Maslana. Agosto 2014. Oggi salgo
al Pinacolo in compagnia di Gianni e mentre camminiamo lungo l’antica
mulattiera che si inerpica al borgo, sembriamo due comari chiacchierone. Lui,
al primo impatto, è una persona schiva, quasi timida, ma quando si entra in
confidenza è un perfetto compagno di viaggio e di scalata. Gianni è nato e vive
a Castione della Presolana. Ha iniziato a scalare non giovanissimo, era già il
1988 quando, con i fratelli Colombo, fa la “gavetta” sulla montagna di casa: la
Presolana.
Nel
suo girovagare verticale, nel 1991 arriva a Valbondione e sale a Maslana per
vedere da vicino il Pinnacolo o come lui ama chiamarlo “il Pinacolo”, così lo
indicano locali, così sta scritto sulle cartografie. Insieme ricostruiamo la
storia della parete, ricordi e aneddoti si accavallano. Mi racconta della sua
prima scalata sul Pinacolo e di tutte le volte che è tornato per ripetere le
vie del “Nuovo Mattino”, ma sempre con l’idea di aprire delle linee dove
venisse esaltato il piacere dell’arrampicata, senza troppi spaventi. “Itinerari su cui si possa godere – mi spiega
Gianni - della solidità della roccia, dell’eleganza dei movimenti, della
bellezza dell’ambiente e dove la componente dell’impegno psicologico sia
ridotto, esaltando quello tecnico e fisico.” E continua: “Le fessure di “Pegaso” o di “Vent’anni” sono
bellissime ma senza alcuna protezione presente in loco, richiedono
determinazione ed esperienza, quindi non sono accessibili a tutti. Poi fin
quando si resta nelle fessure, dove comunque ci si può proteggere, questo è
accettabile, ma sulle placche compatte mi sono convinto che si debbano
percorrere altre strade.”
Alla
fine degli anni 80 qualcuno si è già avventura sulle placche compatte del
Pinacolo con due approcci differenti. Nel 1988 Conti e Simoncelli chiodano a
spit “Il sacro tempio” la via viene
subito ripetuta e anche Gianni la percorre, purtroppo lo stile di apertura non
è encomiabile. “Questa via –ricorda
Gianni - è stata attrezzata calandosi
dalla cima. Ognuno è libero di chiodare come vuole una nuova linea, ma facendo
così si toglie quella dimensione d’avventura, quel gusto particolare della
scoperta che, in fase di apertura, è una componente importantissima. Riuscirò a
passare no? Avrò intuito l’esatta sequenza dei movimenti? Tante sono le domande
che ti fai mentre sali su terreno vergine e le risposte le trovi solo
proseguendo, scalando, proteggendonti e se necessario modificando il proprio
cammino in relazione a quello che ti suggerisce la roccia, con le sue forme e
le sue caratteristiche.”
Nel 1989 Ennio Spiranelli e Nello
Moioli salgono dal basso “Maslana beach”,
piantano solo tre spit e dei piccoli chiodi a lama che non garantiscono alcuna
tenuta in caso di volo. L’impegno tecnico e psicologico è notevole e i rischi
che una caduta abbia conseguenze poco piacevoli è quasi garantito. “Quando chiodo una via – afferma Gianni –
penso già a chi la ripeterà e cerco di
posizionare le protezioni fisse, i fix, in modo tale che i ripetitori possano
godere dell’arrampicata senza rischiare di farsi male. Anche se una componente
di rischio nell’arrampicata resta sempre, il mio modello di riferimento è
quello delle vie plasir che in quegli anni si diffondevano in Svizzera e
Francia.”
Quindi con le idee ben chiare, già
da allora, in quella lontana estate del 1997, sale sino ai piedi del Pinacolo carico
di tutto il materiale. Alla base ripulisce un grottino da cui prendono il via
le sue due prime creazioni, a destra si sale “New age” e sinistra “Il
risveglio”. La roccia compatta e rugosa, la chiodatura non troppo distanziata,
le difficoltà costanti e mai elevate, le soste comode e ben attrezzate
decretano l’immediato successo delle due nuove nate. Da subito non passa fine
settimana che non si contino più di una cordata impegnata sulle vie di Gianni. Il suo obiettivo di creare vie d’arrampicata dove fosse il piacere
della scalata a predominare era raggiunto, glielo confermano ancora oggi le
decine e decine di cordate che affollavano le sue creazioni. Scalatori che
apprezzano immensamente il perfetto stile plasir , giocando in equilibrio su
queste grandi placche, nonché l’arrampicata tecnica ed estetica che questa
strana roccia offre.
“Se poi
ci mettiamo l’incantevole paesaggio alpino in cui si scala e la possibilità di
avere un posto privilegiato in prima fila per vedere lo spettacolo delle
cascate del Serio, il quadro è completo.” La soddisfazione di Gianni è grande,
quando mi parla di questo. È la passione il motore che lo spinge sempre in
avanti, lui non è un alpinista professionista, durante la settimana lavora, è imbianchino,
e all’arrampicata si dedica solo nel tempo libero.
Nel mentre
continuiamo a salire, oltre il bosco c’è un punto esatto dove il Pinacolo
appare come un missile proiettato nel cielo, una lancia di pietra dalle forme
perfette e degne delle guglie di protogino del Monte Bianco. Ci fermiamo a
osservarlo e per un attimo cala il silenzio. Lo sguardo perlustra la est
inondata dal sole e la sud dove placche e diedri si alternano tra ombra e luce.
“Oggi siamo fortunati – esclama Gianni – non c’è nessuno in parete. Saremo
soli.” Saliamo, sostiamo più volte e sicuramente, ne io ne Gianni, ce la siamo
mai presa così comoda come oggi, ma se arrampicare è un piacere, oggi il
piacere sarà spinto al massimo.
Passiamo
in rassegna tutte le vie della parete, oltre venti, di cui sette sono quelle
che portano la sua firma. Dal 1997 al 2002 ha confezionato questi sette viaggi
verticali che continuano a richiamare molti scalatori e hanno fatto conoscere
questa montagna a un più vasto pubblico alpinistico, stimolando anche la
riscoperta degli itinerari classici in fessura. Ormai siamo alla base della
parete e decidiamo di scalare le due vie da cui è partita questa new age. Ora
non saremo più noi a parlare, ma sarà la roccia a narrare la sua storia, fatta
di vuoto, verticalità e piacere.
Storia in pillole
Maslana. Giugno 1997. Il rumore
di un trapano si scioglie nel vento, la punta d’acciaio ruota spedita, forando
la roccia a trasformarla in uno sbuffo di polvere che si disperde nell’aria.
Così ha inizio la “new age” di questo
luogo, questo rumore ne segna “il
risveglio”, per mano di Gianni Tomasoni.
Prima di allora era già stato
oggetto d’attenzione alpinistica. Negli anni
70 Luciano Suardi sale ben tre itinerari. Se la via “Il decennale” e la “Via degli
amici” sono cadute nel dimenticatoio, lo “Spigolo sud-est” è un itinerario
estetico e impegnativo, ancora oggi ripetuto. In quegli anni anche l’attenzione
di Walter Bonatti si posa sulle belle forme della parete che sovrasta Maslana.
Bonatti, con l’amico Dino Perolari sale ai piedi del Pinnacolo con l’idea di
aprire un nuovo itinerario, le linee che aveva individuato però coincidono con
quelle che Suardi ha appena salito. Bonatti si limita a ripeterle.
Negli anni 80, il “Nuovo Mattino” si impone. All’alpinismo eroico si
contrappone il gioco-arrampicata, dove al raggiungimento della vetta non viene
data alcuna importanza e ci si concentra sul gesto e sulla sua componete
estetica, il tutto con toni dissacratori e goliardici. A testimonianza, ancora
oggi restano le vie con i loro nomi: “Bingo
bongo”, “Vent’anni di sfiga”, “L’ultimo shoapoo del generale Custer”, “Pegaso
Machine”, “La finestra di Landerloof”, “I funghi buoni”, “Il precipuzio dei
cammelloidi”. Dietro a questi nomi fantasiosi e irriverenti, non solo si
mascherano itinerari in libera di grande impegno, ma c’è anche un gruppo di
fortissimi arrampicatori che hanno radicalmente influenzato e rivoluzionato la
storia dell’arrampicata e dell’alpinismo di quegli anni: Alessandro Gogna, Ivan
Guerini, Umberto Villotta anche se un nome su tutti torna ed è presente ad ogni
salita, colui che è l’artefice di questa vitalità: Andrea Savonitto detto “Il
Gigante”. Delle prime vie in placca di Spiranelli- Moioli e Conti-Simoncelli ne
abbiamo già parlato. Arriviamo quindi agli anni
90, all’era plasir di Gianni e qui la storia del Pinnacolo non finisce.
L’ultima nata è una via in placca di alta difficoltà “La fiamma”. Nel 2012 Fulvio
Zanetti, Ernesto Cochetti aprono questo stupendo itinerario che si sviluppa
sugli specchi aranciati della parete est per 250 metri, con difficoltà sino al
7c+ (7a obb.)/S3/II. La prima salita in libera è stata realizzata dallo stesso
Fulvio in compagnia del giovane talento Maurizio Tasca. Non sono mancate le
prime ripetizioni che ne confermano l’impegno e la bellezza.
Pubblicato su "OROBIE" - giugno 2014
Pubblicato su "OROBIE" - giugno 2014
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