domenica 11 dicembre 2016

24 #UNIMMAGINEDICEPIUDIMILLEPAROLE


sabato 11 ‎novembre ‎2016, ‏‎12:08:14 – Valbondione - Pinnacolo di Maslana – Via “Syrinx”

Dieci giorni sono passati dalla nostra ultima visita. Anche oggi il cielo è perfetto, limpido. Ma oggi un vento gelido soffia da nord. Impetuoso ha strapazzato i faggi, rubando loro sino all’ultima foglia. Inarrestabile ha ramazzato l’aria da ogni impurità, rendendola tersa e luminosa. Impietoso sottrae calore ai nostri corpi. Alla base del Pinnacolo ci cambiamo velocemente. Tolti gli abiti sudati, ci infiliamo ogni indumento asciutto che abbiamo nello zaino: pantaloni lunghi, maglia a maniche corte, quella a maniche lunghe, pile, giacca leggera, infine giacca antivento e sotto il casco ci teniamo pure la berretta. Siamo buffi, vestiti come dovessimo affrontare una nord d’inverno. La settimana scorsa erano stati sufficienti un paio di pantaloncini e una maglia. Oggi è il vento che la fa da padrone ed il sole non vuole arrivare per portarci sollievo. Indugiamo oltre un’ora, aspettando che la luce coli dall’alto a riscaldare le placconate basali e il grottino da dove ha inizio la scalata. Eccola, arriva. Il vento non cessa ma la scura roccia del Pinnacolo ben presto accumula calore e non appena la tocco, lo restituisce alle mie mani intirizzite. Inizio a scalare e mi sembra di essere un pezzo di legno, insicuro e impacciato affronto la prima lunghezza. La roccia generosa restituisce calore e le mani riconoscenti lentamente si scaldano: i piccoli piaceri dell’arrampicata. Anche oggi siamo soli sulla montagna e anche questo mi piace: essere soli. Mentre saliamo e ci allontaniamo da terra, il vento continua a strapazzarci. Ci giochiamo, con il vento, anche grazie a lui questa giornata è unica. In sosta ci appiattiamo contro la parete per proteggerci e cogliere anche il minimo tepore che la montagna ci dona. Più volte mi ritrovo ad osservare assorto in lontananza, cercando quell’anfiteatro tra luce ed ombra, affacciato sulla valle. Lo trovo, scruto con attenzione lo spettacolo degli arabeschi di ghiaccio che hanno iniziato a formarsi alle quote più alte, sulle muraglie nere di Howl. Sono passati quattro anni da quando facemmo visita a quel luogo incredibile. Spero che il vento continui a soffiare freddo e gelido, foriero di un inverno in cui effimere cattedrali e fortezze di ghiaccio si formino e fioriscano ad impreziosire i nostri monti. Un richiamo mi giunge dall’alto. Cardu, il Re, è alle prese con il passaggio chiave della via. Lo osservo e seguo ogni suo movimento con attenzione, mentre me ne resto appollaiato sul terrazzino della sosta, ben accovacciato contro la parete. Ora lo sguardo è fisso su di lui mentre i pensieri volteggiano tra le raffiche di vento, rincorrendo i desideri e attendendo il momento per riprendere a scalare.

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