Da solo
lungo l'autostrada
alle prime luci del mattino...
a volte spengo anche la radio
e lascio il mio cuore incollato al finestrino...
alle prime luci del mattino...
a volte spengo anche la radio
e lascio il mio cuore incollato al finestrino...
Lo zaino con l’indispensabile è pronto. Il desiderio di vivere una
manciata di ore in solitudine e silenzio è lì che pulsa e non lo voglio più
contenere. Salgo in moto e percorro la valle. Mi perdo ad osservare, come
sempre, i profili dei monti di casa e nel mentre, una musica si fa spazio nella
mia testa. Mi ritrovo a canticchiarne alcune strofe. Curva dopo curva si
rinnova l’appuntamento con paesaggi conosciuti ma sempre differenti. Sulle
labbra scivolano parole di una vecchia canzone, Giorgio Gaber le ha scritte molti
anni fa ma la musica che le accompagna è quella recente dei La Crus, che hanno
reinterpretato questo piccolo capolavoro, questa illogica allegria.
Da solo
lungo l'autostrada
alle prime luci del mattino...
a volte spengo anche la radio
e lascio il mio cuore incollato al finestrino...
alle prime luci del mattino...
a volte spengo anche la radio
e lascio il mio cuore incollato al finestrino...
Lo zaino è in spalla e non incontro nessuno lungo il sentiero che sale
ripido sino alla base della parete. Preparo il materiale, ogni gesto è
necessario ed essenziale, ogni cosa che appendo all’imbrago o ripongo nello
zaino è indispensabile e ha una sua funzione. Inizio a scalare, i movimenti
diventano presto fluidi. La roccia è compatta e sana, un calcare grigio che
presto si impenna. La parete è generosa ed offre buchi ed erosioni di ogni
foggia e dimensione. La via è conosciuta e le protezioni sicure. È una
meraviglia sentirsi esattamente a proprio agio e godere del vento e del sole
che ti accarezzano, mentre in solitudine arrampico su questa montagna.
E sto
bene...
sto bene come uno che si sogna...
non lo so se mi conviene
ma sto bene, che vergogna...
Io sto bene...
proprio ora, proprio qui...
non è mica colpa mia se mi capita così...
sto bene come uno che si sogna...
non lo so se mi conviene
ma sto bene, che vergogna...
Io sto bene...
proprio ora, proprio qui...
non è mica colpa mia se mi capita così...
Lunghezza dopo lunghezza, scendo a recuperare il materiale e lo zaino e ogni
volta ricomincio a salire. Mi piace scalare, cercare la soluzione in quel rebus
di appigli ed appoggi, trovare la giusta sequenza di movimenti, che sia adatta
al mio corpo e alle mie forze, e vedere il vuoto che si apre tra i miei piedi. Una
strana sensazione di benessere si espande dalla mente a tutto il corpo. Godo
del silenzio che mi circonda, popolato da mille suoni: il frusciare del vento
sulla roccia, il richiamo dei gracchi tra i torrioni, il fischio delle marmotte
che riecheggia tra le pareti, il lontano scampanare di una mandria al pascolo
che risale lungo la valle. Mentre arrampico, senza accorgermi, mi ritrovo
nuovamente a canticchiare e sorrido.
E' come
un'illogica allegria
di cui non so il motivo, non so che cosa sia...
di cui non so il motivo, non so che cosa sia...
E' come se improvvisamente
mi fossi preso il diritto
di vivere il presente...
mi fossi preso il diritto
di vivere il presente...
Prima dei risalti finali, mi fermo un attimo e, mentre osservo il mondo
che mi circonda, mi godo questo momento di intenso piacere. Decido di scendere.
Quattro calate in corda doppia mi portano velocemente alla base della parete.
Mi siedo nell’erba e senza fretta metto ordine nel materiale e preparo lo
zaino. Le voci di alcuni escursionisti mi giungono dal sentiero sottostante. Chissà cosa si raccontano e gusto
ancora per un attimo il silenzio che mi avvolge.
Prima di mettermi lo zaino in spalla ed iniziare a scendere a valle, osservo
ancora una volta il panorama e mi torna alla mente una frase letta la sera
prima in un romanzo e che mi aveva colpito: “Sembrava osservare il panorama. In
realtà, si guardava dentro.”
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