domenica 30 novembre 2014

#6 PARETI E RACCONTI - Benigno, alpinista a KM0


GRIGNONE – parete ovest - Benigno Balatti racconta.


Questa mattina abbiamo un appuntamento a Mandello Lario. Benigno ha promesso di portare Matteo e me in un posto a cui è particolarmente legato, lo Zucco Sileggio. Una cima sospesa sopra il lago, una meta per nulla alpinistica, ma con un panorama decisamente esclusivo. La vista sul lago, come da tutte le montagne di questa zona, è impagabile ma, come ci fa notare Benigno, questo è l’unico punto da dove si può avere una visione frontale del parete ovest del Grignone. Parete di cui lui conosce ogni anfratto, ogni segreto e che noi desideriamo esplorare in sua compagnia. Però ora andiamo con ordine.
Benigno Balatti, classe 1954, parla con calma e la sua voce fluisce senza sosta con quella cantilena tipica dei paesi della sponda lecchese. Chiacchierando è evidente il forte legame che lo unisce a Mandello, paese dove è nato, cresciuto e, ancora oggi, vive. Paese nelle cui fabbriche ha lavorato come operaio e sulle cui montagne si è formato come alpinista. La sua casa è posta a monte della linea ferroviaria, anche se si vede il lago, i binari costituiscono una specie di confine tra due mondi. Così spiega Benigno: “Ci sono i Laghei e quelli sopra la ferrovia, sopra siamo i Montanari. Io vado anche al lago ma non sono capace nemmeno di nuotare, preferisco andare nei boschi, preferisco la montagna in tutti i sensi, non solo arrampicata, non solo alpinismo estremo ma anche andare per funghi, camminare, insomma rilassarsi.” Mentre parla prende lo zaino e usciamo di casa, ci avviamo lungo la strada verso la mulattiera che, oltre le ultime case, sale tra gli alberi spogli del bosco. Benigno sorride e ha uno sguardo mobile e irrequieto, da persona curiosa. Le sopracciglia spesso si inarcano in un espressione di meraviglia, disegnando sulla fronte rughe profonde e regolari. La sua voglia di raccontare le mille storie vissute tra le sue montagne è prorompente e travolge, questo suo entusiasmo è contagioso e trascina. Mentre camminiamo, quando siamo nei pressi del Santuario di Santa Maria, mi guarda e dice: “Pensa te, come cambiano le cose. Un tempo, fino a qualche hanno fa, ero uno che non parlava o parlavo poco. Ora invece ho voglia di raccontare e non mi importa di quello pensa la gente, se vogliono mi ascoltano, altrimenti … - si interrompe e ridacchia, per poi esclamare in dialetto – rimango sempre ù selvadec”.
Benigno ha scalato in tutte le Alpi e si è pure concesso alcune spedizioni extraeuropee, soprattutto in sudamerica. Il suo terreno prediletto è quello dell’alta montagna. Se parliamo del solo Monte Disgrazia, lì ha salito ben venti nuovi itinerari di ghiaccio e misto. Oggi però la storia che gli chiedo di raccontare è quella del suo alpinismo a Km 0, quello fatto partendo direttamente da casa a piedi e con lo zaino in spalla. Quell’alpinismo che dalle sponde del lago lo ha portato a vagabondare sui versanti più selvaggi delle Grigne, sino a scoprire le linee effimere che d’inverno compaiono sulla parete ovest della Grigna settentrionale e che conducono immancabilmente al rifugio Brioschi, arroccato sulla vetta della montagna.
Ormai è da più di un ora che camminiamo, sulla ripida traccia che risale il crinale verso lo Zucco di Tura e da lì al Sileggio ci troviamo sospesi nel sole. Alla nostra sinistra le acque del lago, increspate dal vento, si stendono come un nastro ad incastrarsi tra i monti, alla nostra destra, ammantate di neve e avvolte nell’ombra, le Grigne si offrono in tutta la loro bellezza. Sostiamo, ci sediamo nell’erba secca. Benigno, mentre racconta, osserva con attenzione le sue montagne che ci circondano e che ogni giorno vede dalla finestra di casa e dalle strade di Mandello. Le stesse montagne che lo hanno visto crescere e per le quali nutre una passione incondizionata. La stessa passione che continua ancora oggi a spingerlo verso l’alto, anche solo per camminare, esplorare e continuare a sognare.



Aveva 13 anni quando con alcuni amici ha iniziato a scalare, le prime vie di quarto e quinto  grado furono utili per prendere dimestichezza, per giocare. Poi a 16 anni è arrivato il momento di percorrere le lunghe vie dalla Medale, la grande parete che sovrasta Lecco, ormai pronto ad affrontare difficoltà di sesto e settimo grado. Dopo la scuola dell’obbligo ha iniziato subito a lavorare, ma tutto il tempo libero era dedicato alla montagna e all’arrampicata. “Abitando in questo posto eravamo sempre in giro per i boschi e eravamo sempre allenati, per noi era naturale andare in montagna e con la Grignetta qua sopra casa, tutti i fine settimana salivamo ai Pian dei Resinelli, dormivamo in qualche baita, dove ci ospitavano. Si mangiava poco ma si era sempre in giro a scalare.” I suoi occhi sorridono mentre racconta e lo sguardo si abbassa a cercare quella striscia di case schiacciate tra la riva del lago e la montagna, da dove anche oggi siamo partiti. In quegli anni di formazione la figura di riferimento, per Benigno e i suoi amici, è la guida alpina Giuseppe Alippi, meglio conosciuto come  il Det. Con lui si lega in cordata e a 18 anni percorre le impegnative vie  del Sasso Cavallo e del Sasso Carbonari. In quei primi anni ’70 sulla difficile via Oppio faranno la prima ripetizione senza bivacco, per la prima volta una cordata riesce a venire a capo di quella linea strapiombante in giornata. “A 20 anni arrampicare era come una droga, non ci bastava mai. C’era anche il lavoro, era faticoso. Alla domenica sera tornavamo stanchi morti dopo un fine settimana passato in montagna, ma al lunedì mattina, mentre entravo in fabbrica, stavo già pensando a qualche progetto per il fine settimana successivo e i giorni volavano nell’attesa che arrivasse il venerdì sera.”


Riprendiamo il cammino e ben presto calchiamo la vetta dello Zucco Sileggio, davanti a noi la parete Ovest del Grignone si mostra in tutta la sua bellezza, alcune nebbie la velano per poi dissolversi. Grandi cornici di neve si protendono nel vuoto e incombono sui canaloni che la solcano, bordati da speroni calcarei. Sono ben sei le linee d’arrampicata che salgono la parete e due sono state salite per la prima volta da Benigno. Lui ce le indica e le descrive nel dettaglio, si ricorda esattamente tutto: date, orari, difficoltà, gli amici di cordata, è una fonte inesauribile di informazioni, dettagli e aneddoti. “Vedi? Questa, anche se la in fondo c’è il lago e la sua quota è modesta, per me è una grande montagna. D’inverno tutto si trasforma e diventa impegnativo, difficile, e se parti a piedi da casa nel pieno della notte, per poi trovarti in parete alle prime luci dell’alba, è come essere al Monte Bianco.” Lo ascolto e poi gli chiedo il perché di questo amore per l’inverno e le linee di ghiaccio e neve così effimere e mutevoli, itinerari che si devono curare, conoscere e salire al momento opportuno. “Quando ho iniziato a scalare non si faceva nulla in inverno. Ci si limitava ai canali della Grignetta, alla cresta Segantini e al canalone ovest sul Grignone. Però a me l’ambiente invernale piaceva tantissimo e ho subito capito che quello era il mio alpinismo, i luoghi dove vivere delle grandi avventure. Quindi ho iniziato ad esplorare e qui c’era tutto quello che cercavo e di cui avevo bisogno.
Benigno continua a raccontare della sua vita passata tra i canali, sulle rocce e sul ghiaccio della sua montagna, mentre lo ascolto mi perdo nel guardare la parete ovest che lentamente viene scolpita dai raggi del sole che, nel primo pomeriggio, iniziano a lambirne le costole rocciose e a disegnare con minuzia le cornici e le creste di neve. Il tempo scorre lento e al termine della giornata ci lasciamo con la promessa di rivederci al più presto, per andare a fare visita alla parete e salire insieme una delle sue linee, legati alla medesima corda.

GRIGNONE – PARETE OVEST


Ieri sera Benigno mi ha chiamato: “Domani sulla Ovest le condizioni saranno perfette! Lo zero termico si abbassa e questa notte gelerà tutto. Alle 4 ti aspetto al Cainallo, vedrai che prima di mezzogiorno saremo in vetta?” Rispondo senza esitare: “Ok! Ci sarò.” È ancora buio quando arrivo al luogo dell’appuntamento, Benigno è lì che mi aspetta, un vento freddo da nord strapazza le chiome spoglie dei faggi. Un saluto, due parole e siamo già in cammino verso la Bocchetta di Prada e il rifugio Bietti. Durante l’avvicinamento con il suo aiuto ripasso la storia della parete. Per ogni via, ogni luogo, ogni anfratto, dalla sua memoria scaturiscono mille ricordi, aneddoti, immagini e storie.
Il “Canalone Ovest” è la più evidente delle linee da salire in inverno, incide il centro della parete e punta dritto ai 2410 metri della cima della Grigna Settentrionale, anche conosciuta come Grignone. Fu percorso per la prima volta nel lontano 17 ottobre 1874, in discesa da Giovanni Gavazzi, Julien Grange e Primo Ballati
Nella parte di sinistra vi sono altre tre linee che sbucano sulla Cresta di Piancaformia. All’estrema sinistra troviamo Il “Canale della Fiamma” o “Couloir Festorazzi-Galperti”, aperto da Lorenzo Festorazzi e Francesco Galperti, nei òprimi anni duemila. Poi abbiamo l’evidente “Canalone di Sinistra”, un’altra grande classica da salire con piccozze e ramponi, di cui non si conoscono i primi salitori. Incastrato tra questo e il “Canalone Ovest”, troviamo il “Couloir Zucchi”, impegnativo itinerario, caratterizzato da una dura sezione su roccia, aperto nel 1959 da Corrado Zucchi e compagni. Nella porzione di destra della parete, dove predominano gli speroni e le barre rocciose, si sviluppano i due itinerari più impegnativi, entrambi aperti da Benigno nel dicembre del 2003. “Magic Line”, aperta con Massimo Poletti il 13 Dicembre e dedicata a Sergio Gianola, è ormai diventa una grande classica per chi ama le condizioni effimere della scalata su ghiaccio sottile. Ancora più a destra “La storia infinita” è stata aperta con Lorenzo Castelli e Andrea Fasoli il 17 e 18 Dicembre 2003. Questa linea, dedicata a Marco della Santa, per le precarie sezioni di misto e roccia da salire con piccozze e ramponi, è la più impegnativa e ha richiesto anche un bivacco in parete, per attendere che il rigelo notturno garantisse le migliori condizioni di sicurezza.



Mentre ascolto le infinite storie di Benigno, lo seguo per canali e pendii nevosi, la neve è portante e la progressione veloce e sicura. Senza rendermene conto saliamo il “Canalone di sinistra”. Immerso nell’ombra della fredda parete mi godo le chiacchiere e l’incredibile panorama che si apre sotto i nostri ramponi. Il lago è una presenza incredibile e il contrasto tra le vele che scivolano sui riverberi delle acque e noi che saliamo verso il cielo, scatena  emozioni difficili da raccontare. Benigno si ferma per un attimo al mio fianco, in punta di piccozze e ramponi mi osserva e sorridendo dice: “A fare queste cose torno bambino, perché mi diverto un sacco. Queste sono le cose che ho sempre sognato da quando ho iniziato a frequentare la montagna. È bellissimo!

Pubblicato su "OROBIE" - ottobre 2014   

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