Venerdì 30 dicembre 2016, 17:15:34
Presolana
– Cengione Bendotti - Parete Nord – via 12 anni di Albani
Ci sono attimi difficili da raccontare. Se
metto a fuoco un dettaglio, perdo il disegno dell’insieme. Se mi concentro sul
panorama, perdo tutti i particolari che lo compongono. In entrambi i casi il
senso di ciò che ho fatto, di ciò che mi circonda, mi sfugge tra le dita. Ho
bisogno di tempo affinché tutto ciò che ho provato e vissuto possa sedimentare,
perché quella tempesta di emozioni, ricordi e sentimenti, che mi si scatena
dentro, nel profondo, si acquieti. Solo così riesco ad apprezzare ogni
particolare che, come tante tessere di un puzzle, va a comporre un quadro
compiuto. Sono ormai passati dodici giorni, era già lo scorso anno, e ancora
fatico ad avere una visone lucida di quelle quarantasei ore vissute a Nord. Un
frammento però, in questi giorni, ha acquistato la sua importanza: quando,
superate le incognite e le maggiori difficoltà della salita, eravamo ormai
certi di completare la scalata, anche se il cammino da compiere era ancora
lungo e tutto da guadagnare con attenzione e pazienza.
Erano da poco passate le cinque del pomeriggio
quando, dopo due giorni di scalata, siamo arrivati sul Cengione Bendotti. In
quell’istante ha avuto termine la più dura scalata invernale, che la Regina ci
ha concesso di salire, lungo la sua parete più imponente, La Nord. Ora “La via
del Roby” ha una salita invernale. Per l’esattezza la via si chiama “12 anni di
Albani” ma da quando Roby ci ha lasciato, per noi questa è “La via del Roby”.
Ci avevamo già provato due inverni fa, ma la troppa neve in parete ci aveva
respinto già al secondo tiro. L’altro giorno invece ce l’abbiamo fatta, all’ultima
sosta gli occhi erano lucidi e non trovavamo le parole per dire nulla. L’altro
giorno all’ultima sosta, semi sepolte dalla neve, abbiamo ritrovato le bandierine
tibetane, logore e scolorite, messe anni fa da qualche amico in ricordo di Roby.
Preghiere a sventolare nel vento. Abbiamo pensato a lui, a Roby. Eravamo
stanchi e le luci del tramonto tingevano di fuoco le montagne. Quanta bellezza
attorno a noi. Una breve pausa per bere un sorso di the caldo e un poco di
frutta essiccata. Poi siamo ripartiti, trascinando il saccone lungo i nevai del
Cengione sino ai piedi della parete finale. Ci aspettava il buio e ancora tre
lunghezze di misto sino alla vetta. Ci attendeva la cima e poi una lunga
discesa dalla via normale, sino alla Grotta dei Pagani e da lì al passo. Contro
uno sperone di roccia abbiamo attrezzato una sosta e con calma abbiamo ripreso
ad arrampicare, a salire, ingoiati dalla notte.
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