Bambino, se trovi l'aquilone della tua fantasia
legalo con l'intelligenza del cuore.
Vedrai
sorgere giardini incantati
Alda Merini
Volare |
“Buongiorno!” Evidentemente diceva a me, in
quella mattina nessun’altro risaliva il
fianco della montagna lungo quel canalone. Alzai lo sguardo e risposi:
“Buongiorno a lei”
Un grande
esemplare di stambecco mi fissava incuriosito, mentre il suo branco pascolava
tranquillamente sulle cenge che solcavano i dirupi alla mia destra. Chinò
leggermente il capo e ruotò in modo impercettibile il collo, senza togliermi lo
sguardo di dosso, la sua sagoma si stagliava contro il cielo, e mi disse: ”Oggi
è un giorno perfetto. Qual buon vento la porta?”
Fissandolo
negli occhi risposi: “Proprio per il vento sono qui” con un gesto appena
accennato della testa indicai la vetta poco lontana “Oggi, lassù, si vola”.
Percepii un riflesso di luce nei suoi occhi, il sole stava spuntando sulle
creste ad oriente, con un cenno, una specie di inchino, mi salutò, si voltò e
con quattro rapidi balzi, seguito dal branco, scomparve oltre il crinale.
Ripresi a salire e ben presto fui sulla punta centrale della montagna. Il vento
come una carezza saliva regolare da sud e soffiava in alto il suo respiro. In
lontananza, sulla cima occidentale, nei pressi della croce, giunsero i primi
escursionisti. Improvvisamente arrivò uno stormo di gracchi ciarlieri:
“Buongiorno – esclamarono – Allora oggi si vola!”. Li guardai e ridendo
risposi: “Vedo che in questi luoghi le notizie corrono veloci.” Sghignazzando
continuarono a fare gazzarra, librandosi nell’aria. Nel mentre dalla sud
sbucarono due alpinisti, procedevano in conserva e nei pressi della vetta, si
strinsero la mano soddisfatti. Per un attimo guardarono i gracchi, ma non
potevano né sentirci né vedermi, si godettero il sole, il silenzio e
quell’orizzonte infinito. Con calma, invisibile ai loro sguardi, iniziai a
preparami: montare il leggero traliccio di aste, tensionare i lembi di tessuto
e stendere i fili. Mi serviva qualcuno che li tenesse, alzai lo sguardo e vidi
un uomo, seduto su di un masso un poco discosto dalla cima, non l’avevo notato
prima, ora parlottava con i gracchi. Alzò lo sguardo, mi vide, sorrise. “Ciao –
mi disse – è da tanto che non ci vediamo”. Ero felice che fosse lì “Ciao pà!
Che bello ritrovarti qui. Dai reggimi i fili. Oggi volo!” Si alzò li prese, mi
allontani, i fili andarono in tensione, attesi un soffio di vento ed iniziai a
librarmi nell’aria. Felice di quell’incontro inatteso e di quegli attimi di
silenzio carichi di significati. Un rumore sordo iniziò a crescere, prima
lontano e poi sempre più vicino. Non capivo. Dove era fuggito il silenzio. I
gracchi, con cui avevo condiviso quello spazio fatto di vuoto, iniziarono ad
agitarsi e a lanciare acute grida: “Andiamocene, fuggiamo. Gli elicotteri!” e
con rapide picchiate sparirono lungo gli abissi a nord. Non capivo. Il rumore
divenne assordante e un’improvvisa turbolenza squassò l’aria. Mentre andavo in
mille pezzi urlai: “Noooooooooo!!!!!!”
Mi
risveglia nel cuore della notte di soprassalto, sudato e agitato mi sedetti sul
letto. Era solo un sogno con un finale da incubo. Feci fatica a riprendere sonno, continuavo a pensare al
sogno. Arrivai sino al mattino in un dormiveglia agitato e braccato da incubi
grotteschi in cui stormi d’elicotteri si posavano sulle cime della montagna e
ne scendevano allegri imbonitori seguiti da gruppetti di malcapitati turisti. I
primi offrivano le discese più ardite e spettacolari lungo gli spigoli e le
pareti della montagna, tutto aveva un prezzo. I malcapitati, dopo avere pagato,
impacchettati come salami venivano trascinati verso l’abisso.
Al
mattino stanco e frastornato mi alzai e pensai che, per fortuna, tutto ciò era
stato solo un sogno. Presi lo zaino, uscii di casa e mi
incamminai verso la montagna.
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