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martedì 21 aprile 2020

VAGABONDI AD ORIENTE - CERCANDO L'INCANTO

Tre giorni intensi
vagabondando tra le pieghe
delle Orobie ad oriente.


È tardi. La prima giornata è stata lunga, molto lunga. È ora di rientrare al bivacco, un guscio di legno e lamiera rossa appollaiato sulla cresta, in un luogo incredibile. Ma ancora per qualche istante ci tratteniamo sulla vetta del Monte Torsoleto. L’intera Valle Brandet, ormai avvolta nell’ombra, si stende ai nostri piedi puntando dritta verso nord e là, in fondo, oltre le scure abetaie, il borgo di Sant Antonio si prepara alla notte.
Da quel pugno di case, incastrate alla confluenza delle valli di Brandet e di Campovecchio, ci siamo incamminati alle prime luci del giorno, con passo lento e accorto, sotto il peso di zaini carichi e con gli sci a spalla. Il torrente con il suo fragore ci tiene compagnia e, dopo il primo balzo, lentamente si quieta mentre risaliamo la vallata. A fare da controcanto c’è l’allegro cinguettare degli uccelli nascosti tra le chiome degli abeti. C’è profumo di primavera. Al rifugio Brandet il comignolo fuma e si scorge una luce oltre i vetri appannati, qualcuno si sta risvegliando. Proseguiamo tra chiazze di neve, pozze d’acqua ghiacciata e morbide lettiere di aghi e di muschi. Solo a Malga Casazza la copertura nevosa si fa continua e cospicua. La valle, sagomata da antichi ghiacciai, qui ha termine in un impressionante circo su cui convergono ripide valli laterali. Tutt’attorno, come una corona, svettano cuspidi candide che catturano i primi raggi di sole, brillano. Calziamo scarponi e sci, svoltiamo a destra e risaliamo la Valle del Piccolo. Gli abeti lasciano spazio ai larici e poi pure loro si diradano ed il pendio si fa sempre più ripido. Attraversiamo cumuli di valanga che fanno una certa impressione, cercando di non perdere la traccia labile del sentiero estivo. Attraversiamo la valle e ci portiamo in zone aperte dove dossi e conche si alternano a brevi tratti più ripidi. Dall’alto guardiamo i pendii del Palone di Lizzia solcati dalle valanghe, ora procediamo più tranquilli. Il paesaggio si apre, si fa imponente e ce n’è da colmare lo sguardo sino a ubriacarsene. Non vi è traccia alcuna di precedenti passaggi e gli unici segni di vita sono le corse e i balzi dei camosci o il frullare delle ali di alcune pernici bianche all’involo. Io e Marco per tutta la salita sappiamo solo dire “Che meraviglia!” e lo ripetiamo come fossimo due dischi rotti, senza aggiungere altro. Finalmente scolliniamo nel gigantesco catino che ospita il lago di Piccolo. Di questo specchio d’acqua, che riposa sotto metri di neve, so solo che è il lago naturale più grande di tutte le Orobie. Per fortuna nessuno lo ha imbrigliato con una diga e ne ha sfruttato le acque. Marco allunga la falcata, è impaziente di arrivare. Il profilo del passo e del crinale, che sale sino al bivacco Davide e alla vetta del Monte Torsoleto, si staglia contro il blu di un cielo oltremare. Sbucati sulla cresta restiamo senza parole, ormai il repertorio per esprimere il nostro stupore è stato abbondantemente saccheggiato, non possiamo che restare in silenzio. Davanti a noi l’intero crinale che divide la Val di Scalve dalla Val Camonica e, ben allineate come tante sentinelle, si dispongono le cime calcaree delle prealpi: la cima della Bacchetta, la cima di Baione, il Cimon della Bagozza e poi giù sino al Sossino e al Pizzo Camino, infine, in lontananza, la meravigliosa bastionata della Presolana. Per noi bergamaschi quelle sono le montagne di case, le terre conosciute, ma oggi abbiamo deciso di avventuraci per terre incognite, in questo lembo di Orobie al confine tra le valli bergamasche, valtellinesi e bresciane, dove è bello vagabondare con gli sci.

Il “Bivacco Davide” è accogliente. Svuotiamo gli zaini e spaliamo la neve. Il sole è caldo. Mentre sciogliamo la neve per fare riserve d’acqua, beviamo parecchio e mangiamo qualcosa. Ci riposiamo comodamente stesi contro le lamiere del nostro rifugio. La pace, la quiete e la solitudine sono assoluti e ci godiamo tutto in un silenzio sospeso. È fine aprile e le giornate sono lunghe, nel pomeriggio decidiamo di raggiungere la vicina vetta. Mettiamo nello zaino il minimo indispensabile, sapendo già che non resisteremo al meraviglioso pendio nord che abbiamo intravisto dal fondo valle. E così accade. Una rapida occhiata ad este, all’intero massiccio dell’Adamello e alle Prealpi Bresciane, e sul filo di cresta superiamo la linea d’ombra, dando inizio ad una discesa in neve fresca e leggera. Ci godiamo ogni curva, sempre più giù, sino dove si riesce. Poi, ci tocca risalire in vetta. È ora di rientrare al bivacco. Attendiamo il tramonto mentre sul fornelletto cuoce la zuppa e dalle sacche escono leccornie di ogni tipo e un ricambio di indumenti asciutti e caldi. Basta la fiamma del fornelletto e il lume di due candele per riscaldare un poco l’ambiente. Fuori è ormai buio ed il cielo è una trapunta nera imbastita di stelle.
Al risveglio tutto è ghiacciato. Riaccendiamo il fornelletto per scaldare la colazione e ci prepariamo per il secondo giorno. Abbiamo scorte per altri quattro giorni, siamo ottimisti pur sapendo che domani o dopodomani arriverà una perturbazione molto attiva che porterà copiose nevicate in quota. Oggi, giorno di Pasqua, iniziamo con una discesa ruvida, cercando una linea probabile per gli sci, tra balze rocciose, canalini e cumuli di valanga. Ancora una volta abbiamo lasciato il certo per l’incerto. Siamo scesi direttamente alla Malga Largone. Forse era meglio passare dal rifugio Torsoleto e dalla Cima dei Matti, sicuramente era più semplice. Poi, sempre con calma, abbiamo dato il via ad un lungo vagabondaggio sul limitare delle tre provincie: Brescia, Bergamo e Sondrio, le cui terre convergono e s’incontrano sulla bella piramide del Venerocolo. Quattro sono state le salite che poi si sono susseguite. Abbiamo assaporato ogni passo, ogni respiro, ci siamo incantati davanti ad ogni panorama, cogliendo anche i più insignificanti dettagli. Larici solitari si spingono alle quote più alte, a volte mi fermo e li osservo. I rami si flettono mossi dal vento, le gemme sono gonfie e pronte a cogliere il giusto attimo per dischiudersi. Sento pulsare la vita e riprendo il cammino. Dalla cupola ampia del monte Largone ci attende una discesa su velluto perfetto sino alle malghe di Sellero e di Sellerino. Poi, oltre il passo di Venerocolo, il sole ha lavorato leggermente la neve e qui disegniamo curve ampie e sinuose su di un “firn” perfetto, sino ai laghi sotto il passo di Venerocolino. Sulla salita al passo Demignone inizio ad accusare un poco di fatica che scordo immediatamente quando mi affaccio sull’impressionante vallone che scende a nord. Marco mi sta aspettando e freme per dare inizio alla discesa. Mi piace la compagnia di Marco, c’è intesa. Quando serve si viaggia vicini, ci si aiuta e sostiene, altrimenti ciascuno segue il suo passo i suoi ritmi, però senza mai perderci di vista, e ai cambi pelle ci si attende sempre per fare il punto e decidere insieme dove procedere. Nulla è scontato, ne siamo consapevoli e sappiamo che la nostra sicurezza e la riuscita del viaggio risiede nel lavoro di squadra. Ora c’è una valle solitaria, dalla neve intonsa e leggera, che attende di essere ricamata dai nostri sci. Insieme decidiamo dove saltare la cornice ed entrare sul pendio. Partiamo, mentre uno scende l’altro lo tiene d’occhio. Dove il pendio si fa più ampio e meno ripido si scende insieme. A malga Demignone ci concediamo una lunga pausa per riposarci, bere e mangiare qualcosa. Quindi, con il giusto ritmo e una buona crema abbronzante, spalmata ovunque, ci avviamo verso l'ultima salita. La lunga dorsale che sale dal passo di Belviso verso le creste che uniscono il monte Gleno al Trobe e allo Strinato, sino all’ampia sella del passo di Pila Grasso, si insinua netta e severa dentro il cielo, alla nostra destra. Da lì vorremmo passare domani, per andare a pernottare al rifugio Curò e proseguire oltre verso i 3000 delle Orobie. Purtroppo gli aggiornamenti meteo confermano l’arrivo della perturbazione ma noi continuiamo a sperare e rimandiamo la decisione a domani. Il sole è caldo ed il ripido pendio finale che ci conduce al passo del Vernano, ci fa sudare non poco. Ecco, ancora due inversioni e scolliniamo sull’ampia sella dove, poco più in basso, sorge il rifugio Tagliaferri, affacciato sul versante scalvino. Ci voltiamo ancora una volta verso il versante valtellinese, il tempo è bello, sembra impossibile che possa arrivare una perturbazione. La Val Belviso si stende sotto di noi e verdi foreste d’abete fanno da cornice all’immenso specchio d’acqua. Davanti a noi si mostra un altro lago da record, il lago del Belviso è l’invaso artificiale più grande di tutte le Orobie. Scendiamo al rifugio, il luogo è austero il paesaggio che lo circonda non è da meno. Spaliamo la neve per potere entrare nel locale invernale. È pulito e dotato del solo materiale per dormire, sul tavolo all’ingresso attrezziamo il nostro angolo cucina ed iniziamo a sciogliere neve sul fornelletto. Ben presto il rifugio va in ombra e il termometro precipita velocemente sotto lo zero. Si mangia e si chiacchiera, riusciamo pure a chiamare casa per dire che è tutto ok e per avere conferma delle previsioni meteo. Sopraggiunge la notte, usciamo per un ultimo sguardo che si perde in un cielo limpido e stellato. Questi momenti mi incantano, si chiude un’altra giornata solitaria in cui tutto è ridotto all’essenziale e la mente può vagare liberamente. È ora di andare a dormire.
Pasquetta. Un'alba livida ci accoglie al risveglio. Purtroppo le previsioni meteo ci hanno azzeccato. Oggi potrebbe anche andare di lusso ma domani arriverà una perturbazione molto attiva. Come avevamo paventato si cambia programma. Invece di proseguire verso le valli bergamasche, vagabonderemo ancora ad Oriente. Pochi passi ci conducono dal rifugio Tagliaferri al passo del Vernano. Che meraviglia, iniziare la giornata con una discesa. Oltre il crinale, che ci chiude la vista, c'è una montagna dalle forme eleganti, una piramide che svetta su queste terre, il Monte Telenek. Da lì si accede ad un luogo mitico per gli scialpinisti della mia generazione, il vallone delle Rose. Noi ci dirigiamo là. Velature più o meno consistenti si alternano a qualche schiarita, ma i cieli azzurri dei giorni scorsi sono solo un ricordo. Baite Radici di Campo, Malga di Campo, lago di Pisa, attraversiamo nuove valli e nuovi luoghi verso la nostra meta ed infine eccoci sul monte Nembra, di fronte alla piramide del Telenek. Il Vallone delle Rose è lì, che ci attende. Al suo termine la valle di Campovecchio promette una lunga ed infinita passeggiata. Ed infine si torna, con lo zaino colmo di emozioni, di esperienze e di nuove storie. Mentre gli occhi riposano nel verde le case di Sant'Antonio si avvicinano. E con l’amico Marco stiamo già fantasticando e progettando un nuovo vagabondaggio.

Articolo pubblicato su OROBIE Marzo 2020

giovedì 5 marzo 2020

Le traversie de LE TRAVERSIADI

Le traversiadi. Cinque viaggi (più uno) con gli sci al limite delle Orobie.
Un film di Maurizio Panseri e Alberto Valtellina
con la musica di Alessandro Adelio Rossi (2020, 77′)


Dopo le anteprime
del  6 dicembre a Nembro e del 14 dicembre a San Pellegrino
Dopo il sold-out del 14 gennaio all'AUDITORIUM DI PIAZZA LIBERTA' A BERGAMO e la replica del 17 febbraio

Dopo le prime uscite dalla terra Orobica
PADOVA  CINEMA ESPERIAGENOVA  CINECLUB NICKELODEON, MORBEGNO  (SO) - CINEMA IRIS, SCANDIANO (RE) – CINEMA BOIARDO

LE TRAVERSIADI sospendono la loro traversata.
Ma noi, cauti e fiduciosi, abbiamo riprogrammato alcuni appuntamenti.

ECCO LE DATE IN CARTELLONE

18 marzo 2020, mercoledì ore 21,30 – MILANO – CINEMA BELTRADE, via Nino Oxilia, 10

19 marzo 2020, giovedì ore 21 - MEZZAGO (MB) - BLOOMCINEMA, via Curiel, 39

28 marzo 2020, sabato ore 21,00 – CHIESA DI VALMALENCO – CINEMA TEATRO BERNINA, piazza Santuario degli Alpini

1 aprile 2020, mercoledì ore 21,15 – MANTOVA – CINEMA DEL CARBONE, via Gugliemo Oberdan, 11


23 marzo 2020, lunedì ore 21,30 – PRATO – TERMINALECINEMA CASA DEL CINEMA DI PRATO, via Carbonaia, 31

22 maggio 2020, lunedì ore 21,00 – VARESE – FILMSTUDIO 90, via C. De Cristoforis, 5

data da ridefinire - DARFO BOARIO TERME (BS) - GARDEN MULTIVISION, piazza Medaglie d'Oro, 2

altre date in via di definizione

NON MANCATE!
POTREBBERO PIACERVI.


Sulla Pagina di Alberto Valtellina (coregista seduto a sinistra - per chi guarda) trovate il trailer e altre clip

venerdì 24 gennaio 2020

LE TRAVERSIADI - A ciascuno la sua ... locandina.

E non diteci che non ve l'avevamo detto.
Abbiamo pure preparato una locandina per ogni appuntamento.

PADOVA - GENOVA - MORBEGNO - BERGAMO - SCANDIANO - MEZZAGO - DARFO - MANTOVA - CHIESA DI VALMALENCO - MILANO - PRATO

Scaricatela e spammatela senza ritegno, ne vale la pena.
















martedì 21 gennaio 2020

LE TRAVERSIADI - In tournée

Le traversiadi. Cinque viaggi (più uno) con gli sci al limite delle Orobie.
Un film di Maurizio Panseri e Alberto Valtellina
con la musica di Alessandro Adelio Rossi (2020, 77′)



Dopo le anteprime
del  6 dicembre a Nembro e del 14 dicembre a San Pellegrino
Dopo il sold-out del 14 gennaio 
all'AUDITORIUM DI PIAZZA LIBERTA' A BERGAMO

Dopo le prime due uscite dalla terra Orobica il

29 gennaio 2020, mercoledì ore 21 – PADOVACINEMA ESPERIA, via Chiesanuova, 90

30 gennaio 2020, giovedì ore 21,00 – GENOVACINECLUB NICKELODEON, via della Consolazione, 1

LE TRAVERSIADI continuano la tournée

ECCO LE DATE IN CARTELLONE


14 febbraio 2020, venerdì ore 21 – MORBEGNO  (SO) - CINEMA IRIS, via Ambrosetti Tommaso, 27

17 febbraio 2020, lunedì ore 21,00 – BERGAMOAUDITORIUM di Piazza Libertà

19 febbraio 2020, mercoledì ore 21 – SCANDIANO (RE) – CINEMA BOIARDO, viale XXV Aprile, 3

27 febbraio 2020, giovedì ore 21 - MEZZAGO (MB) - BLOOMCINEMA, via Curiel, 39

27 febbraio 2020, giovedì ore 21 - DARFO BOARIO TERME (BS) - GARDEN MULTIVISION, piazza Medaglie d'Oro, 2


4 marzo 2020, mercoledì ore 21,15 – MANTOVACINEMA DEL CARBONE, via Gugliemo Oberdan, 11


7 marzo 2020, sabato ore 21,00 – CHIESA DI VALMALENCO – CINEMA TEATRO BERNINA, piazza Santuario degli Alpini

18 marzo 2020, mercoledì ore 21,30 – MILANO – CINEMA BELTRADE, via Nino Oxilia, 10

23 marzo 2020, lunedì ore 21,30 – PRATOTERMINALECINEMA CASA DEL CINEMA DI PRATO, via Carbonaia, 31

altre date in via di definizione

LE TRAVERSIADI CI SARANNO
NOI POTREMMO ESSERCI
E VOI?
NON MANCATE!
POTREBBERO PIACERVI.




Sulla Pagina di Alberto Valtellina (coregista seduto a sinistra - per chi guarda) trovate il trailer e altre clip

Sinossi
La traversata delle Orobie con gli sci, dal lago di Como a Carona di Valtellina, è stata percorsa per quattro volte dal 1971: 180 chilometri e 15.000 metri di dislivello in una settimana. Nella regione italiana più antropizzata, a pochi chilometri dalle sedi della logistica, dai capannoni industriali, dagli apericena, si scoprono luoghi selvaggi, meravigliosi e solitari. Maurizio Panseri e Marco Cardullo nella primavera 2018 percorrono e filmano l’itinerario per la quinta volta. Il film Le traversiadi è un viaggio fra le montagne e nella storia dell’alpinismo: Maurizio e Alberto vanno alla ricerca degli ideatori della traversata, nelle valli bergamasche e in Francia… Le traversiadi è girato nel classico formato 2,39:1, Cinemascope, perché se è vero che il Cinemascope è nato per riprendere i serpenti, come dice Fritz Lang, ne Il disprezzo di Jean-Luc Godard, pensiamo vada benone anche per riprendere gli sci.
Traversings. Five trips (plus one) with skis on the limit of the Orobie.
A film by Maurizio Panseri and Alberto Valtellina with the music of Alessandro Adelio Rossi (2019, 77 ‘).
Synopsis
The crossing of the Orobie Alps with skis, from Lake Como to Carona di Valtellina, has been traveled four times since 1971: 180 kilometers and 15,000 meters in altitude in a week. In the most populated Italian region, a few kilometers from the logistics headquarters, from the industrial sheds, from the aperitifs, you discover wild, wonderful and solitary places. Maurizio Panseri and Marco Cardullo in spring 2018 travel and film the itinerary for the fifth time. The film Traversiadi is a journey through the mountains and in the history of mountaineering: Maurizio and Alberto go in search of the originators of the crossing, in the Bergamo valleys and in France … Le traversiadi is shot in the classic format 2.39: 1, Cinemascope, because if it is true that the Cinemascope was born to shot snakes, as Fritz Lang says, in Le Mepris by Jean-Luc Godard, we think it is fine also to shot skis.

venerdì 24 maggio 2019

#letraversiadi #sisifofelice - Diario di produzione 11 - la sesta traversata

18 marzo
Oggi sento Geko per fissare un incontro con lui e due testimoni indiretti della prima traversata delle Orobie del lontano 1971. Con questi due ultimi contributi a breve Alberto Valtellina ed io chiudiamo la produzione del film dedicato alla traversata delle Orobie, che abbiamo percorso lo scorso inverno, e alla sua storia. E a margine della telefonata Geko mi chiede se sono a conoscenza di una giovane guida lecchese che ha iniziato la Traversata. Non ne so nulla ma una veloce ricerca nella rete mi fa approdare sulla pagina di Massimiliano Gerosa e scopro che con alcuni suoi amici è già al terzo giorno di questo viaggio attraverso le montagne di casa. Quindi, per quando mi riguarda, lo seguirò in questa sua avventura. In bocca al lupo Massimiliano, a te e ai tuoi amici. 
Buon viaggio.
Maurizio


Ecco a cosa servono i social. Da quando ho scoperto questo progetto della Scuola Nazionale di Scialpinismo CAI Lecco ed ho saputo che un gruppetto di scialpinisti erano in azione lungo la traversata scialpinistica delle Orobie, non passa giorno che non cerchi loro informazioni nei social. E quando le trovo sono felice nel vedere che la loro avventura procede per il meglio. Guardo le foto, leggo le scarne e appassionate parole e mi trovo catapultato ad un anno fa, quando con Marco ho percorso l'intera traversata. Riconosco i luoghi e mi sembra di essere ancora li, tra i miei monti, sugli sci. E il desiderio di tornarci è incontenibile. Ora loro sono al rifugio Mambretti e li attende lo scavalcamento dei Giganti delle Orobie, il tratto più selvaggio e impegnativo di questo lungo viaggio.
In bocca al lupo, la meteo è buona e non vi manca la determinazione.

foto  di Massimilianno Gerosa

È stato un piacere incontrarvi. Buona continuazione. E ci vedremo per un brindisi.
Ps - per la cronaca: nelle cinque edizioni dal 71 allo scorso anno non ha mai partecipato una ragazza, complimenti soprattutto a lei.


Erano partiti da Gerola e dalla classica vetta del Pizzo dei Tre Signori, oggi con il Monte Nembra e la discesa verso l'Aprica, portano a termine la loro traversata sci alpinistica delle Orobie. Una gran bella traversata per festeggiare i 50 anni della Scuola Nazionale di Scialpinismo CAI Lecco. Dopo 10 giorni, 12.700 m. D+ e 170 km di sviluppo, è giunta al termine l'avventura di Massimiliano GerosaStefano Bolis, Jacopo Gregori e Silvia Favaro. 
Complimenti ragazzi.

#sisifofelice #letraversiadi - Diario di produzione 10 - La traversée au contrarie


Sabato 27 Aprile, ore 10:21- Rifugio Scarafiotti
Che ci faccio un questa valle di confine, tra questi monti a me sconosciuti?
Ieri sera ho imboccato la prima deviazione dopo il tunnel del Frejus e sono salito sin dove la strada, stretta e tortuosa, ha termine. Rochemolles è il nome di questo pugno di case in pietra, un borgo incastonato tra le acque impetuose del torrente e un fazzoletto di terra che si ritaglia spazio vitale tra ripide e austere pareti. Una veloce ricerca in rete mi dice che da lì parte una classica scialpinistica, la gita conduce al Grand Sommeiller.
Ma che c'entra tutto questo con "Le traversiadi"? C'entra, tutto c'entra quando si tratta di "attraversare" luoghi, storie ed emozioni.
Ieri, con Alberto, sono andato a Chambery per conoscere François Renard e raccogliere la sua storia, quella della sua traversata delle Orobie al contrario: da Paisco Loveno ad Esino Lario.
Se io ero sulle tracce di Franco Maestrini ed Angelo Gherardi, la sua traversata, compiuta in due riprese nel 2011 e 2013, è stata ispirata da un articolo del '76 pubblicato sulla rivista del CAF a firma di Jean Paul Zuanon.
Ieri, quindi, grazie all'incontro con François, abbiamo terminato di raccogliere le testimonianze che ricomporremo per raccontare in un film le cinque (+una) traversate e percorrere 50 anni di storia dello scialpinismo Orobico.
Un anno è già passato da quando Marco ed io abbiamo portato a termine la nostra traversata e, solo alla fine della nostra avventura, ho scoperto della traversata di François.
In questo anno con Alberto abbiamo incontrato molte persone e raccolto le loro testimonianze e storie e documenti e materiali. Non vi dico dell'emozione di sfogliare i diari di Angelo Gherardi o di leggere il diario della traversata del 74 di Jean Paul Zuanon, e che dire delle lettere di Zuanon a Gherardi. Vi lascio poi immaginare la sorpresa quando Giuliano ci ha mostrato la pellicola del film "Passo dopo passo", che documenta la traversata del 1980 in cui Franco Maestrini torna sulle sue tracce dopo 19 anni. È stato difficile condensare tutto questo in circa 80 minuti, ma abbiamo raccolto la sfida e ci abbiamo provato ed ormai siamo in chiusura.
Ed ora cosa posso fare?
Non mi resta che godermi tutta questa neve di confine e la lunga camminata che mi attende per rientrare a Rochemolles con gli sci sullo zaino.
Merci beaucoup monsieur Renard.
A bientot.
 — presso Rifugio Scarfiotti Bardonecchia.

domenica 30 dicembre 2018

ATTRAVERSARE

Dal sacco piuma mi affaccio sul mondo, la notte è stellata. Con fragore le acque del torrente si riversano nel lago, un riverbero sonoro si propaga nel buio trapunto di richiami, fischi e trilli. Il profumo di resina e di terra zuppa, giunge pungente alle narici. L’odore acre della fatica e dell’adrenalina, restituito dal corpo e dai vestiti, persiste a testimoniare il cammino e le tortuose geografie percorse. Osservo, ascolto, annuso. La neve si scioglie, la natura si risveglia. La primavera avanza prepotente come il giorno che sarà.

Notte di luna e di stelle al lago di Scais
Il tavolo di legno su cui sono steso è duro, oltre il nero profilo degli abeti il cielo è blu profondo, vi immergo lo sguardo e libero i pensieri. Mi concentro sul respiro, lo prendo e lo porto a spasso per il corpo. Risveglio i dolori e gli indolenzimenti che si annidano tra carne, articolazioni ed ossa. Con pazienza cerco di sciogliere le tensioni ma nulla accade. Dopo cinque giorni non posso pretendere di svegliarmi riposato e tonico.
Abbiamo seguito una linea immaginaria attraverso le Orobie, sulle tracce di Franco Maestrini e Angelo Gherardi. I due pionieri dello scialpinismo bergamasco le attraversarono per la prima volta nel 1971. Nella neve abbiamo disegnato il nostro sentiero, una cucitura sinuosa ed effimera a ricamare il candore che veste i monti di casa. Ieri, dopo quattordici ore sugli sci, siamo arrivati spossati sulle sponde del lago di Scais.
Oggi non mi preoccupa la stanchezza ma una sottile angoscia, una lama tagliente tra i pensieri. Cerco di scansarla ma è tutto inutile. È un’inquietudine profonda che fatico a contenere, allora provo a decifrarla. Metto a fuoco le immagini che mi hanno tormentato nel dormiveglia: la lunga scivolata sul pendio ghiacciato, l’ancoraggio della doppia che salta, il versante che collassa in una valanga e mi travolge. Scenari angoscianti misti a brandelli di sonno, ogni azione si trasforma in incubo e volge in tragedia. Rivedo ogni minimo dettaglio, risento i suoni e le voci, tutto è bianco e dopo c’è solo nero e silenzio. Ora sono sveglio. Ricompongo gli incubi in una cornice coerente, ne prendo le distanze. Solo così posso dare un nome alle mie paure, guardarle in faccia e conviverci. L’imprevisto è sempre dietro l’angolo ma se resto consapevole delle mie scelte e sempre disposto a rinunciare, allora sarò in grado di affrontarlo lucidamente.
Oggi ci attende la tappa più impegnativa. Sino qui la vecchia carta con le tracce scialpinistiche di Beniamino Sugliani ci ha indicato la strada. Ora, per superare la corona dei tremila orobici, purtroppo non ci fornisce alcuna informazione. Non ci resta che seguire le scarne indicazioni raccolte dal diario e dal film che documentano rispettivamente le traversate del ‘74 e del ‘80.

Il rifugio Mambretti e le creste dentellate dei 3000 orobici.
Ci alziamo e controvoglia infiliamo i piedi negli scarponi freddi e bagnati. Gli zaini sono pronti, un ultimo sorso di caffè e partiamo. Nessuno parla, ognuno è chiuso nei suoi pensieri. Al rifugio Mambretti lo sguardo percorre l’intero versante nord che incombe tetro sulla vedretta di Porola. Tutto appare ripido e inaccessibile. Le paure riaffiorano, ma io so che si passa. Fra poco, con la prima luce, il percorso apparirà evidente. Non c’è motivo per preoccuparsi, ma dentro di me la parte razionale continua ad azzuffarsi con i miei fantasmi. Mi aggrappo al rumore metallico dei rampanti che mordono la neve, passo dopo passo con un ritmo che tiene compagnia e infonde sicurezza. Gli amici mi staccano, li osservo, sagome in controluce. Folate gelide spazzano il pendio di neve ghiacciata. Il sole si alza sopra i vapori che si dissolvono lungo le creste. Lame radenti di luce riverberano sulla superficie scintillante. Con attenzione continuo a salire, passo dopo passo, curva dopo curva, sino a ricongiungermi agli amici. La bocchetta del Pizzo Porola è poco distante, solo un colatoio di ghiaccio ci separa da quel luogo dove si deciderà la riuscita della traversata. Un intaglio di pochi metri quadrati incastrato tra le rocce: terra incognita, non solo disegno geografico sulla mappa ma, soprattutto, luogo interiore in grado di condizionare il mio sentire e risvegliare paure viscerali.

Alla bocchetta di Porola: terra incognita.
Calziamo i ramponi e saliamo. Il vento è forte, fa un freddo fottuto come mai è stato nei giorni precedenti. Marco giunge alla bocchetta, si volta con un segno di assenso. Arrivo subito dopo. Mi affaccio, il canale è ripido e si perde tra le nebbie. Dovremo prestare attenzione. Si passa. Tutte le preoccupazioni ed i dubbi che mi hanno accompagnato in questi sei giorni, le paure ed i timori che mi han fatto visita nella notte si stemperano. Sorrisi e strette di mano, poi i primi passi in discesa per trovare il posto giusto dove calzare gli sci, infine la sciata liberatoria in cui si sciolgono le ultime tensioni. Ancora parecchia è la strada da fare. Sulla vedretta del Lupo, dopo un ultimo sguardo alla parete discesa, con una rinnovata leggerezza riprendiamo il cammino.

Il Pizzo Porola e il canale di discesa.


giovedì 27 dicembre 2018

sisifofelice e #letraversiadi - Diario di produzione 9 - Sulle tracce di Franco e Angelo.


“SULLE OROBIE COME I PIONIERI – La traversata da Varenna a Carona di Valtellina compiuta da Marco Cardullo e Maurizio Panseri nel ricordo di due grandi scialpinisti, Angelo Gherardi e Franco Maestrini. Il diario di sette giorni sulla neve per reinterpretare l’impresa del 1971 tra imprevisti, emozione e meraviglia.”


Così titola e si apre l’articolo che potete leggere sulla rivista OROBIE di Gennaio, in cui la redazione ha sapientemente fuso immagini, grafica e parole.
Buona lettura.
Nel frattempo Alberto ed io continuiamo a raccogliere testimonianze e costruire il film che sarà: LE TRAVERSIADI.
Questa sera mentre sfoglio OROBIE, cerco di fare ordine in una parte del materiale raccolto. Voglio mettere a fuoco alcuni aspetti perchè domani con Alberto si procede con il montaggio.
Apro e chiudo i file contenenti tutti gli appunti e la trascrizione del mio diario. Rileggo qua e là e mi soffermo su una frase, siamo all'alba del terzo giorno “Ecco, prende forma un’altra certezza. La meraviglia che ci travolge in questi istanti, sono certo, è la medesima che han provato loro. Così come amo pensare che sia medesima la passione che ci spinge a vivere dell’essenziale pur di potere godere di questi monti e compiere l’intera traversata. E me li immagino gli occhi di Angelo, di Franco, di Giuliano e di Jean Paul nel momento in cui vi si riflette il primo raggio del sole nascente. E un poco mi commuovo. Angelo e Franco ci hanno lasciati, Angelo non l’ho nemmeno conosciuto, ma è come se loro fossero lì all’inizio di ogni nuovo giorno e, a volte, mi pare ancora di risentire la voce del Maestrini che mi esorta e mi dice: Dai Panseri! Prima o poi, qualcuno dovrà farla questa traversata! È Bellissima, cosa aspetti.