CAMMINARE SULLE ACQUE ALTE
Con Cristian Riva ai laghi di Valgoglio
“Adoro la montagna. Risalire lentamente i suoi ripidi versanti, percorrere quei
tortuosi sentieri tra i fitti boschi e le ampie distese prative. Adoro tutto
ciò che l’avvolge e la rende speciale. Con la fotografia mi illudo di rubare
l’emozione di quel preciso momento vissuto sui monti, un’emozione che porterò
sempre con me.” Cristian Riva
Ieri abbiamo
camminato nelle terre alte o per meglio dire sulle acque alte. Nove i laghetti
che abbiamo lambito con i passi e sfiorato con lo sguardo. Quattro i compagni
di cammino: Cristian, Marco, Camillo e Michele. Millecentocinquanta i metri di
dislivello macinati dalle gambe, tredici i chilometri percorsi al battito del
cuore e cinque le ore in cui i polmoni hanno prelevato ossigeno dal cielo.
Questo è stato il nostro giro dei laghi di Valgoglio, lungo un sentiero che si
srotola ad anello, seguendo un percorso che dalle fitte abetaie ci ha
proiettato oltre le bastionate rocciose al cospetto del Monte Pradella ed
affacciati sulla Valle Seriana.
Un luogo fatto di acque e rocce,
dove il fascino degli spazi naturali si è fuso con gli evidenti segni che
l’uomo ha lasciato, al fine di sfruttare la forza generatrice dell’acqua:
condotte, dighe, case dei guardiani, canali, tralicci. Un luogo da narrare che
è cornice di una storia, un modo insolito ma familiare per raccogliere il
racconto di una passione e di una vita.
Questo è accaduto ieri ed oggi
sono qui davanti allo schermo luminoso del mio portatile per ripensare e dare
forma alle intuizioni che ho avuto mentre i miei passi erano i suoi, mentre il
mio sguardo era il suo. Digito il suo nome in un motore di ricerca e vado diritto
sul suo sito, una home-page elegante con una intestazione semplice ed efficace “Cristian
Riva - Sui sentirei con lo zaino ed una reflex” proprio di Cristian vi voglio
raccontare. Già da una prima occhiata appare chiaro che il nucleo della
passione è lo sguardo che lui ha sul mondo e il desiderio di trasmettere, con
l’esattezza e la precisione dell’immagine fotografica, l’emozione di un
istante. Nel sito di istanti ce sono centinaia perché, ad uno sguardo attento,
centinaia sono le occasioni per raccogliere la meraviglia: dalle scalette che
si inerpicano sui colli di Bergamo sino alle alte cime delle Orobie, dai borghi
nascosti nelle pieghe delle vallate alpine ai panorami dolomitici. Sfogliando
virtualmente le pagine si coglie una particolare attenzione per il dettaglio,
un occhio attento sia allo scorrere delle stagioni che al restituire le
vicissitudini della storia ed i segni che questa ha lasciato tra i monti. Navigo
e mi perdo tra le pagine, continuo a sfogliarle. Sulle labbra mi affiora un
sorriso quando ritrovo una citazione di Walter Bonatti, una di quelle frasi che
conosco e che sento anche mia “Da quassù il mondo degli uomini altro non sembra
che follia, grigiore racchiuso dentro se stesso”. Cristian, ovvero la persona
che emerge da queste pagine, è esattamente la stessa persona che ieri camminava
al mio fianco, una combinazione di sensibilità e di attenzione. Tra le pagine
trovo il racconto della gita ai laghi di Valgoglio, esattamente il nostro percorso
di ieri, leggo ed osservo le immagini, vengo rapito e mi ci perdo dentro, ogni
scatto racconta e conduce in quei luoghi sospesi. Il reale si è fuso al
virtuale, il cammino e il sudore di ieri nella placida navigazione di oggi, il
cielo terso e i riverberi delle acque nella luce azzurrognola riflessa dallo
schermo del pc nel buio della mia cucina. In questo gioco di rimandi i miei
pensieri si perdono e inizio a dubitare che tutto ciò sia accaduto e mi chiedo
se io lì ci sono stato veramente. Ecco che la mia attenzione viene richiamata
dal tasto “Libro di vetta”, sposto il cursore e faccio un click. Si apre una
pagina in cui è possibile lasciare un proprio pensiero, lì trovo la conferma
che tutto è accaduto e che il nostro cammino ci ha portato realmente a
specchiarci in quegli occhi liquidi aperti verso il cielo: “Ilaria – Mercoledì, 09 Settembre 2015 – 12:53 – Abbiamo avuto la
fortuna di incontrarti durante il giro dei laghi di Valgoglio, ti ringraziamo
ancora per essere sempre una grandissima fonte di ispirazione! Ilaria e Alex”.
Ieri effettivamente abbiamo incontrato Ilaria e Alex e queste due semplici
righe restituiscono pienamente il senso della passione di Cristian. Passione
che non è solamente il motore di questa sua costante tensione verso le montagne,
mosso dal desiderio di fermare il tempo in un click, ma è anche voglia di
condividere questo bagaglio di emozioni. Condividere tramite il web per essere
stimolo ad altri affinchè, incuriositi dalle proposte e ammaliati dalle sue
immagini, si infilino lo zaino in spalla per ripercorrerne i medesimi passi.
Se nove sono i laghi non
potevano essere che nove gli spunti per chiacchierare durante il cammino con
Cristian.
Si prende il via dalla località
Bortolotti, la condotta forzata indica il cammino, la seguiamo, ed oltre il
bosco si supera la bastionata rocciosa per giungere al pianoro dove sorgono le
costruzioni dei guardiani delle dighe. Ci concediamo una breve sosta e mentre
ripartiamo chiedo a Cristian da dove nasce la passione per la montagna. “Forse da sempre! – esordisce - Da piccolo,
volente o nolente, “dovevo” seguire i miei genitori nelle classiche camminate
verso il Calvi e i Gemelli. Poi, nel mezzo dell’adolescenza, trascorrevo le
vacanze estive sull’altopiano di Selvino, punto di partenza per quelle che
allora mi parevano le cime più alte del mondo: le Podone, la Cornagera, la
Filaressa, il Pioeto ed il Purito. Lentamente, senza che me ne accorgessi, la passione
dei miei genitori è diventata anche la mia. Ora, come fosse un “testimone”, la
passione per la montagna è qualcosa che sto cercando di trasmettere anche alle
mie due figlie, Valentina e Giorgia di 20 e 13 anni. Con loro, e naturalmente
con mia moglie, ho ripercorso gli stessi sentieri di un tempo, verso i rifugi,
verso il Calvi ed i Gemelli.”
Proseguiamo e la traccia torna
ad essere ripida ci alziamo di quota e sotto di noi si scorgono lo Stagno Molta
e il lago Resentino. In fila indiana proseguiamo diretti alla Capanna Giulia
Maria, oggi siamo in tanti e tutti abbiamo voglia di chiacchierare. È fuori di
dubbio che è meglio muoversi in compagnia, anche per motivi di sicurezza, e
solleticato sul tema della solitudine ecco cosa ci racconta Cristian: “Scelgo spesso la camminata solitaria. Pur
non disdegnando la compagnia, che molto spesso mi ha permesso di imparare moltissimo
dagli altri. Però camminare da solo mi regala un qualcosa in più che altrimenti
andrebbe perso. Adoro quel costante silenzio dal quale affiorano pochi e
preziosi rumori, quelli che la quotidianità non mi permette di ascoltare. Il suono
del vento che asciuga il sudore, quello dei passi tra le foglie d’autunno, il
rumore della natura che si risveglia o il frusciare improvviso di un animale
selvatico in fuga. Ma il suono più prezioso è quel rumoreggiare interiore, fatto
di domande e risposte, di riflessioni sospese che solo il camminare in solitudine
fa emergere dal tuo profondo”
Mentre procediamo verso il lago
Canali, sulle cui sponde sorge la Capanna Lago Nero, l’incontro con Ilaria e
Alex, sposta il discorso sul perché avverte questo bisogno di raccontare e
condividere le proprie emozioni. “È
talmente esplosiva la carica che accumulo durante un’escursione, dalla semplice
passeggiata lungo le scalette di Bergamo, sino al tetto orobico del Pizzo Coca,
che mi è impossibile tener dentro di me tutto questo “ben di Dio”. Per evitar
di esplodere, devo condividere e rendere partecipe chiunque di questa bellezza
e felicità.” Presso il lago Nero ci fermiamo e mentre ci guardiamo attorno
e lasciamo che il sole asciughi il sudore, si parla delle montagne di mezzo
mondo su cui abbiamo camminato e arrampicato: “La bellezza e la felicità di cui parlavo,- afferma Cristian - non le si trova per forza i capo al mondo o
chissà dove, ma sono proprio qui vicino, dietro l’angolo a due passi da casa.
Bisogna solo guardarsi attorno e lasciarsi stupire. Guarda che meraviglia
questo lago, sembra un diamante nero incastonato tra le rocce.”
Un attimo di silenzio e si
riparte. Al lago di Aviasco tocchiamo il punto più alto dell’escursione.
Togliamo gli zaini dalle spalle e ci concediamo uno spuntino mentre i discorsi
continuano e le voci si accavallano. Immancabilmente si parla delle cime
scalate e dall’intima soddisfazione che questo gesto regala: “Ogni vetta, - racconta Cristian - facile e o difficile, mi regala sempre pochi
metri di spazio e qualche brandello di tempo che, anche se scomodi e fugaci, mi
fanno sentire seduto su un trono proiettato sul Creato. Un trono dove mi siedo
con rispetto rivolto verso quell’azzurra ed irraggiungibile lontananza, immensamente
appagato e soddisfatto, emozionato e gioioso.” È ora di ripartire e ci attendono ancora quattro laghi, il primo
che incontriamo è il lago Campelli Alto, anche qui si vede con evidenza il
lavoro dell’uomo, quello dei pastori che si spingono sino qui con le greggi e
quello per la costruzione degli sbarramenti e della canalizzazioni. “Vedi – mi dice – questi, come gli altri luoghi che attraversiamo spesso raccontano
storie, storie di fatica e di lavoro, storie che si perdono lontane nel tempo e
storie recenti fatte di amore e di fede. Però stiamo perdendo la capacità di
leggerne i segni, troppo presi dai ritmi convulsi che la nostra società ci
impone”. Mentre si chiacchiera arriviamo sulle sponde del piccolo lago
Campelli Basso, sembriamo dei collezionisti anche se restiamo convinti che ciò
che conta sia la qualità del cammino: “Ciò
che cerco ogni volta sono dei colli e delle cime adeguate alle mie possibilità
e in grado di darmi buone e ricche soddisfazioni. Non amo le competizioni.” Poco
oltre inizia la scalinata ricavata nella roccia che scende ripida al lago
Cernello e all’omonima baita gestita dal Cai di Alzano Lombardo. Con questa
luce, propria degli ultimi giorni d’estate, e l’aria tersa dell’alta quota, di
fronte a noi si apre un panorama strepitoso e il massiccio della Presolana,
inconfondibile, segna l’orizzonte. “La
vedi? – mi chiede – La Presolana è la
montagna del mio cuore, senza alcun dubbio. La cerco con lo sguardo dovunque mi trovi, non solo sulle alte cime
delle Orobie ma anche dal luogo di lavoro. Dovunque io sia lei resta per me un
punto di riferimento, la mia casa!”
Al rifugio ci fermiamo per un’ultima sosta, prima di scendere al lago Sucotto e da lì rientrare a Valgoglio. Prima di avviarci chiedo a Cristian un’ultima cosa “Oltre il sentiero, cosa cerchi?” ci pensa un attimo e poi: “Cerco ciò che è bello e può rendermi felice. Un amico prete, Don Diego, durante una telefonata, nel corso della quale stavamo prospettando l’idea per una uscita montana insieme, mi disse una cosa semplice, forse banale, ma per nulla scontata e che mi è sempre rimasta dentro: …dobbiamo circondarci del bello, di ciò che ci rende felici e gioiosi, solo così potremo a nostra volta regalare un sorriso e donare felicità …”
Al rifugio ci fermiamo per un’ultima sosta, prima di scendere al lago Sucotto e da lì rientrare a Valgoglio. Prima di avviarci chiedo a Cristian un’ultima cosa “Oltre il sentiero, cosa cerchi?” ci pensa un attimo e poi: “Cerco ciò che è bello e può rendermi felice. Un amico prete, Don Diego, durante una telefonata, nel corso della quale stavamo prospettando l’idea per una uscita montana insieme, mi disse una cosa semplice, forse banale, ma per nulla scontata e che mi è sempre rimasta dentro: …dobbiamo circondarci del bello, di ciò che ci rende felici e gioiosi, solo così potremo a nostra volta regalare un sorriso e donare felicità …”
Pubblicato su "OROBIE" - 2016
Per conoscere Cristian Riva www.cristianriva.it
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