venerdì 2 gennaio 2015

PICCOLE STORIE #12

DISPENSATORI DI SOGNI

Qual è il futuro della nostra associazione? È difficile dirlo, è difficile saperlo. Una cosa però è certa, in questo momento storico il mondo dell’associazionismo, e non solo il nostro, sta attraversando un periodo di crisi legato, principalmente, alla mancanza di partecipazione e di ricambio generazionale. Più volte il nostro Presidente, nei suoi editoriali, ha sollevato il problema con chiarezza e determinazione, interrogandosi e interrogandoci, invitando ciascun socio a dedicare qualche attimo del suo tempo alla nostra associazione. Le risposte sono state timide e i volti di chi organizza e si mette in gioco sono sempre i soliti, le facce nuove, che ringraziamo sentitamente, sono purtroppo poche.
La questione assume contorni preoccupanti soprattutto se guardiamo i numeri. La nostra sezione, nonostante la lieve flessione di iscritti dello scorso anno, conta oltre 10.000 soci. I corsi e le gite, proposte dalle commissioni e dalle scuole, sono sempre  frequentate con assiduità e molto spesso fanno il tutto esaurito. La palestra d’arrampicata pure, addirittura con problemi di sovraffollamento in alcune fasce orarie. Se dovessimo fermarci ai numeri potremmo dire che siamo in gran salute, mentre invece così non è. Se facciamo il rapporto tra chi fruisce dell’attività proposta dalla nostra sezione e chi la organizza, otteniamo dei valori completamente sbilanciati. Con la consapevolezza delle poche forze in campo, mosse da una grande passione, disponibilità e professionalità, i risultati sono stupefacenti e quindi, a maggiore ragione, dobbiamo interrogarci sul perché di questa situazione così squilibrata. Sono tantissime le persone che si avvicinano al mondo della montagna e alle bellezze della natura grazie al nostro club ma pochi sono quelli che si appassionano a tal punto dal dedicare una parte del loro tempo per diventarne promotori verso gli altri.
Perché accade questo? Perché a chi partecipa alle gite, ai corsi, alle serate, non arriva il messaggio che quello di cui godono è il frutto del lavoro volontario di altre persone che, come loro, amano la montagna? Forse siamo noi che sbagliamo e che non riusciamo a comunicare correttamente un concetto basilare: essere associati non vuol dire essere utenti, il CAI è un’Associazione di volontari e non un Agenzia di professionisti.
Quindi se vogliamo uscire da questa situazione di stallo e se desideriamo trovare una risposta a tutte le domande fatte sinora, dobbiamo prima di tutto dare una risposta a quest’ultima domanda: “La nostra associazione, il CAI, è un erogatore di servizi o un dispensatore di sogni?”
Ripartire da questa domanda - e dalle risposte che ognuno di noi si darà - penso sia importante per trovare il giusto equilibrio nelle proposte che faremo ai nostri associati, per affrontare da una nuova prospettiva e con fiducia l’anno che ci aspetta.


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