco prima del valico. Ascoltiamo il canto dell'acqua che
prende forza e scende a valle ad ingrossare il torrente.
E mentre fantastico sul
viaggio di queste acque, la strada spiana e non c'è più nulla da salire.
Mi fermo.
Ci fermiamo.
Un abbraccio e una stretta di
mano con gli amici.
Qualche parola e ci
prepariamo per la discesa.
Il paesaggio è severo, di una
bellezza austera.
È stata una
giornata unica, perché le giornate passate in bicicletta sono tutte uniche per
definizione. Abbiamo respirato i colori dell’autunno sotto cieli plumbei,
annusato foreste accoglienti, facendoci avvolgere da dense nebbie, galleggiando
sopra un mare di nubi tra montagne innevate, attraversando il freddo senza
toglierci il piacere di sentire il corpo vivo.
Un pensiero
fa breccia nella mente ed una cosa è certa, tutta questa bellezza che ci
circonda e ci travolge, ci sopravviverà, noi non ne facciamo parte e nemmeno la
meritiamo, siamo solo una piccola e insignificante presenza, uno scherzo dell’evoluzione.
Però siamo qua, ora, e non possiamo fare altro che godere di tanta bellezza, tentando
goffamente di raccoglierla, trattenerla e farne racconto.
E domani, e
dopodomani che sarà?
Tra i monti
sarà neve, sarà candore.
Lungo il
fiume si vedrà.
E resilienti
ci godiamo il qui e l’ora, cogliendo le opportunità, adattandoci a ciò che
sarà.
Nessun commento:
Posta un commento