“Un’immagine dice più di mille parole” Mi ricorda spesso un
amico. Lui ha ragione, lui ha dannatamente ragione, ma io non resisto, a volte
ci provo, ma alla fine non resisto e scrivo. Ora, se lascio parlare l’immagine,
chi la guarda è assolutamente libero di sognare, di emozionarsi, di lasciarsi
trasportare in un suo mondo di visoni, significati e sensi. Però quell’immagine
l’ho colta con i miei occhi, prima ancora di fissarla con un clik, cercando di
catturare in qualche milione di pixel l’emozione di un istante. Già con questa
scelta ho raccontato qualcosa, cogliendo un dettaglio dell’immenso panorama che
mi circonda. Ciò potrebbe bastare, proprio perché non sarebbero sufficienti
mille parole per esprimere i contenuti dell’immagine, visibili o solo evocati.
Ma ciò non mi basta e per ogni clik, che di per se è una storia, si potrebbe
raccontare un’altra storia: di quello
che c’è attorno, di quello che c’era prima e che ci sarà dopo. Una narrazione
articolata in cui, alle mille parole dette dall’immagine, aggiungere qualche
centinaio di parole scritte, come se si desiderasse creare una cornice degna
della tela contenuta.
Ora, qui, sono sufficienti una manciata di parole. Per
l’esattezza bastano solo delle coordinate temporali e geografiche, accompagnate
da poche e semplici frasi.
“06/02/2014 - 08:07 -
Presolana Centrale dal Vareno -
Ha nevicato tutta notte, ma il risveglio è accolto da un
cielo stellato. Tutto è pronto e parto verso il colle. Spengo il motore, esco
nel silenzio, mi incammino mentre la notte si scioglie nelle luci dell’alba.
Tutto è bianco, tutto è intonso, come ogni volta mi emoziono per l’onore
concessomi di fare una nuova traccia. Il sole sorge, la luce avvolge la Regina
sontuosamente ornata. Salgo nell’ombra del versante, mi insinuo nel ricco
silenzio del bosco, godendo della fatica e di ogni meraviglia che mi circonda.
Sinuosa la traccia si srotola alle mie spalle, mentre davanti una distesa di
cristalli lambiti dai primi raggi di sole, si accende di mille riflessi. Alzo
lo sguardo, oltre il crinale e le abetaie, lasciandomi cogliere dallo stupore,
come se fosse ogni volta la prima volta. Abeti incappucciati di bianco si
fondono e lasciano spazio a guglie di candida glassa. Poi mi riprendo e penso
che è proprio per questo che torno tra i monti, per essere ogni volta sopraffatto dalla meraviglia.”
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