lunedì 10 febbraio 2014

FARE LA TRACCIA



Fare la traccia, la prima traccia dopo una nevicata, è una di quelle cose che non hanno prezzo, che non hanno valore, che non possono essere vendute o comperate e proprio per questo preziosissime. Non scambierei per nulla al mondo l’opportunità di fare la prima traccia dopo una nevicata. È come avere davanti un foglio bianco prima di iniziare a scrivere, una tela vergine primi di iniziare a dipingere, un blocco di marmo prima di iniziare a scolpire, ma fare la traccia non è un arte in senso stretto. Per spiegarmi meglio direi che è si un atto creativo ma che si consuma dopo il tuo passaggio e in pochissimo tempo il segno bianco nel bianco svanirà, nel groviglio di altre tracce o cancellato dalla neve, dal sole o dal vento. Non si se mi spiego con queste metafore che scomodano scrittori, pittori e scultori, scomodando concetti dove arte. eternità ed effimero si incrociano. Quindi provo a ripartire in modo più semplice, spero.
Fare la traccia, la prima traccia dopo una nevicata, mi rende felice come quando da bambino, tornato da scuola, andavo a slittare nel prato sotto casa e rientravo solo quando era già buio e i lampioni della piazza erano già accesi da tempo. Così mi sento, felice come allora.

Ora immaginatevi che la pioggia, che vedete scendere oltre i vetri di casa, poco più in alto si tramuta in neve. Immaginatevi la vostra montagna, quella vicino a casa, quella che è sempre sicura anche con metri di neve, proprio lei si sta preparando per voi. Immaginatevi di svegliarvi ancora nel buio della notte e fuori scorgere solo stelle e stelle in un cielo terso. Lo avete immaginato? Bene!
Lo zaino e la tavola sono già pronti, perché avevate avuto un presentimento. Quindi fate colazione ed è impossibile non sentire che qualcosa vi attira fuori nel freddo della notte, vi fa salire nell’auto che si avvia e risale la valle, tra le vostre montagne.
Ora basta immaginare. Apro l’auto e affondo i piedi nello strato di neve fresca, che sento crocchiare sotto le suole. Non fa particolarmente freddo e non c’è neppure vento. L’aurora è una manciata di secondi di pura magia e mi ritrovo al colle.  Un tuffo al cuore, trattengo il fiato,  c’è già un auto nel parcheggio e una traccia calcata da tre persone che risale il pendio e sparisce nel bosco.  Per un attimo penso che la prima traccia non sarà mia e mi avvio un poco mogio nel solco, ma nel bosco mi accorgo che quella traccia prosegue sulla stradina, verso le piste. Senza esitazione al primo tornante tiro dritto e sorrido nel sentire la neve fresca cedere con un gemito delicato sotto i miei sci, Mi incanto nell’osservare le spatole che affondano ritmicamente nella soffice coltre. Inizia così il gioco e già vedo il ricamo sinuoso che lascerò tra gli abeti carichi di neve, adattandomi alle pendenze e alle forme, accarezzandole con  delicatezza, evitando gli ostacoli con armonia, senza strappi e con scorrevolezza. Ad ogni inversione con la coda dell’occhio osservo il segno del mio passaggio e lo percepisco come un dialogo tra il mio incedere e la terra, un gioco di rimandi, un sommesso sussurrare. Allora me ne sto ancora più zitto e apro ancora di più i sensi, perché nessun sussurro, profumo, gusto, immagine, anche solo accennato, mi possa sfuggire. Il bosco si dirada e i panorami si spalancano davanti a me. Le forme si fanno più morbide e le traiettorie intraprese ancor più sinuose. A volte mi soffermo e osservo, e non posso fare a meno di cogliere una delicata sensualità in quelle forme e quei ricami, dove solo le tonalità infinite del bianco danno colore e profondità, in un inafferrabile gioco d’ombre. Il sole, che ha già inondato le montagne oltre il colle, inizia a lambire la tela su cui mi muovo, tutto brilla, tutto cambia, tutto si accende e tutti si spegne. Osservo in lontananza la traccia che ho lasciato laggiù, fluttuando tra gli ultimi abeti. Attendo che la luce la raggiunga e soddisfatto scorgo qualcuno sopraggiungere lungo il mio ricamo, che ora intuisco essere punto d’unione di un discreto agire e la madre terra. Riparto, davanti a me è tutto un luccichio, la neve fruscia all’avanzare degli sci e so già esattamente dove lascerò la mia traccia, quale disegno e forme avrà, per giungere sul crinale e da li alla cima. Poi mi aspetterà la discesa, ma questa è un’altra storia, un’altra traccia.


 

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