OL SIMÀL - DRITTI AL CUORE
Dritti al cuore. Proprio così, oggi andiamo dritti al cuore
delle Orobie. Senza soste, senza passare dai rifugi, senza percorrere sentieri battuti.
In un unico balzo saliremo da Valbondione a “Ol Simàl”, un colle posto a 2712
metri di quota ovvero il punto più alto del popolare “Sentiero delle Orobie”.
Questo passaggio si affronta, di solito,
nella quarta tappa del trekking, quella che collega i rifugi “Brunone” e
“Coca”, la più impegnativa, riservata ad escursionisti esperti, in grado di
muoversi con sicurezza lungo sentieri scoscesi e attrezzati con catene, in cui la
presenza di vedrette e canaloni innevati obbliga all’utilizzo di ramponi e
piccozza.
Quando si desidera andare a fare visita ai giganti delle Orobie
e godere dello spettacolo di queste cime che sfiorano il cielo oltre quota 3000,
una volta giunti alla testa della Valle Seriana, ci sono due diversi itinerari.
Il primo parte da Fiumenero, da lì si raggiungono le pendici del Pizzo Redorta
e della Punta Scais, dopo avere percorso il ben segnalato sentiero che risale
l’intera valle e i ripidi pendii finali, sostando al Rifugio Baroni al Brunone.
Il secondo parte da Valbondione e all’arrivo consente di andarsi a specchiare
nel laghetto di Coca e ammirare l’immagine riflessa del Pizzo Coca, la cima più
alta di tutte le Orobie; quindi è possibile sostare e pernottare al Rifugio
Mario Merelli al Coca da cui i più
preparati potranno salire alla bocchetta dei Camosci e da lì, lungo la via
normale, sino alla vetta.
Oltre a questi due frequentati accessi verso le alte cime, ne
esiste un terzo più selvaggio e meno conosciuto. Percorrendo la strada di
fondovalle, tra Fiumenero e Valbondione, pochi immaginano che sui ripidi
versanti, alle spalle delle frazioni di Gavazzo e dei Dossi, possa esistere un
tracciato di grande interesse paesaggistico e in connessione con la rete
sentieristica presente in quota. Su questo percorso la montagna custodisce
gelosamente luoghi unici, terrazze affacciate sulla valle, in cui l’uomo ha
lasciato un segno del suo passaggio e la
solitudine regna sovrana.
Oggi quindi puntiamo dritti al cuore delle Orobie, oggi in
un balzo saliremo sino a “Ol Simàl”.
Il cammino sarà lungo e faticoso, per questo si consiglia
una partenza mattutina quando il fondovalle è ancora avvolto nell’ombra. Prima
di entrare nel paese di Valbondione, si parcheggia sulla sinistra, nel piazzale
sterrato posto nei pressi del deposito dei bus di linea, qui ha inizio il
sentiero 331. Si risale una bella mulattiera nella frescura di un bosco di
faggi e in meno di venti minuti si giunge in località Salvasecca, un piccolo
pianoro sostenuto da una barra rocciosa, da cui si domina il paese di
Valbondione. Le vecchie cascine sono state recuperate e ora ospitano un
agriturismo, con annessa fattoria didattica che offre interessanti proposte di
soggiorno. Si prosegue oltre, sino a sbucare su una strada sterrata che ha
malamente cancellato il tracciato storico della mulattiera che saliva sino alle
Stalle di Redorta. Si percorre lo sterrato sino ad attraversare la valle della Foga le cui acque precipitano in una
bella cascata. Prima di giungere al termine della carrareccia sulla destra si
stacca il sentiero da seguire per raggiungere la nostra meta. Anche se siamo
solo all’inizio di un lungo cammino, vale la pena fare una deviazione sino ai
prati della Stalle di Redorta, letteralmente sospesi sull’alta Valle Seriana e punteggiati
da baite sino al limitare del bosco. Tornati sui nostri passi, saliamo con
decisione lungo il sentiero seguendo sempre il segnavia CAI 331. A tratti si
costeggiano le condotte forzate che alimentano la centrale dei Dossi, poi si guadagna quota velocemente sino sbucare
oltre il bosco, raggiungendo la località Spiazzi. Siamo a quota 1680 e un dosso
pianeggiante si protende sulla valle, ospitando i ruderi di due edifici e un
brutto traliccio con dei ripetitori, che nulla toglie però alla bellezza del
panorama. Di fronte si apre la conca di Lizzola dominata dalla chiesetta della
Manina e dalla lunga dorsale del monte Sasna. Sul fondovalle, incastrato tra
ripidi versanti boscosi, il fiume Serio serpeggia sinuoso, come se giocasse con
i lunghi rettilinei d’asfalto della strada provinciale. Mancano oltre mille
metri di dislivello per raggiungere “Ol Simàl” e quindi ci rimettiamo in
cammino. Risaliamo i pascoli con una lunga diagonale verso destra, sino ai
pressi di una singolare struttura circolare, edificata sopra una parete
rocciosa. Ai suoi piedi, quattro cavità
artificiali raccolgono tutte le acque provenienti dalla gallerie sotterranee
che intercettano tutte le valli che incidono i versanti compresi tra i rifugi
Redorta e Coca. Questa località è
conosciuta come Pozzo ENEL e, vicino, si intercetta il sentiero della
traversata bassa che unisce i due rifugi. Il pensiero che l’intera montagna sia
stata forata per raccogliere le acque da utilizzare per la produzione di
energia idroelettrica, ogni volta mi lascia stupefatto. Mentre cammino mi
ritrovo ad immaginare quel labirinto sotterraneo in cui il buio e il
gorgogliare dell’acqua sono i compagni del suono prodotto dai miei passi sulla
pietra, in un improbabile trekking onirico. Mi riprendo dai pensieri mentre,
seguendo il segnavia CAI 334, salgo la scalinata che taglia la roccia sino al
pozzo. Ora la traccia si snoda evidente tra pascoli e ghiaioni, il suono
dell’acqua che scorre in mille rivoli e torrentelli è l’unica compagnia che
possiamo avere nella meravigliosa solitudine di questi luoghi. È da oltre tre
ore che camminiamo e ormai siamo in quota. Qui l’aria è più fresca, il cielo
terso e i panorami profondi. Il tempo scorre e il dislivello macinato aumenta,
con costanza si sale senza esitazioni, verso la prossima sosta che faremo in un
luogo da cui ci si può solo lasciare incantare.
Appena oltre un ripido tratto di sentiero, si doppia un crinale e ci ritroviamo a quota
2320 metri. Come per incanto, non nel fondo di una conca o nel mezzo di una
valle, ma proprio lì sul dosso, sospeso tra i monti, si apre un piccolo calice
d’acqua dalle forme perfette. Limpido occhio della terra spalancato verso il
cielo, che invita a prendersi una pausa per passeggiare lungo il suo limite e
osservare il grandioso paesaggio riflesso, le cui forme si moltiplicano come
fosse un caleidoscopio naturale. Protrarre la sosta sulle sponde del lago di
Avert è naturale, non solo per recuperare le forze e prepararsi al balzo
finale, ma soprattutto per godere il più a lungo possibile dello spettacolo che
si dispiega davanti ai nostri occhi e, lentamente, prendere consapevolezza che si sta
attraversando la soglia di un luogo magico che ci porterà dritti al cuore.
Con qualche esitazione si riparte, anche se lo sguardo
continua a cercare questo specchio liquido spalancato sul fianco della montagna
e sospeso sulla valle. Si percepisce chiaramente l’energia emanata dalla
montagna, si respira un’atmosfera rarefatta e selvaggia. La fatica inizia a
farsi sentire, il sentiero si inerpica tra pascoli magri, diventando una
traccia labile tra rocce rossastre e instabili ghiaioni. Ci troviamo a
percorrere la testata della Valle Antica, un nome evocativo che ben si addice a
questi luoghi spogli e primordiali in cui si avverte la potenza della natura,
la forza della terra. Ben presto si incrocia il Sentiero delle Orobie,
proveniente dalla Vedretta dei Secreti, altro toponimo su cui fantasticare, e
si affronta l’ultimo strappo che porta a “Ol Simàl”.
Sei ore di cammino, millenovecento metri di dislivello, ed
eccoci giunti dritti nel cuore delle Orobie. Non servono parole, basta il
silenzio di questi luoghi a raccontare ciò che si prova: emozioni e pensieri
che si rincorrono e lentamente si quietano, sedimentano dentro di noi. Un sorso d’acqua e del
cibo, gustati ascoltando la musica del silenzio che la montagna ci offre,
aiutano a godere tanta bellezza.
È ora di rientrare, il ritorno sarà lungo. Ci attende il
ripido canalino e poi la discesa in planata sino al coreografico laghetto di
Coca, quindi, con le gambe ormai molli e le ginocchia provate, percorreremo la
lunga e conosciuta discesa dal rifugio Coca a Valbondione. Giunti in paese,
volgendo lo sguardo verso quei versanti su cui si è svolto il nostro cammino,
solo la fatica ci confermerà che questo
viaggio non è stato un sogno.
Pubblicato su "OROBIE" - ottobre 2014
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