Sette gradi! Ieri era il primo giorno d’inverno, solstizio.
Oggi pioviggine che viene e che va, a bagnare tutta la valle. Ma la voglia è
tanta e dopo quest’alba di brume a sfilacciarsi tra gli alberi spogli, il corpo
chiede la sua dose di fatica. Il crepitare delle goccioline d’acqua sul
cappuccio della giacca e il trillo di qualche passero mattutino, accompagnano la fine di
questa lunga, lunghissima notte. Il profumo della terra pregna d’acqua e del
bosco in letargo mi coglie sempre di sorpresa, eppure lo so che me lo devo
aspettare, ma ogni volta me ne scordo. Oggi il risveglio è stato del tutto
particolare, nel roseto selvatico, al limitare del parcheggio, un bocciolo di
rosa ha catturato il mio sguardo, mi sono avvicinato per sentirne l’afrore e
toccarne le lucide spine. Sono partito nel abituale viaggio, a risalire la
valle. Il solito luogo, ma non per questo scontato e banale. Sci e pelli, si
parte. Il sapore del caffè e del miele si sciolgono lentamente sulla lingua,
sembra quasi caramello, cerco di trattenerlo mentre il sudore impregna la
berretta e ogni indumento. Pioviggina, la giacca impermeabile è fradicia dentro
e fuori.
Arrivo al colle del Vodala e saluto il mio Larice, lui è sempre lì che
mi aspetta. Getto lo sguardo sulla valle di Ave intasata di nebbie e nubi.
Subito riparto. Quante volte ho risalito questa pala? Inutile contarle. Oggi le
gambe fanno veramente fatica, lo spallone e la cima sono avvolti nella nebbia.
Inizia a nevicare, con forza. Poi smette, per riprendere una volta giunto in
vetta. Naufraghi silenziosi, appaiono e scompaiono nel bianco latte che mi
circonda. La neve calda e pesante sciaborda sotto le spatole con un suono
acquoso. Sono pronto per scendere, non si vede nulla, ma i miei piedi hanno
memoria e sapranno trovare la strada. Li lascio fare, loro guidano i miei sci.
Poco dopo mi ritrovo a disegnare curve ampie sul dosso ancora intonso che
costeggia il canale di valanga. La neve si fa sempre più pesante come volesse
mangiare i miei sci, i miei piedi e le mie gambe. Tra gli ontani devo lottare
per farmi risputare fuori. Ecco la diagonale, il segno della mulattiera estiva
è evidente, sotto la bianca coltre. Spingo e con calma rientro al colle. Da lì,
lungo le piste è solo puro piacere.
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