Nell'aprile 2009 Alp dedica la copertina alla Presolana, in una bellissima foto di Riky Felderer c'è Piera Vitali che scala su Miss Mescalina. Nelle pagine interne della rivista si trova una monografia dedicata alla nostra Regina. Tra gli articoli, che avevo scritto allora, vi era anche "Le pareti di Ennio" che vi ripropongo. Questa storia ora meriterebbe di essere aggiornata perchè in questi pochi anni Ennio Spiranelli ha creato altre quattro linee di cui tre sulla sua parete preferita "La Ovest". Anche per questo motivo siamo tornati a scalare sul mantello di pietra della Regina accompagnati da Matteo Zanga, amico e fotografo di gran classe e dotato di una sensibilità particolare.
LE PARETI DI ENNIO
Esisteranno sempre avventuriere: esseri sradicati,
incapaci di adattarsi, costantemente in partenza, che non hanno mai tregua e
stanno sempre con un piede sollevato. Se vedono una
montagna devono scalarla, se vedono un baratro ci si devono tuffare, se scoppia
una tempesta si piazzano con il viso controvento. Si portano dietro
una sorta di eterno prurito. A volte riescono nell’impossibile: d’un tratto il
sole li riscalda in faccia.
Mikael Niemi “Il manifesto dei cosmonisti”
Mikael Niemi “Il manifesto dei cosmonisti”
Molti sono
gli alpinisti che hanno trovato una loro linea tra le pieghe del mantello di pietra
della Regina. La storia alpinistica di questa montagna è una storia corale,
fatta soprattutto da bergamaschi e bresciani. Curiosando nell’elenco delle vie
vi è però un nome che ritorna regolare dal 1980 sino ad oggi, quello di Ennio
Spiranelli. Lui ha dato inizio ad un differente modo di concepire ed aprire
nuove vie. Con la sua banda di amici ha lasciato tracce del suo passaggio su
ogni versante e ogni parete. La sua passione non si è esaurita in poche
stagioni. Tutti gli anni una pulsione non sopita lo spinge ad esplorare ogni
angolo di questo massiccio, dalle potenzialità apparentemente inesauribili.
Tutto ha
avuto inizio il 9 e 10 agosto del 1980 quando Ennio, con Sandro Fassi e Gigi
Rota, sale “A Federico” (dedicata a Federico Madonna) sulla parete sud della
Presolana di Castione. A distanza di anni si comprende appieno quanto questa
salita abbia portato un cambiamento radicale nel piccolo mondo alpinistico
locale. Sino ad allora sulla sud si andava per salire lo spigolo dei fratelli
Longo del 1931 e la via di Bramani e Ratti del 1943. Le altre linee degli anni “60
e “70 venivano ripetute raramente, vuoi per i tracciati a volte poco interessanti
ed estetici, vuoi per l’abbondante ricorso all’artificiale, vuoi per la
necessità di doverli richiodare. Il vento del “nuovo mattino”, oltre alle EB Supergratton e la fascia tra i
capelli, porta aria nuova anche in queste valli. Si sognano placche solari da
salire in libera, si discute di protezioni veloci, non più di “lotta con
l’alpe” ma di gioco e piacere da condividere con gli amici. Sulla Presolana di
Castione Ennio & C intuiscono una linea: la vogliono estetica e su roccia
buona: “Avevo18 anni – ricorda Ennio – il mio primo tiro da capocordata, il mio
primo bivacco in parete. Non riuscivamo a dormire. Sandro, per ammazzare il
tempo, aveva inventato un giochino con alcuni sassolini. Sotto di noi le luci
di Castione e dietro il Corzene sbucavano fuochi d’artificio. Il mattino dopo i
miei compagni mi mandarono davanti a chiodare. Non mi sembrava vero. Fu la
prima via aperta in Presolana, chiodata in funzione dei futuri ripetitori, non
togliemmo nessuno dei chiodi messi per la progressione. In
poco tempo diventò una superclassica. Sempre con Sandro e Gigi, il 21 dicembre
dello stesso anno tornammo per la prima invernale”
“A Federico” diventa subito una via di riferimento e le ripetizioni sono innumerevoli, le difficoltà arrivano sino al VII, i chiodi sono tutti in loco e basta un mazzetto di dadi per integrare le protezioni nelle fessure. La lama a mezzaluna, la placca compatta, il muro giallo diventano, negli anni, riferimenti precisi per chi si accinge a ripetere le nove lunghezze di questa via. Ancora oggi resta una classica del massiccio che non sfigura affatto accanto agli itinerari a spit che la circondano e rispetto ai quali mantiene un maggiore fascino.
“A Federico” diventa subito una via di riferimento e le ripetizioni sono innumerevoli, le difficoltà arrivano sino al VII, i chiodi sono tutti in loco e basta un mazzetto di dadi per integrare le protezioni nelle fessure. La lama a mezzaluna, la placca compatta, il muro giallo diventano, negli anni, riferimenti precisi per chi si accinge a ripetere le nove lunghezze di questa via. Ancora oggi resta una classica del massiccio che non sfigura affatto accanto agli itinerari a spit che la circondano e rispetto ai quali mantiene un maggiore fascino.
Il 6 novembre
del 1983 con Antonello Moioli, Vito Bergamelli e Massi Fassi salgono “Tramonto
di Bozard” al Torrione Sud della Presolana di Prato. “Eravamo appena tornati da
un viaggio a Fointainbleau. L’arrampicata incominciava ad essere qualcosa di
più di un semplice passatempo. Avevamo dei pantaloni scozzesi coloratissimi che
ci facevano sentire più forti e soprattutto diversi dagli alpinisti con i
pantaloni alla zuava. Con pochi chiodi ed un mazzetto di dadi ed eccentrici
abbiamo salito queste cinque lunghezze, su roccia compatta e lavorata
dall’acqua. Il VI grado era già un bel risultato per noi, ma la soddisfazione
più grande era vedere nei mesi successivi numerose cordate impegnate sulla
nostra linea”
Nel 1985 Ennio, ancora con Gigi ed Antonello, ai quali si aggiunge Mario Carrara, torna sulla sud della Presolana Centrale e sulle placche a sinistra dello spigolo Bramani-Ratti. Il 14 luglio, salgono “SA.VI.AN” una bella linea su roccia compatta, con uno sviluppo di 250 m e difficoltà sino al VI A1. Chiedo ad Ennio il perché di questo nome: “Nei mesi precedenti tre amici ci avevano lasciato. Andrea per un incidente motociclistico, Sandro e Vito nel massiccio del Bianco, mentre stavano concludendo la salita della Sentinella Rossa alla Brenva. Io e Antonello, sulla Sentinella, eravamo pochi metri avanti a loro, ormai fuori dalle difficoltà, quando li abbiamo visti scivolare e sparire nel vuoto.- Ennio tace per un attimo, deglutisce, un respiro profondo e riprende a parlare - Questa via e’ nata dal desiderio di dedicare loro una salita”. Nell’inverno successivo con Antonello torna sulla via per la prima invernale.
Nel 1985 Ennio, ancora con Gigi ed Antonello, ai quali si aggiunge Mario Carrara, torna sulla sud della Presolana Centrale e sulle placche a sinistra dello spigolo Bramani-Ratti. Il 14 luglio, salgono “SA.VI.AN” una bella linea su roccia compatta, con uno sviluppo di 250 m e difficoltà sino al VI A1. Chiedo ad Ennio il perché di questo nome: “Nei mesi precedenti tre amici ci avevano lasciato. Andrea per un incidente motociclistico, Sandro e Vito nel massiccio del Bianco, mentre stavano concludendo la salita della Sentinella Rossa alla Brenva. Io e Antonello, sulla Sentinella, eravamo pochi metri avanti a loro, ormai fuori dalle difficoltà, quando li abbiamo visti scivolare e sparire nel vuoto.- Ennio tace per un attimo, deglutisce, un respiro profondo e riprende a parlare - Questa via e’ nata dal desiderio di dedicare loro una salita”. Nell’inverno successivo con Antonello torna sulla via per la prima invernale.
Sempre nel
1985 e sempre in compagnia di Antonello e Gigi, in due giorni d’autunno aprono “G.A.N.”
(Gruppo Alpinistico Nembrese), la via più lunga del massiccio: 700 m, sull’imponente parete
nord della Presolana di Castione. Anche in questo caso utilizzando solo chiodi
e protezioni veloci, e le difficoltà giungono sino al VI A1. “Gigi aveva
adocchiato questa linea, che ci lasciava perplessi rispetto alla qualità della
roccia. Due giornate intense passate in parete, tra dubbi sul percorso da
seguire, nebbia e roccia talvolta mediocre. Ricordo che sugli ultimi tiri, a
causa di un temporale in arrivo, i capelli si drizzavano e l’aria friggeva
d’elettricità. Giunti in vetta la gioia è stata immensa. Si tratta ancora oggi
di una salita che ha il sapore di antico e che sono tornato a ripetere altre
volte. Nel febbraio del 1990 sempre con Gigi ed assieme a Marco
Birolini, ci sono tornato d’inverno. Due giorni intensi e
freddi per arrivare a capo della nostra linea. Nella stagione fredda questa
parete è un po’ il mio piccolo Eiger”
Arriva il
1989 e dopo due brevi itinerari aperti sulle solari e compattissime placche
della Presolana Orientale, Ennio e l’inseparabile Gigi, accompagnati da Franco
Nembrini tornano a nord, esattamente sulla Nord: “Nel settore sinistro della Nord
c’era solo la via dei Moch, aperta negli anni sessanta, mentre nel settore
destro della parete ad opera di Gregorio Savoldelli e soci, nel 1987 e 1988, erano
nate due nuove vie di stampo moderno: “Un Giardino per Gianmario” e “Le
Medaglie di Matley”. Anche noi volevamo lasciare un segno e quel grande
pilastro grigio, bordato da volte strapiombanti, era molto bello ed invitante,
anche se prometteva difficoltà sostenute. Per la prima ed unica volta abbiamo
utilizzato alcuni spit in apertura, pensando ai ripetitori in alcuni punti dove
eravamo passati con il solo utilizzo di chiodi, il secondo di cordata ha
rimosso quelli poco affidabili e li ha sostituiti con uno spit. Studiando dal
basso il probabile percorso della via, avevo notato una grotta in piena parete,
appena fuori dalla linea di salita, poteva essere un ottimo posto da bivacco.
Ci abbiamo bivaccato, si è rivelata una vera e propria suite a 5 stelle con
muschio in terra e dimensioni di un monolocale”. Nasce così “Grande Grimpe” una
via ancora oggi molto gettonata.
Nel febbraio
del 1990 ci sono condizioni meteo particolari. Solitamente sulla nord il freddo
non manca e la neve che si deposita in parete resta sempre polverosa e
inconsistente. In quell’inverno l’alternarsi del freddo intenso, portato dai
venti polari, con i rialzi termici causati dallo scirocco, confeziona un
meraviglioso regalo per chi sa guardare ed aspettare: “Da anni seguivo questa
linea di colate che speravo si collegassero tra loro. Ogni volta che salivo con
gli sci al Timogno scrutavo la
parete. Quell’anno sembrava che le condizioni fossero
favorevoli. Resto in attesa sino a quando penso sia arrivato il momento giusto
e allora chiamo Gigi, Marco e Vanni
Gibellini. Durante l’avvicinamento avevo dei dubbi, ma dal primo tiro prendiamo
atto che la situazione è ottimale e va oltre ogni nostra aspettativa. Saliamo
la via in giornata ed interamente con ramponi e picche. Uno spettacolo! La
linea non poteva che chiamarsi “Orobic Ice” e da allora non è stata più
ripetuta, anche perché dubito che si sia più riformata”
Ennio
continua ad esplorare e a tentare nuove linee sia d’estate che d’inverno I
progetti in cantiere sono molti, ma in questi anni si dedica soprattutto ad
arrampicare su vecchi itinerari, poco o per niente ripetuti. È grazie a lui che
linee bellissime come la
“Placido” escono dal dimenticatoio e iniziano ad essere salite.
L’ultima nata
è “In cammino con Marco e Cornelio”
aperta il 9-10 settembre 2006 con Giangi Angeloni: “Il triangolone da anni mi
aspettava. Siamo sempre sulla nord della Presolana di Castione: il mio piccolo
Eiger. Dopo alcuni tentativi invernali il progetto si era arenato ai piedi di
questo grande pilastro cuneiforme “il triangolone”. L’abbiamo salito d’estate
in due giorni, in modo onesto e pulito, niente spit e con il minimo utilizzo di
chiodi. Così andava salito. Al momento giusto. Un grazie di cuore a Giangi che
mi ha accompagnato in questa bella avventura.” Questa linea è stata
immediatamente ripetuta in solitaria da Ivo Ferrari e successivamente da altri
alpinisti locali. Si tratta di una via lunga (sviluppo 500 m) e molto impegnativa,
non tanto per le difficoltà che non superano il 6b, ma per la chiodatura
ridotta all’osso e la difficoltà di integrarla posizionando protezioni veloci aggiuntive.
Nella parte alta la roccia è compatta e di ottima qualità. la sua ripetizione è
un grande viaggio, intenso e soddisfacente.
Alla
richiesta di cosa combinerà ancora in futuro, Ennio sorride. “C’è tanto da fare.
Ho qualche cantiere aperto che spero di portare a termine nei prossimi inverni.
Ultimamente però mi sono dedicato alle ripetizioni di vie dimenticate. Recentemente
mi sono emozionato nel percorrere la linea aperta sulla parete del Fupù, nel
1986, da Marco e Sergio dalla Longa,
due carissimi amici purtroppo scomparsi. Il loro ricordo mi accompagna ogni
volta che salgo ai piedi della Presolana”
Olera - Marzo 2009
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