lunedì 26 dicembre 2016, 10:56:00 – Laghetto del Polzone – Presolana
CERCAVO L’INVERNO. Mi manca l’inverno, il suo freddo pungente, il gelo che ti entra nelle ossa ed il piacere intenso che provo quando entro in un luogo caldo e piano piano mi tolgo la beretta, i guanti e la giacca pesante. Mentre lo aspetto, voglio pregustare quella miriade di sensazioni che mi donerà al suo arrivo. Quest’anno, come molti altri, è in ritardo. Devo andarlo a cercare. Il solstizio è passato e ancora manca la neve come pure non c’è traccia dell’aria fredda che punge le guance. Mi manca la brina che decora gli steli d’erba secca nei prati, la patina di ghiaccio che incrosta il vetro dell’auto e pure la nuvoletta di vapore che, ad ogni respiro, ti si condensa davanti al viso. Vado a cercarlo. Mentre salgo nulla lo fa presagire, ne il canto degli uccelli ne la temperatura dell’aria, ma so che da qualche parte lui si è rintanato, aspettando l’attimo propizio per uscire dai suoi rifugi e dilagare su tutti i monti e le vallate. Sono ormai alle miniere quando inizio a pestare i primi rimasugli di neve, croste dure e scivolose, infilo i ramponi. Il sole è sorto ma i suoi raggi non hanno il permesso di varcare questo limite. La linea d’ombra è netta. Oltre questo mobile confine, al riparo delle bastionate calcaree, l’inverno si è acquattato, in attesa che giunga il suo momento. Osservo per un attimo la luce che rincorre l’ombra, facendo sua ogni cima ed ogni versante. Volto le spalle a quella lotta incruenta e mi addentro nel prezioso cono d’ombra su cui veglia la Regina, nel suo regno di settentrione. La neve crocchia sotto le suole degli scarponi. Passeggio attorno al laghetto del Polzone. Mi dirigo verso lo spigolo Castiglioni per poi percorrere tutta la base della parete e infine risalire verso la muraglia della cima centrale. Ho freddo, infilo la giacca ed i guanti. Le pause non si contano, ogni pochi passi mi incanto ad osservare la parete impreziosita da bianchi ricami di neve. Mi porto su un dosso, tolgo lo zaino e lo appoggio nella neve, sfilo il thermos e mi verso una tazza di té bollente. Mi siedo sullo zaino e mi godo il vapore caldo che sale dalla tazza, stretta tra le mani, verso il mio viso. Centellino la bevanda in piccoli sorsi e mi gusto questo assaggio d’inverno: il freddo immobile dell’aria che satura la conca, quel silenzio particolare che solo il candore della neve sa restituire, la quieta imponenza di quelle architetture di pietra che vivono di luce riflessa e si fan belle di arabeschi e drappeggi fatti di neve e ghiaccio. Respiro questo profumo d’inverno che mi avvolge e trattengo con piacere quel persistente retrogusto che solo La Nord della Regina sa dare. Il tempo scorre, la tazza è vuota e i primi brividi di freddo stanno risalendo la schiena. Mi alzo e mi rimetto in cammino. Al Colle della Guaita do un ultimo sguardo a quello scrigno colmo di ciò che andavo cercando. Volto le spalle e inizio a scendere. “Arrivederci Inverno. A presto!”
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