“È dura vero?”
“Sì, ma è bellissima!”*
È sabato 9 luglio. Sono le 18 e 11, Marco e io ci ritroviamo dove Il Magnifico esaurisce il suo impeto verticale nel vuoto dello Spigolo Nord. Dopo quasi 11 ore di arrampicata, sotto di noi ci sono le 16 lunghezze di corda della mitica "Ringo Star", uno dei capolavori di Tarcisio Fazzini. Ottocento metri di vertiginosa parete che precipita sul piccolo e tormentato ghiacciaio di Trubinasca, incastonato tra il Pizzo Badile e la Punta Sant'Anna. Il vento teso da nord qui è ancora più forte e ci strapazza: fa freddo e abbiamo scalato tutto il giorno con il piumino. Siamo stanchi e felici, anche se la tensione latente - di chi sa che la discesa è lunga e tutt'altro che banale - non mi abbandona. Ogni volta che scalo una grande parete sono inquieto e non mi libero da questa sensazione fino a quando non ho nuovamente i piedi a terra e tutto il materiale alpinistico riposto nello zaino. E con il passare degli anni questa tensione è sempre più marcata. Ma ora ci godiamo questi attimi, mentre procediamo verso la vetta del Pizzo Badile. Ci avevamo già provato due settimane fa, in compagnia di Ale, partendo da casa in bicicletta. Purtroppo, la parete era fradicia e ci siamo arenati poco oltre la metà e poi giù in corda doppia, per fortuna il ghiacciaio era ben chiuso e in buone condizioni. Questo fine settimana, invece, non siamo riusciti a prenderci un giorno e mezzo di ferie per goderci il viaggio con le nostre biciclette. Un poco mi dispiace ma il camper di Marco è confortevole e avremo le gambe più fresche per l’avvicinamento e la salita. Ed eccoci nuovamente qui, sul granito del Pizzo Badile.
Giunti in vetta penso a Filip Babicz e alla sua “folle” corsa: 42’52’’
lungo lo spigolo nord. Rivedo le immagini di lui che si accascia sotto il
tripode della cima e la macchina da record torna ad essere umano. Penso a
Cristina, accendo il cellulare, c’è campo, la chiamo. Quando ci siamo
conosciuti, non c'erano i cellulari e quando ero tra i monti passavano giorni
prima di sentirci e poterle dire che andava tutto bene. Mando anche un
messaggio a Smaranda, che domani salirà lo spigolo nord, e uno a Daniela, rifugista
del Sasc Fura a cui avevo detto, da ottimista, che saremmo tornati in serata.
Ma noi, questa sera, non torneremo al rifugio. Abbiamo tre ore di luce e non ci
bastano per scendere in corda doppia e ripercorrere il tortuoso percorso tra i
crepacci del Trubinasca.
Il bivacco Redaelli è una botte di legno e lamiera ancorata alle creste
sommitali e affacciata sul vuoto della Val Porcellizzo, è pulito e accogliente
e ci garantirà una notte al caldo. Dopo aver sistemato il materiale, sulla
branda, stendiamo in ordine i nostri viveri: quattro torroncini, due barrette
di muesli, un poco di frutta secca e mezzo litro d’acqua. Non c’è da scialare
ma tanto ci basta. Ci godiamo le luci della sera e la solitudine di questo
luogo remoto. Ripensiamo alla giornata trascorsa e programmiamo (parolona!) la
discesa di domani. La preoccupazione per le condizioni del ghiacciaio non mi
abbandona. Un poco si chiacchiera e molto si sta in silenzio ad osservare: i
pensieri vanno e vengono. Ci rintaniamo nel bivacco, avvolti nelle coperte, a
goderci il tepore che la lamiera ha immagazzinato durante il giorno.
Rifletto su questo mio andar per monti e di come ogni volta mi ritrovo catapultato
in una dimensione spazio-tempo dilatata, in cui i sensi restano spalancati e il
percepire si fa sempre più acuto e sottile. E il mondo si mostra e mi
attraversa con i suoi profumi, i suoni, i sapori, i colori e gli incontri,
soprattutto quando sono in bicicletta.
Due settimane fa, anche se non abbiamo raggiunto la vetta, abbiamo
vissuto un’esperienza intensa; settantadue ore di emozioni e di fatiche, 260 km
di strade e 2000 m di dislivello macinati in bicicletta, 24 km di sentieri e
2000 m di dislivello percorsi a piedi, e nel mezzo il tentativo di arrivare in
vetta al Pizzo Badile. Caparbi e determinati oggi ce l’abbiamo fatta, anche se
un tiro in placca, prima di giungere al Magnifico, mi ha messo decisamente alla
prova.
Il bivacco, nel frattempo, si riempie. Mentre cala la notte arrivano tre
ragazzi tedeschi usciti dalla “Via del Fratello” e con il buio altri quattro
alpinisti provenienti dalla “Via Cassin”. Stipati come sardine, ognuno cerca il
suo riposo e mi addormento. Alle sei, ci prepariamo e usciamo dal bivacco, il
vento è forte e abbiamo freddo. Ripercorriamo lo spigolo nord sino all’intaglio
dove iniziano le calate, quindici per l’esattezza. Il vento non dà tregua e i
piedi si raffreddano velocemente. Ci scambiamo pochissime parole: quelle
essenziali e i comandi di corda. Movimenti ripetuti come in un rito e, ogni
volta, le corde vanno ammatassate e tenute all’imbrago per evitare che il vento
le porti in ogni dove, tranne che sulla verticale di discesa. Siamo concentrati
e ripetiamo i gesti con precisione. Dopo
tre ore, mettiamo i piedi sul ghiacciaio, ci infiliamo gli scarponi e il sangue
torna a scorrere nelle estremità. Ci serve un’ora per ritrovare la giusta
strada tra i crepacci: il passaggio percorso il giorno prima, infatti, non è
più sicuro e ne dobbiamo trovare un altro che ci permetta di aggirare
l’ostacolo. Finalmente, arriviamo sulla morena, la tensione si scioglie e
possiamo stringerci la mano; ora sì che possiamo dire di avere salito “Ringo
Star”!
E di questi lunghi fine settimana, al di là dei km percorsi, delle
difficoltà incontrate, della storia e della bellezza dei luoghi, porterò con me
il ricordo delle persone incontrate lungo il cammino e con cui ho condiviso
luoghi ed emozioni che si fanno trama, intreccio da cui nasceranno nuove
storie.
Mi sono servite quasi due settimane per fare sedimentare questa
esperienza e iniziare a metabolizzarla, cercando la giusta prospettiva e
facendo i conti con i segni che ha lasciato. Forse ce l’ho fatta.
“Ringo Star” un’esperienza che valeva la pena d’essere vissuta.
“È dura vero?”
“Sì, ma è bellissima!”*
PIZZO BADILE (3308m)
Parete Nord Ovest - RINGO STAR
Tarcizio e Ottavio
Fazzini, Tita Gianola - 16 e 19 agosto 1985
Sviluppo: 800m –
Difficoltà TD+ VI+ - Orario: 8,12 ore
Materiale: 7-8 chiodi,
dadi, serie friend sino al 3 (BD)compresi i micro e raddoppiare misure
intermedie, piccozza e ramponi per l’avvicinamento
AVVICINAMENTO - Salire in direzione della parete NO
del Pizzo Badile attraversando il ghiacciaio e portandosi sotto la direttiva
dell’evidente diedro che incide tutta la parete (spesso bagnato, colate nere
alla sua destra), la via attacca circa 15m alla sua destra presso una placca
fessurata (1h/1h30min dal bivacco + 1h dal rifugio).
L1: salire il diedro fessurato sino ad
incontrare una sosta con 2 chiodi e cordoni sulla destra sotto ad un tetto
obliquo, da rinforzare (40m, IV) poco sopra spostata a destra c’è
un’altra sosta con due chiodi.
L2: non salire diritti ma verso sinistra, proseguire
per lame rovesce e fessure (1 chiodo) lungo il diedro obliquo, posto a sinistra
del tetto, giunti alla cengia traversare lungamente verso destra sino dove si
sosta alla base di diedri fessurati, sosta da attrezzare su friend (60m,
IV+)
L3: salire i diedri fessurati sino al loro
termine dove si sosta sulla destra, un chiodo da rinforzare (50m, V)
L4: seguire le fessure verticali sopra la
sosta quando diventano esili seguire la fessura/lama verso sinistra (fessura
nascosta) che dopo 15m circa si fa verticale, continuare a seguirla, al suo
termine, dopo circa 30m, si trova una sosta intermedia (facoltativa) su due
chiodi, proseguire per la fessura che incide la placca soprastante (1 chiodo)
fino a una cengia dove, a sinistra, si attrezza una sosta su friend (50m, VI-)
L5: seguire la lama sopra la sosta, inizialmente
verticale e poi ancora verso sinistra, al suo termine salire un diedrino, poi
ci si sposta a sinistra di alcuni metri per entrare in un altro diedro
verticale da risalire (3 chiodi) sino a raggiungere due chiodi abbastanza
vicini dove allestire la sosta, da rinforzare (60m, V)
L6: salire sopra la sosta per fessure e
rampe appoggiate tenendo la destra, arrivati ad una cengia, sosta da attrezzare
su friend (in conserva 80m, III)
L7: non continuare ad obliquare verso
destra seguendo la cengia ascendente (se si prosegue si giunge alla sosta 8 –
due fix cordone e maglia rapida - di “Sogni d’alta quota”) ma dalla sosta
salire diedrini e fessure (1 chiodo) per poi attraversare su placche articolate
alcuni metri a sinistra, alla base di una evidente fessura che sale verso
sinistra, dove si sosta su friend (50m, III un pass. IV)
L8: percorrere la fessura sino ad arrivare
ad una cengia da attraversare a destra fino a trovare due chiodi su cui fare
sosta (60m, V)
L9: spostarsi pochi metri a destra della
sosta per prendere le fessure leggermente in obliquo a sinistra, salirle per
una ventina di metri e spostarsi verso destra sino sotto una fascia chiara di
granito solcata da una fessura dove si attrezza la sosta su friend (40m,
IV+)
L10: salire il diedrino a destra, al suo termine
attraversare a destra per andare a prendere le fessure che salgono obliquamente
verso sinistra, quando si fanno erbose salire sino a un chiodo, rinviarlo e
traversare a destra in placca sino a raggiungere altre fessure da risalire sino
ad attrezza la sosta su friend (60m, V)
L11: andare qualche metro a destra per
prendere le fessure che vanno leggermente in obliquo a sinistra fin quando si
trova un chiodo con cordino, salire quindi verticalmente in placca (passaggio
delicato) fino ad una cengia dove si sosta su spuntone e friend (30m, VI)
L12: si percorre qualche metro verso destra
per poi salire in verticale la placconata soprastante, sfruttando lame e
fessure, prima verso sinistra e poi verso destra sino alla cengia che si
percorre verso destra sino dove si attrezza la sosta su friend (40m, V)
L13: obliquare verso destra per poi salire
fessure e lame fino alla base dell’evidente diedro (chiamato “Il Magnifico” dai
primi salitori) dove si sosta su un chiodo da rinforzare (50m, IV)
L14: percorrere “Il Magnifico” in alcuni
punti sfruttando alcune lame a sinistra, ritornati nel diedro (2 chiodi)
continuare sino e sostare su due chiodi da rinforzare (50m, VI-)
L15: continuare lungo il diedro (2 chiodi)
sino a quando è chiuso da un tetto, traversare quindi a sinistra e salire in
verticale lungo un altro diedro fino a una sosta don due chiodi (30m, VI+)
L16: salire il diedro fino allo spigolo N
dove si sosta su spuntone (30m, VI)
DISCESA Lungo la normale in direzione del
Rifugio Gianetti. In doppia dallo spigolo nord. In doppia da “Sogni d’alta
quota” - Proseguire verso la cima per circa 30 metri lungo lo spigolo tenendosi
sul versante NO sino a raggiungere una sosta con due fix da 8mm con maglia rapida
collegati da un cordone. Calarsi in diagonale verso destra (faccia a monte)
seguendo i fix per 60m (esatti, occhio alle corde) sino a raggiungere una sosta
(saltarne una intermedia priva di cordone e maglia rapida) dalla quale si
iniziano le calate (tutte su due fix dell’8 collegati con cordone e maglia rapida)
seguendo i fix e tendendo sempre leggermente verso sinistra (faccia a monte).
L’ ultima calata deposita sul ghiacciaio 30 m più a destra (faccia a monte) di
Ringo Star. In totale 15 Doppie