Venerdì 7 ottobre 2016 - Oggi. Oggi vado a lavorare in bici. Seguo la
ciclabile nell’aria fredda del mattino. Cerco di non correre per non sudare ed
evitare di arrivare in ufficio madido e puzzolente. Le colleghe non
gradirebbero. Lo zaino è carico: le catene per evitare che la rubino, un cambio
per il rientro, gli attrezzi per le riparazioni, una camera e la pompa per
eventuali forature, le protezioni per ginocchia e gomiti da usare in discesa.
Il venerdì la giornata lavorativa è breve. Ore 14 si stacca. Mi cambio e
recupero la bici. Le vie del centro sono intasate di bancarelle e gente che
passeggia, beve e mangia. Mi allontano pedalando lentamente, godendomi il profilo delle mura
e della città alta che si stagliano contro un cielo azzurro autunno. Imbocco la
Greenway del Morla, che nome pomposo e assurdo per una ciclabile. Nella cintura verde che abbraccia le mura venete della città vecchia, qualcuno corre, qualcuno passeggia con il cane, le acque
della Morla scorrono tra i salici e i pioppi. La salita della Maresana si
avvicina inesorabile. Come al solito sarà una bella lotta ma oggi l’aria è
fresca e mi sento bene. Si inizia. Le rampe si susseguono inesorabili, il
sudore cola sul volto e lungo la schiena. Il respiro è regolare e le gambe
spingono senza lamentarsi troppo. La ruota gira sotto i miei occhi come fosse una preghiera
tibetana, un mantra per il mio sguardo che la fissa, come fosse lei, la ruota, a
trascinarmi i questa salita. Le gocce di sudore si staccano dal volto e bagnano
il telaio. Diamine! Sono già in Maresana. Una breve pausa alla fontanella e
riparto, inseguo la mia ruota. Ultimo strappo e poi la strada spiana verso la Croce dei
Morti. Wow! Esulto e qualcuno, oltre una cancellata, mi risponde simpaticamente.
Mi fermo e così conosco Alvise, ma di lui parlerò un’altra volta. Continuo e la
mia ruota è stufa di asfalto e imbocca il sentiero che sale al Colle di Ranica.
Pedalare è un piacere e mi ritrovo ben presto lungo il crinale dove si aprono
radure e lo sguardo spazia sulla pianura. Ecco la croce della vetta. Pausa.
Foto.
Indosso le protezioni. Abbasso la sella. Ora vado a vedere se Alvise mi
ha detto il vero. Da qualche anno non giro sui sentieri del Costone,
meravigliosi single track a suo tempo poco o per nulla percorsi dalle MTB,. Parrebbe che
Alvise e soci si siano messi a sistemarli e pulirli. Inizio la discesa e
raggiungo il crinale del Costone. E dopo? E dopo non mi sono più fermato. Che meraviglia!
Una discesa tutta d’un fiato sino in paese, senza sprecare nemmeno un metro di
dislivello. Bravo Alvise.
Poi arrivo a casa e dopocena, mentre ascolto
della musica, riguardo i pochi scatti che ho fatto su, al Colle. Lei è li che mi
guarda, la mia ruota. Mi piace, mi sembra un occhio sul mondo, un occhio che
osserva e non giudica ma che fa il suo lavoro. Però non riesco a trovare lo
spunto per scrivere qualcosa anche se sento che è lì sulla punta delle dita e
deve solo trovare il modo di uscire. Vado in camera, una pila di libri
pencolante minaccia di franare dalla comodina - che strano usare questo termine,
mi sembra così desueto -. Devo fare ordine e decidere cosa tenere lì, sulla comodina, pronto per
essere letto prima del sonno. Riordino e tra le mani mi resta il libro “Le
Giovani Parole” di Mariangela Gualtieri. Lo apro a caso e leggo.
Si succhia
cielo e terra. Si prende
l’arcata vibrante che cade
al centro della corolla.
Si prende la più bella
gittata dal cielo universo
e si tesse si tesse la luce
con l’ombra. Il secco
con l’umido del sotto terra.
Nei fiori.
da “Le Giovani Parole” di Mariangela Gualtieri
Resto a bocca aperta, questa poesia mi sta raccontando
qualcosa, la leggo e la rileggo a mezzavoce, sino a sentire rotolare fluide le parole
sulla lingua, così come rotolava la mia ruota oggi nel pomeriggio. Il fiore di
Mariangela è la mia ruota. Il fiore succhia e la mia ruota impasta. Ecco l’immagine
che oggi avevo sotto gli occhi senza riuscire a coglierla nella sua essenza. La
mia ruota gira e impasta cielo e terra. Così nasce
17#unimmaginedicepiùdimilleparole
Grazie Alvise, grazie Mariangela e grazie alla mia ruota.
17 #UNIMMAGINEDICEPIUDIMILLEPAROLE
Venerdì 7 ottobre 2016, 15:24:52 – Colle di Ranica (726 m slm)
Venerdì 7 ottobre 2016, 15:24:52 – Colle di Ranica (726 m slm)
Il mondo oltre la ruota scorre e lei che fa? Gira, impasta
cielo e terra. Brandelli d’azzurro restano impigliati tra i tasselli, mentre
scendono a pigiarsi e perdersi nel verde dell’erba. Cenci di foglie e fango,
raccolti con forza dal sentiero, la seguono sino a schizzare nella trasparenza
dell’aria. E lei gira, instancabile impasta cielo e terra. Ora lenta, ora
veloce, a volte si ferma come volesse osservare il mondo con quel suo occhio d’acciaio.
Poi riparte. Sui crinali gira e, con lo sfarfallare dei raggi, intreccia la luce
all’ombra. Nel fitto del bosco amalgama il secco dell’aria e l’umido suolo. E
lei gira e impasta cielo e terra. Lei, la mia ruota, non è impassibile, oggi ha
sorriso per tutto il tempo. Era felice.
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