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martedì 20 settembre 2022

#roccia - Crozzon di Brenta - Via delle Guide


Epilogo

Le mani stringono l’impugnatura bassa del manubrio, il corpo è raccolto per meglio sfruttare la scia. Lo sguardo è fisso sulla ruota che gira davanti alla mia. Mantengo la distanza tra le due: 10, 20 centimetri. L’asfalto si sgrana e scorre come una pellicola, fuggendo dietro di noi. Inizio ad essere un poco stanchino ed accusare il colpo di questa quattro giorni. Abbiamo appena attraversato Brescia e avviso Ale che, a questo ritmo, sarà dura che riesca a dargli il cambio. Lui mi dice che non ci sono problemi, che sta bene e di non preoccuparmi. Abbasso il capo e mi concentro sul ritmo della pedalata. Lo spazio ed il mondo si restringe attorno a me a quella striscia che scorre sotto e a fianco delle mie ruote. Mi concentro su questo nastro, lo osservo. Il tempo scorre, a volte ho la sensazione di essere un osservatore esterno. La traiettoria lambisce continuamente la linea bianca sul bordo strada, a sinistra non vi è altro che catrame e bitume con il correre veloce delle auto, a destra la banchina offre un “paesaggio” più vario ed interessante. L’asfalto, di diversa grana e tessitura, a volte è contenuto da un cordolo, oltre c’è un marciapiede, più spesso si smargina e cede spazio alla ghiaia, alla terra, alla sporcizia e, per fortuna, al verde e alle rogge delle campagne. Pedalare sul margine, sulla striscia bianca e sentire l’erba che sfiora il piede, la caviglia e il polpaccio mi piace e ancora di più quando l’intreccio vegetale degrada e si fonde nelle trasparenze delle acque vive di un fosso. E non penso alla strada da fare, ci provo, ma ripenso a quella fatta e a cosa mi ha donato sinora questo nostro viaggiare.


Prologo
Abbiamo allargato il raggio d'azione ed è così che alla modalità Bike&Climb si è aggiunta &Train. Quattro giorni fa, dopo tre agili cambi e sei ore abbondanti di tutu-tutum tutu-tutum, iniziate alla stazione ferroviaria di Bergamo, in compagnia dei pendolari bergamaschi, e finite tra i vacanzieri diretti in val di Sole, finalmente iniziamo a pedalare ed è subito salita. La strada ci accoglie, il paesaggio dolomitico del Brenta lentamente emerge sopra le chiome degli abeti e piano piano si definisce nella sua bellezza ed imponenza. Le biciclette sono cariche di tutto il necessario e giunti a Vallesinella, oltre Madonna di Campiglio, dove termina l’asfalto, le scarichiamo e le leghiamo ad un palo. Tutto il materiale finisce negli zaini e ci incamminiamo verso il rifugio Brentei al cospetto del Crozzon di Brenta. Domani, sulla sua parete nord-est, vogliamo salire la Via delle Guide. La notte in rifugio passa veloce e pure l’avvicinamento al buio, con il levar del sole iniziamo a scalare. Siamo soli in parete. Nel tardo pomeriggio prevedono possibili temporali. La linea è stupenda e la roccia favolosa. Più si sale e più l’esposizione si fa sentire. Mi godo il vuoto che si prende tutto lo spazio attorno a noi e penso a Bruno Detassis e Enrico Giordani che, nell’agosto del 1935, in giornata, hanno esplorato questa terra incognita e creato un capolavoro d’intuizione e di logica. Senza fretta, anche perché più veloci di così non andiamo, saliamo alternandoci al comando. Sono le 17 quando calchiamo l’immenso plateaux sommitale e apriamo la porticina del bivacco Castiglioni. Le nebbie ci avvolgono stringendo e allargando il loro abbraccio sui monti. Il brontolare dei tuoni ci giunge da ovest, dove i temporali stanno scaricando la loro energia sul massiccio dell’Adamello. Non è il caso di continuare nella traversata delle sei cime che ci porterebbe sulla Cima Tosa, il tempo è incerto e il cammino ancora lungo. Decidiamo di passare la notte nell’accogliente bivacco. Tre barrette ed un poco d’acqua saranno la nostra cena e colazione. Prima che sopraggiunga il buio ci ripariamo nel rifugio di legno e latta. E inizia a piovere. Il concerto dell’acqua e della grandine che batte sulle lamiere del ricovero, punteggiato dal rimbombare cupo dei tuoni, ci accompagna nel sonno. Alle prime luci, sotto un cielo plumbeo, iniziamo la traversata e tre ore dopo, accolti da una pioggia mista a nevischio, salutiamo la madonnina della Tosa e iniziamo la lunga discesa che ci riporterà alle nostre biciclette.
Ed ora continuo a pedalare fendendo l’aria calda e umida della pianura. I profili dei monti di Bergamo si avvicinano. Eccoli! Il Misma e il Canto Alto dominano le morbide forme dei colli di Scanzo e della città. Sento l’aria di casa, anche se con la mente sono ancora in viaggio, sospeso tra le vertiginose architetture di pietra forgiate nella terra dal tempo. E questo leggero viaggiare ci lascerà un intenso retrogusto sul palato che assaporeremo a lungo nei giorni, nei mesi e nel tempo che verrà.




















giovedì 1 settembre 2022

#roccia – G.M. e ritorno in Alben

Non è passata nemmeno una settimana e mi ritrovo nuovamente a scalare in Alben, sulla parete nord-ovest della Cima della Croce. L’idea era di tornarci da solo per salire la linea che avevo visto, immediatamente a sinistra, durante la salita solitaria di "Gigante Buono". In settimana ho reperito alcune info in rete e la relazione dei primi salitori grazie a Dario Eynard. All’ultimo momento Cardu si libera e allora ci si va insieme ma in bicicletta. La giornata è stupenda e ci godiamo il nascere del nuovo giorno mentre pedaliamo lungo il fiume e imbocchiamo la Val del Riso. La salita, una tra le più belle salite su strada delle nostre valli bergamasche, è lunga e ce la guadagniamo pedalata dopo pedalata. Prima di Oneta ci affianca un’auto ed una voce conosciuta esclama “Non ci posso credere!”. Ennio Spiranelli ci supera e si ferma a bordo strada, scambiamo due chiacchiere e ci facciamo due risate, ci salutiamo. Lui con Andrea Spiranelli e Davide Poloni vanno in Arera a fare qualche tiro di corda sulla nord. La salita prosegue senza altri incontri e ci gustiamo l’arrivo al colle di Zambla, con una fetta di torta ed un cappuccino, e quindi ci dirigiamo nella Conca d’Alben. Cambio assetto e siamo già in cammino sul ripido sentiero che conduce alla base della parete. Eccoci all’attacco, ci prepariamo, si parte. La roccia è bella e la chiodatura è buona, lunghezza dopo lunghezza, in una successione di muri, diedri e fessure, intervallate da cenge e brevi raccordi in canali erbosi, prendiamo quota. Le soste sono comode e a prova di bomba, insomma ce la godiamo sino all’ultima lunghezza da dove decidiamo di non proseguire in cresta sino alla cima ma di scendere in doppia. Certo manca l’esposizione come per tutte le altre vie della parete ma, come per “Gigante Buono” e “Gocce di Rugiada”, anche questa salita merita di essere ripetuta e visto lo sviluppo modesto può anche essere concatenata ad una delle altre due. Le difficoltà sono contenute massimo al 6a e alcuni passi in A0 sulla penultima lunghezza, che è strachiodata e senza patemi d’animo permette anche di provare i passaggi in libera, con un paio di movimenti che non superano il 6c. Sfilata l’ultima doppia, proviamo anche le due lunghezze poste sulla destra dell’attacco e che costituiscono una variante di partenza decisamente più dura e ben chiodata. Il rientro come al solito corre via che è un piacere, le biciclette cariche sfrecciano sulla discesa di Zambla sino in fondo valle, poi la ciclabile garantisce sempre una pedalata rilassante. Ad Alzano saluto Marco e mi avvio verso casa, come al solito passo sotto il murales che raffigura la Madonna d'Alzano, un capolavoro del 1485, opera del Bellini ed esposto all'Accademia Carrara. E, come sempre, affronto “allegramente” la salita al mio paesello d’Olera.














Un grazie agli apritori Giuseppe Carlessi e Matteo Carlessi, e complimenti per la bella via.
Di seguito la relazione.

Gocce di rugiada (verde) - G.M. (rosso) - Gigante buono (giallo)


G.M. – Papà Giuseppe e figlio Matteo (traccia rossa nella foto)
Giuseppe Carlessi, Matteo Carlessi, 08 ottobre 2017
240 m (8L)
6c (6a obbl)/S2/II, 3h00’
Note: linea moderna e di stampo “plasir” con il sesto tiro decisamente più impegnativo degli altri ma superchiodato e quindi con difficoltà non obbligate. Via completamente attrezzata a fix, soste comprese, che combina una serie di pilastri e placche dalla roccia sana e ben lavorata. Presenta una variante iniziale di due tiri decisamente più impegnativa.
Materiale: due corde da 60 m, 10 rinvii, cordini, possono essere utili ma non indispensabili alcuni friend medi.
Attacco: sulla destra di una placca grigia solcata da una fessura diagonale, targhetta alla base.
Relazione:
L1: 25m 5b. Salire il bordo destro della placca e poi per fessura verso sinistra giunti a un terrazzino si risale un diedro fino alla sosta (6 fix).
L2: 20m 5b. Vincere il muro verticale alla sinistra della sosta, per spostarsi poi a sinistra su un terrazzino erboso alla base di un diedro-camino (presente una carratteristica clessidra senza cordone che buca il pilastro). Oltre il diedro si sosta (5 fix).
L1 var: 25m 6c ?. Dalla targa della via salire verso sinistra la parete verticale, leggermente strapiombante.
L2 var: 25m 6b. Dalla sosta proseguire in verticale fino a congiungersi alla seconda sosta della via.
L3: 40m 5c. Dalla sosta spostarsi a destra a prendere il canalino erboso, che sale verso sinistra. Dopo 10 mt. Salire una parete incisa da una bellissima fessura e salire in verticale su rocce più articolate. Superate due clessidre con cordone, traversare a sinistra, fino alla sosta, che si trova sulla destra di una parete gialla strapiombante (7 fix, 2 clessidre cordonate).
L4: 25m 6a. Dalla sosta spostarsi a sinistra alla base di uno strapiombino. Vincerlo con un allungo un po’ delicato, per prendere delle buone prese e uscire lungo una lama sulla sinistra. Salire poi il bellissimo diedro atletico (7 fix).
L5: 20m 5b. Salire la successiva placca con belle maniglie e le balze erbose successive (2 fix).
L6: 60m 2. Tiro di collegamento. Salire il canale sulla destra. Superare una sosta intermedia (punto d’incrocio con la via “Aubea”) e proseguire sino alla base della parete del tiro chiave (2 fix).
L7: 30m 6c (5a A0). Seguire i numerosi spit prima sulla verticale della sosta e poi verso destra e che permettono di azzerare le difficoltà. Oltrepassare lo spigolo oltre il quale si trova la sosta (13 fix).
L8: 20m 5a. salire la parete in verticale fino alla sosta della via “Gigante buono” in prossimità della cresta prima di un mugo (2 fix).
Discesa: è possibile scendere in doppia anche sfruttando le soste della via “Gigante buono”; opzione da seguire solo se non vi è nessuno impegnato in parete. Si consiglia di proseguire in cresta sino alla vetta e scendere dal sentiero.

venerdì 18 febbraio 2022

#labiciclettaeilbadile - e il rastrello



Se American Gothic di Grant Wood era la copertina perfetta per l'antologia di Spoon River di Edgar Lee Master, questa poteva essere la locandina perfetta per il film "La bicicletta e il Badile", ma poi con la produzione - Produzioni Alberto Valtellina - faticavamo, più di quanto avessimo faticato durante l'avvicinamento alla parete, a dare un senso al rastrello. È difficile, ma non impossibile, narrare per immagini la storia di quel rastrello che mai aveva visto una bicicletta. Allora ci siamo concentrati sul badile e, al termine della giornata, la notte ci ha regalato lo scatto per la copertina, un imponente Badile avvolto nell'oscurità. Ci ha convinto. E questa non sarà mai la locandina del film, ma apre su futuri ed interessanti progetti che riguardano il rastrello.

Grazie comunque a Carlo Valtellina
o Alberto Valtellina per la bellissima foto che coglie il senso profondo del nostro viaggio.

#labiciclettaeilbadile - totalizzante

Pic Carlo Valtellina or Alberto Valtellina


Avere come compagno di avventure Re Cardu è un'esperienza totalizzante. Ogni istante è il viaggio, ogni istante è un viaggio. Lo zaino è carico, ti aspettano sei ore di cammino, un bivacco all'aperto, una grande parete da scalare. Ma ci sono funghi nel bosco. Il risotto ed i tortelli, questa sera al cospetto del Badile, saranno ancora più saporiti. Se poi ci mettiamo il pane di segale e il mezzo kilo di formagella di Borgonovo, acquistata nel negozietto del paese, tutto acquista un senso compiuto. Ed il viaggio si arricchisce di profumi e sapori. E lo zaino si fa sempre più pesante, E non abbiamo fretta. E domani, sulla nord-est sarà un gran giorno.

E quante sono le storie che si intrecciano, si accennano e si compongono in questo viaggio? Sono così tante che abbiamo faticato, io e Alberto Valtellina, a farcele stare tutte nel film. E si sente pure il profumo dei porcini raccolti e cucinati da Marco.

#labiciclettaeilbadile - fare musica



Non solo c'è il suono del nostro andare per monti.
Le mani che si aggrappano alla terra nel rotolare dei sassi,
il respiro che si scioglie nel vento ed il cuore che ritma il passo,
le nebbie che sussurrano tra le creste annunciando il crepitare della grandine,
il tintinnare dei chiodi a chiacchierare con lo scatto dei moschettoni
ed il frusciare rettile delle corde
e le ruote che suonano la partitura degli asfalti e delle pendenze.
Paesaggi sonori che si intrecciano con ciò che è musica,
di chi sente, osserva, ascolta, medita ed infine restituisce
una nuova ricchezza.
Grazie a chi sa
fare musica.


"La bicicletta e il Badile" un film di Alberto Valtellina e Maurizio Panseri.
Produzione musicale con Alessandro Adelio Rossi e Tora Kiki (al secolo Fabrizio Colombi Bikefellas).

#perdersinmountainbike - selvatico

Sabato 12 febbraio 2022, 16:37:58 - Monte Stino 1467m (Idro – BS)



Selvatico, apparentemente disordinato, ai nostri occhi. Equilibrio perfetto scandito, ritmi e tempi della terra. Caso e geometrie a comporre lo spazio Profondità, intima relazione, vicino e lontano, visibile ed invisibile. Fermo. Osservo.


Valtellina scripsit

 "La bicicletta e il Badile".

Hintersee, ottobre 2021, un bagno veloce in attesa di incontrare, a Ramsau, Kriemhild, la figlia di Hermann Buhl. Kriemhild ha scritto il libro dal titolo "Mio padre Hermann Buhl" (Priuli & Verlucca, 2020, collana Licheni), nel racconto il ruolo da "protagonista" lo assume la madre Genie (che Hermann chiamava affettuosamente Generl), dopo la scomparsa di Hermann sul Chogolisa nel 1957, si trovò sola a crescere tre figlie, la più grande, Kriemhild, aveva sei anni.