venerdì 31 dicembre 2021

Randagio tour - Terre di Brescia

RandagioTour (UnodiTre)

Era venerdì 2 luglio dell’anno 2021 quando…

– certo che come incipit non è male, è un po' come iniziare con “C’era una volta …”, sembra di parlare di un accadimento lontano nel tempo ma erano solo tre settimane fa –

… in un venerdì mattina di caldo e di afa, invece che andare a lavorare, ci siamo presi un giorno di ferie. Prendersi un giorno di ferie è sempre una gran bella cosa se poi lo si unisce al fine settimana è ancora meglio. Ci siamo così proiettati in un microviaggio apparentemente breve e compresso in soli tre giorni ma, nella nostra percezione, meravigliosamente espanso, lunghisssssssssimoooooooooo. E grazie al tempo esploso abbiamo esplorato un territorio a noi sconosciuto. Montagne incastonate tra i laghi di Garda e d’Idro, girando attorno a quella profonda e misteriosa spaccatura che sprofonda nella solitaria e selvaggia Valvestino. Come ogni viaggio che si rispetti, da Dante in poi, vi è sempre un Virgilio che accompagna e indica il cammino. Il nostro mentore è stato un personaggio che in terra bresciana non conosce rivali in materia di sentieri e mountain bike: l’inossidabile Giulien Romano, al secolo Romano Artioli. Non gli abbiamo rotto le scatole stressandolo al telefono o con infinite chat ma abbiamo semplicemente attinto e preso ispirazione dalla sua nuova e preziosa guida “MTB da Brescia ai laghi di Garda e Idro. 83 itinerari tra le colline moreniche, la Franciacorta, il lago di Garda, la Valvestino e il lago d'Idro” edita da VERSANTE SUD – se non l’avete ancora acquistata, affrettatevi – per comporre un anello di grande respiro fatto d’interminabili salite, lunghe traversate in quota, senza disdegnare discese tecniche ed impegnative. A conti fatti, dopo tre giorni non siamo rimasti delusi, anzi Giulien, con le sue parole e le sue tracce, ci ha condotto alla scoperta dei suoi monti, della sua terra e si merita proprio un grazie immenso e i miei complimenti per il lavoro fatto. Ma torniamo a venerdì 2 luglio. Abbandoniamo da subito i lustri marmi del lungolago di Salò per inerpicarci sui caldi asfalti sino alla chiesina di San Bernardo, da dove le nostre ruote calcheranno solo sentieri e ripide stradine di sterro e cemento. Pungolati da voraci tafani, grondanti di sudore e tra inconfessabili turpiloqui giungiamo al rifugio Pirlo allo Spino. Un buon piatto di penne al bagoss e salsiccia condito da una birra e dall’allegro sguardo, che sbuca da sopra la mascherina, delle rifugista ci fa dimenticare ogni fatica e ci prepara per la lunga traversata alla bocchetta di Fobbiola, alle baite Campei de Sima, al Dosso Carpaglione e al Cavallino della Fobbia. Ora la guida di Giulien ci indica la discesa dalla Croce di Perlè come un must per la MTB, un tracciato impegnativo e spettacolare. Non possiamo non andare a vedere ed una volta giunti sulle sponde del lago d’Idro e ci voltiamo verso quei versanti ripidi e selvaggi fatichiamo a credere di essere scesi tra quei dirupi. Siamo più che soddisfatti della densa e lunga giornata, pedaliamo verso Anfo e prima di mangiare anche le gambe del tavolo del ristorante l’Imbarcadero, ci godiamo una lunga e rinfrescante nuotata nelle acque del lago. Grazie Giulien e siamo solo al primo giorno.

Salò - Anfo; 47 km; 1900m D+; 1600m D-


RandagioTour (dueditre)

Se Giulien Romano è il nume tutelare a cui ci siamo affidati in questo viaggio, chi saranno mai quei loschi individui che per tre giorni hanno goduto di tanta bellezza e cotanta fatica?

Partiamo da Salò in quattro ma durante il bivacco notturno bordo lago un quinto sacco a pelo si affianca ai nostri. Ed eccolo di prima mattina ad armeggiare tra pentolini, buste di te e pastiglie dei freni, distribuendo beni di prima necessità e mutande ai più bisognosi. Ma chi è costui? È Mister Codazzi , proprio lui lo Stefano in carne ed ossa. È sabato 4 luglio e alle 6,30 siamo già in sella ma subito ci si ferma al bar del paese a fare compagnia ai due pensionati che prendono il fresco sull’uscio. Finalmente un bar dove non sanno cosa sia il “Makkiatone”. Re Cardu, inossidabile e sorridente compagno di ogni avventura, se la ride di gusto. Flavietto il ca-rota, al secolo Flavio Rota , aggregatosi all’ultimo e privo delle magiche borse miss-grape, inizia già a fare stretching per la sua schiena malmessa su cui grava un bello zainetto. Ale, al secolo Alessandro Ceribelli fa gesti scaramantici, anche se non è superstizioso, non dice che è in gran forma per evitare che qualche divinità lo punisca con il più improbabile degli acciacchi di cui è il principale recettore a livello internazionale. Oggi ci attendono sentieri su cui Giulien ha scattato la foto di copertina della sua guida e questo la dice lunga su cosa ci aspetta, sia come impegno che per la bellezza. Ma come ogni cosa bella che si rispetti ce la si deve guadagnare e la salita al Passo Baremone è un gran bel mach. Tornanti e tornanti si inerpicano nel fitto del bosco con il lago che gioca a nascondino tra le chiome, allontanandosi sempre più ed infine scomparire. È ancora presto e saliamo praticamente soli, qualche ciclista agguerrito ci raggiunge e ci supera. Noi proseguiamo con calma ed il nostro bel carico ben stipato nelle sacche. Già ieri abbiamo sperimentato che anche nelle discese più dure, scaricando un poco la borsa anteriore e caricando un poco lo zainetto, la biciclettina si fa condurre bene e ci fa divertire. Oltre il passo e l’immancabile spuntino saliamo a visitare i ruderi del forte di Cima Ora dove, durante la prima guerra mondiale, si attestavano le linee italiane in contrapposizione a quelle austro-ungariche. Il lago è a piombo sotto di noi, 1200 metri più in basso. Impressionante è l’esposizione del versante che si inabissa sotto le nostre ruote. È meglio non sbagliare e nel dubbio è meglio scendere ed accompagnare la bici a mano. La discesa è qualcosa di unico che fa esplodere reazioni e sensazioni contrastanti, difficili da spiegare. Andate e fatela, poi ne parliamo. È già passata l’ora di pranzo quando giungiamo nuovamente sulle rive del lago, fa un caldo fottuto e le acque del lago ci chiamano come i canti delle sirene. Che meraviglia tuffarsi nudi e nuotare, e godersi il refrigerio, e sentire i muscoli che si sciolgono. Ci si riabbiglia e ci si rende presentabili. Sotto il portico di un ristorantino facciamo scorte di carboidrati con un tris di primi che per l’esattezza sono tre primi, ovviamente non è avanzato nulla. Il tutto accompagnato da una corretta idratazione a base di birra. Fa caldo e ci attendono ancora 1000 metri abbondanti di salita. Non ci corre appreso nessuno e da veri sportivi quali siamo, ci facciamo pure una pennica all’ombra dei platani sul lungolago sino alle 17. Diamine ci tocca ripartire. A Bondone facciamo un poco di spesa e sono le 21 passate quando entriamo nel bivacco presso la malga Alpo di Storo. Non prima di essere passati dall’alpeggiatore a prendere due bei pezzi di formaggio e due fiaschi di rosso.

Anfo – Passo Baremone – Cima Ora – Ponte Caffaro – Bondone – Maga Alpo di Storo; 46 km; 2550m D+; 1400m D-



RandagioTour (treditre)

È domenica 5 luglio, dopo una notte in compagnia dei topini di campagna il risveglio è un tripudio di campanacci e muggiti, uno spettacolo di nebbie che svaporano tra gli abeti, di erba stillante rugiada, di mosche che, alla profumata cacca di mucca, preferiscono il nostro sudore. E con questa immagine la poesia di è andata a fottere. Saliamo lungo la sterrata che conduce alle creste del Tombea con nugoli di mosche che ci ronzano attorno. Al passo le nebbie ci avvolgono e le mosche tornano dalle loro amate mucche. Finalmente. Oggi la salita è breve ed intensa e dalla Malga Tombea ha inizio una discesa infinita e selvatica. Dopo Cima Rest e le sue case dal tipico tetto di paglia, cose simili le ho viste solo in Cornovaglia e nel Galles, il sentiero ci entusiasma e si inabissa in valli coperte da boschi. D'un tratto una dorsale di apre in un prato e una cascina diroccata. Altre due dorsali si susseguono e la scena si ripete, il bosco lascia spazio al prato e al suo limitare c'è una cascina. Sulla dorsale centrale c'è, oltre alla cascina, una chiesetta. Guardo la carta e la località si chiama Droane: tre cascine e una chiesetta, piantate li su tre dorsali e tutto attorno boschi a perdita d'occhio, ovunque si guardi. La seconda dorsale, quella con la chiesetta, ha il prato ben tenuto, un orto rigoglioso e la cascina è abitata. Ci fermiamo un attimo e lui si affaccia alla porta, ci salutiamo, ha la faccia simpatica. Ci chiede da dove veniamo e noi, stupiti più di lui, chiediamo se è lì in villeggiatura. Macché villeggiatura. E ci racconta la sua storia. Lui è il signor Mario ma se passate di lì non chiamatelo signor, chiamatelo semplicemente Mario e lo farete felice.

Mario ha 88 anni e dopo una vita ...

La storia di Mario merita un capitolettto quattroditre, che arriverà a breve, forse.

Malga Alpo di Storo - Malga Alpo di Bondone - Viva di Cabione - Monte Tombea - Malga Altezza - Cima Rest - Droane - Lago Valvestino - Toscolano - Salò; 47 km; 750m D+; 2100m D-



RandagioTour (quattroditre)

È domenica 5 luglio ... ma cosa è successo domenica 5 luglio lo sapete già.

Ci eravamo lasciati in località Droane, sul secondo costone quello con la chiesetta di San Vigilio e la cascina da cui è uscito il Signor Mario o, come preferisce lui, chiamatelo semplicemente Mario e lo farete felice.

Mario ha 88 anni e dopo una vita a girare l'Italia come cuoco, è tornato alle origini, tra i suoi monti. Con orgoglio ci dice che lui in quella casa c'è nato. Suo papà era nato nella cascina sul costone vicino, quella diroccata, e sua mamma era di Bondone. Il papà era andata a prenderla oltre le creste del Monte Tombea e l'aveva portata lì, l'aveva sposata. Lì a Droane lui è nato e lì ora vuole passare gli anni che gli restano. Ormai ci vive estate ed inverno da parecchi anni. Ultimamente non se la sente più di utilizzare il pandino lungo la ripida e lunga sterrata che scende nella valle e prosegue sono due sponde del lago. tempo fa se l'è vista brutta e ha deciso di non giocare più. Nella cascina sulla terza dorsale ci abita un amico, che lo aiuta con le spese. Poi c'è il nipote che lo viene a trovare e gli da una mano. E infine ci sono gli amici che salgono per il fine settimana, per stare in compagnia gli danno pure una mano. Mario è simpatico e ci racconta di altro ancora. Di quando era giovane ed ha imparato il mestiere negli hotel a Milano. Lo ascoltiamo con piacere e quando è giunto il momento di salutarci gli diciamo che la prossima volta ci fermeremo un poco di più, per fargli compagnia e soprattutto per gustare la sua cucina. Ci salutiamo e ci dice ancora una volta di scendere seguendo la strada e non il sentiero, che è pericoloso, anche se ormai ha capito che non seguiremo il suo consiglio. Ed il sentiero, duro quanto basta, ci porta sino ai mulini e al fondovalle. Ecco questa ultima discesa è tutta dedicata a Mario.

Incontri così ti svoltano la giornata.

Incontro così sono preziosi.



RandagioTour (cinqueditre)

Una storia tira l'altra, un poco come le ciliege. Ci eravamo lasciati in quel della Valvestino alla contrada di Droane con la storia di Mario. Ve la ricordate? Se non la ricordate o non l'avete letta cavoli vostri.

Nei commenti al post e alla relativa storia di Mario, l'amico di un amico mi racconta la storia dell'Americana di Droane ed altre storie. Ecco ora io mi permetto di non lasciarla solo tra i commenti ma di farci un post ad hoc. Perché è una bella storia, perché penso che i social servano proprio a questo a condividere storie ed esperienze, intuizioni e progetti.

Quindi prima di lasciarvi alla storia dell'Americana e non solo, raccontata dalla parole di Giuseppe, mi sorge una domanda: ma Mario avrà conosciuto l'Americana?

Penso proprio di sì, ma a questo punto mi toccherà tornare in Droane e fare due chiacchiere con Mario.

Giuseppe Seramondi narra:

"Sono stato un buon frequentatore della valVestino, prima come speleologo (anni 70/80/90) poi, conoscendo bene i luoghi, ho percorso quei sentieri in mtb. La Valvestino ha sempre ispirato leggende, per prima quella di sette fratelli che giunsero a odiarsi talmente tanto da decidere di non vedersi più per tutta la vita. Essi si sparpagliarono per tutta la valle, fondando ciascuno un paese, Bollone, Moerna, Turano, Persone, Armo, Magasa, Cadria. Questo è il motivo per cui questi paesi risultano invisibili l'uno all'altro. Veniamo ora a Case Droane, questo piccolo borgo si racconta che venne distrutto da un manipolo di Lanzichenecchi (anno 1470). Altri racconti parlano di peste. Rimasero solo due donne che rimaste sole cercarono aiuto a Magasa. Questo paese le respinse per paura del contagio. Esse proseguirono verso Aer (Tignale) dove trovarono accoglienza. Alla morte la donna lasciò in eredità la terra che possedeva a Droane subordinando il lascito all'osservanza di una clausola, cioè alla condizione che tutti gli anni a venire, il 26 Giugno, venisse celebrata una messa e che alla fine venisse distribuito un quintale di pane. Ad oltre quattro secoli di distanza questa clausola viene ancora rispettata e il giorno stabilito il parroco di Magasa sale alla chiesetta di S. Vigilio a Droane, a rinnovare il rito.

Veniamo ora all'Americana.

Io ho saputo di questa storia nel 1980 dalla sua cognata, essendo l'Americana p oramai morta. Come spesso succedeva in quelle povere valli alla fine dell 800 primi 900 molte persono erano costrette a emigrare cosi fu anche per un giovanotto di Droane. Con un viaggio per quei tempi molto difficile e avventuroso arrivò a New York e da li a San Francisco. Trovò lavoro e anche una ragazza americana. Si innamorarono e iniziarono una vita insieme, dopo qualche anno il richiamo della sua terra divenne troppo forte e convinse la moglie a seguirlo a Droane. Immaginate il passaggio per quella donna da una città ad un paesino sperduto in Valvestino dove per arriare non esistevano strade. Per arrivare solo a Gargnano bisognava prendere la barca, poi non parliamo per arrivare a Droane. Dopo un lungo viaggio comunque arrivarono alla loro meta. Ebbero dei figli ma putoppo lui mori lasciando tutti soli e poveri. L'Americana non si perse d'animo e restò per sempre in quel luogo. In tutta la valle lei fu per sempre l'Americana. Mori novantenne senza mai ritornare a San Francisco."

Ed ora ditemi voi se le storie non sono materia meravigliosa e potente. Ed andare in bici per monti è solo una scusa per trovarle come si trovano i funghi e poi condividerle con gli amici.























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