Anghiari 30 settembre 2011 – atto primo
La piana verso San Sepolcro si stende sotto i miei occhi.
Filari di pioppi e salici forano le brume che ammantano i campi. La luce
radente del sole inonda lo spazio esaltandone forme e profili. I rumori salgono
ovattati sino a questo poggio e si perdono tra le mura antiche della città. Nell’aria
tersa, la pietra risplende ocra. Come un gatto mi scaldo.
Anghiari 1 dicembre 2011 – atto secondo
Questa mattina le stanze, della casa sopra il porto, erano
inondate dal sole. Con calma l’ho salutata ed ho chiuso la porta. Sono sceso
tra gli stretti vicoli del borgo, sino al suo limitare, ed ho mollato gli
ormeggi, allontanandomi dai boschi della costa prealpina. Ho volto la prua ad
oriente, il sole in faccia, la barra tra le mani e gli occhi che scrutavano la
lunga costiera alpina, immobile a fronteggiare la risacca di nebbie vaporose. È
ora di puntare a sud, il mare padano inghiotte il vascello. Si naviga a vista,
su fondali saturi di nebbia. Filari d’alberi fuggono come fantasmi, campi e
capannoni mi inseguono. Riemergo lentamente, intravedo una nuova costa davanti
a me. Mi insinuo con il vascello in un fiordo appenninico. Lo risalgo, tra
campi arati e boschi di querce caparbie, che non vogliono lasciare le foglie
ormai secche. Porto in rada il vascello oltre il colle, sulle sponde del
Tevere.
Anghiari 8 marzo 2012 – atto terzo
Corro. Profumo di un bosco tagliato di fresco. Segatura sparsa
tra le foglie secche. Tronchi abbattuti giacciono sui rovi. Effluvio di linfa
che lenta sgorga dai vasi recisi. Ferite nel legno. Corro. Le zolle frantumate
dal gelo si sbriciolano, la terra restituisce l’acqua che non serve, che
avanza, e lenta scola nel fosso. Corro. Il solco tracciato dall’aratro sale
dritto la china rivoltando terra. Campi pronti ad accogliere il seme. Suoli cangianti
nel colore, dal nero organico del fosso sino al rosso argilloso del crinale.
Corro. Respiro il profumo del bosco e dei campi mentre il corpo avanza,
inseguendo piedi irrequieti.
Anghiari 3 maggio 2012 – atto quarto ed ultimo
La mietitrebbia è passata ora è il momento delle
spigolatrici, con calma camminano tra le stoppie, lo sguardo attento. Gli occhi
curiosi frugano a terra, ogni tanto si chinano per raccogliere il seme caduto.
Lo puliscono, è gonfio e lucido. Lo ripongono nel grembiule. Come loro mi
sento. Ho scoperto il piacere di cercare piccole storie, semi unici sparsi
lungo i nostri percorsi quotidiani. Frammenti di vite altrui, memorie nascoste
tra i luoghi e velate dal tempo. Ho scoperto il piacere di ascoltare e
raccogliere queste piccole storie, cercando di farlo con cura ed attenzione. Ho
scoperto la necessità di darmi delle regole per pulire e conservare i semi, per
potere poi restituire e fare fruttificare. Mi sento una spigolatrice.
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