“Che via è questa?” chiedono urlando i ragazzi della cordata
sopra di noi. “Valentina Gully” rispondiamo.
“Volevamo fare il Canalone Tua! – ribadiscono e aggiungono -
Ci siamo sbagliati.” I due sono alle prese prima con un tratto di misto e poi
con una sezione su roccia, per rientrare infine nel couloir, proprio dove
ricompare il ghiaccio e la neve. Sembra decisamente difficile. Daniele ed io ci
fermiamo al riparo, per evitare di prenderci sulla zucca la continua gragnuola
di neve e ghiaccio che arriva dall’alto. Chiediamo ai ragazzi di prestare un
poco d’attenzione, anche se sappiamo che è difficile evitare di fare partire scariche
di neve e pezzi di ghiaccio.
“Sulle foto che mi avevi girato – dice Daniele – non sembrava
così secco!” “È vero! - rispondo – Nel report dicevano pure che le condizioni
erano più che buone. Strano, io qui vedo solo dei gran salti di roccia con
poche bave di ghiaccio.” Nonostante ciò, non veniamo minimamente sfiorati dal
dubbio di avere sbagliato itinerario. Addirittura mi sembra di riconoscere il
punto in cui, Ennio, Marco e io, eravamo arrivati due inverni fa, prima di
calarci per l’ora tarda. Continuiamo a salire, tenendo a debita distanza, la
cordata davanti a noi. Io e il coniglio ce ne stiamo buoni buoni e saliamo da
secondi. Daniele affronta sezioni dry decisamente impegnative e difficili da
proteggere. Sono praticamente tre i tiri di corda in cui si scala con picche e
ramponi sulla roccia, incastrando le becche nelle fessure e tra i sassi, nella
speranza di non tirarseli in faccia. Fuori dalle difficoltà procediamo per
canali nevosi, sino ad una cresta che risaliamo e doppiamo per scendere brevemente
nella parte terminale del Canalone Tua. Alla sella raggiungiamo i ragazzi, che
procedono sino in vetta al Redorta. Li salutiamo mentre Daniele ed io ci
prepariamo per la discesa. Nonostante nulla tornasse con le informazioni
raccolte e visto che entrambi ci eravamo scordati la relazione a casa, avremmo
dovuto essere almeno un poco rosi dal dubbio. Ma lui, il dubbio, non ci ha nemmeno
sfiorati. Convinti e determinati abbiamo imboccato il nostro couloir e ce lo
siamo pure goduto, alla fine ci è piaciuto e siamo veramente soddisfatti. La
scalata ci ha impegnato più del previsto e ora siamo in ritardo sulla nostra
tabella di marcia. Da qui ci attende la lunghissima discesa sul versante
opposto, sino al rifugio Brunone e da lì a Fiumenero. Il sole non è ancora
calato e la luna, quasi piena, è appena sorta, facendo bella mostra di se, sul
limitare della cresta sud del Pizzo Coca. Resto incantato ad osservare e ancora
per un attimo sosto alla sella. Mi vien da pensare che per essere qui in questi
momenti, sicuramente può avere senso la fatica fatta e l’impegno profuso.
Siamo partiti più di dieci ore fa da Valbondione. L’alba ci
ha colto nel momento esatto in cui siamo entrati nella conca dei giganti. Tutto
si è acceso delle mille tinte dell’arancio, in uno sfavillio di riverberi sulle
trame dei cristalli di un bianco tappeto. La neve non è molta, ma lo scenario è
come al solito grandioso. Lo specchio d’acqua del laghetto di Coca, è ghiacciato
e fortemente fessurato sui bordi, lo aggiriamo e senza indugio risaliamo su
neve portante il ripido pendio che porta ai piedi della parete est del Redorta.
Pilastri di roccia nera e rossastra, si alternano a creste dentellate, a nascondere
colatoi, canali e profonde incisioni. Ripassiamo la sequenza dei canali, di cui
si vedono solo gli ingressi: “Quella, la in fondo a destra, è l’uscita del Centrale. Ecco, la c’è il conoide di
scarico del Tua. Su Mi fido del filo ci sono solo chiazze di
neve. Guarda! Lì c’è l’ingresso di Valentina Gully, dove Valentina sparisce a destra si vedono i primi tiri del Couloir del Sole. La dietro, tutto a
sinistra, c’è il Meridionale”
Anche se non abbiamo le relazioni tutto ci torna, ne siamo
convinti. Brutta bestia la convinzione. Ci imbraghiamo, togliamo corde,
piccozze e materiale vario dagli zaini e partiamo.
Solo il giorno dopo, ci renderemo conto che la nostra
memoria è poco affidabile, infatti ci siamo dimenticati che a sinistra di Mi fido del filo, c’è il Couloir dell’erede, da cui si stacca a
sinistra il Couloir fantasma. Valentina sale ancora più a sinistra.
Ma oggi, 14 dicembre, noi eravamo convinti di ben altro e
abbiamo imboccato il “nostro” canale. Giunti al primo impegnativo risalto,
incrostato da neve e ghiaccio, capiamo solo che questo budello inospitale ci
darà del filo da torcere. Infatti, prima di procedere, anche solo per brevi
tratti, in conserva, ci faremo ben sette lunghezze di corda, alcune delle quali
decisamente dure, vista la mancanza di ghiaccio.
Ora eccoci al suo termine, il sole sta per tramontare oltre
il passo di Valsecca, mettendo in evidenza i profili del Diavolo e Diavolino.
La luce ci regala visoni spettacolari di quelle alte terre plasmate dalla neve
e dal vento, di cui in questo istante siamo l’unico elemento vivo e pulsante. Scendiamo
verso il rifugio Brunone, che raggiungiamo al buio. Per la prima volta ci
concediamo una sosta, breve, brevissima, ma una sosta in cui togliamo lo zaino
e ci sediamo sul muretto fuori dal rifugio. Osserviamo le luci delle frontali
dei ragazzi, che dopo essere arrivati in vetta stanno scendendo il canalone
ovest. Mentre stiamo per rimetterci in cammino assistiamo ad uno spettacolo
incredibile.
Il disco lunare sale da dietro le creste del Redorta e illumina
tutto a giorno, la neve riflette la luce lunare. Non trovo le parole esatte per
esprimere la felicità che mi cresce dentro quando assisto a cose simili e non c’è
fatica, non c’è mal di piedi, non c’è sete e fame che possa intaccare certi
istanti. Lei, la luna, ci accompagnerà per tutta la discesa. Lungo la quale
avremo tempo, tanto tempo, per non essere più, né poetici né romantici,
ascoltando tutti gli indolenzimenti, i dolori e le fatiche che il nostro corpo
ci comunica.
Quattordici ore dopo avere lasciato il nastro asfaltato di
fondovalle, finalmente lo calpestiamo nuovamente. Per nostra fortuna la prima
macchina che passa, si ferma e ci raccoglie. Una simpatica coppia ci
riaccompagna sino a Valbondione. Grazie.
Pizzo Redorta (3050 m) - parete est
Couloir dell’erede
dislivello: 450 m – difficoltà: ED, se è tutto in ghiaccio
WI 4+
Primi salitori: Franco Nicoli e Franco Dobetti
Qui trovate il link alla recentissima guida di Valentino, in cui tutte le vie del Redorta sono ben descritt.
In questa preview potete sfogliare alcune pagine della guida e a pag 15 avete una bella visione della parete est del Redorta
In questa preview potete sfogliare alcune pagine della guida e a pag 15 avete una bella visione della parete est del Redorta
Nessun commento:
Posta un commento