“Stiamo
volando!” urlano i due piccoli dalla fila davanti. Le ruote si sono appena
staccate dalla pista di decollo. La carlinga è inclinata e punta con decisione
verso l’alto. I motori fanno vibrare qualsiasi cosa, rombano. Stiamo volando,
vorrei anch’io esclamarlo, ma mi limito a fare rotolare queste due parole nella
mia mente. Sorrido per l’innocente stupore urlato dai due cuccioli. Forse è lo
stesso stupore mio, quello che provo ad ogni decollo e che la mia età non mi fa
urlare. Sorrido al pensiero di me che, al prossimo viaggio, mi metto ad urlare
”Stiamo volando! Stiamo volando!”, tra gli sguardi attoniti di sconosciuti passeggeri.
“Più su!” urla uno dei cuccioli. “Si! Più su!” gli fa eco l’altro. Loro danno voce al mio stupore. L’aereo è piegato in una lunga virata, accelera schiacciandoci contro i sedili, dal nostro finestrino guardiamo in su, verso le nubi. Ci entriamo, ci accolgono, ci avvolgono. Attraversiamo mondi di inconsistenti vapori. Turbolenze atmosferiche ci fanno danzare, vuoti d’aria tolgono il fiato. I bimbi urlano meravigliati e lanciano esclamazioni di gioia. Li guardo di squincio tra i sedile, ne vedo le teste ricciute e sorrido. Poi si cresce e arrivano paure, che come lame si insinuano nella tua mente, paure incoerenti che lottano con il tuo raziocinio e che cerchi di tenere a bada, cerchi di nascondere. Le voci dei piccoli mi riscuotono dai pensieri e dai timori. Loro non sembrano averne, incollati ai finestrini godono di tutto, occhi spalancati al mondo che gli viene incontro. Si continua a ballare. Dagli oblò entra più luce. I cuccioli danno voce a me bambino ed esclamano: “Il cielo! Guarda!”. Stupore, continuo stupore. Mai dare nulla per scontato ed essere sempre pronti a meravigliarsi del cielo che vediamo tutti i giorni e che non è mai identico a se stesso. Sapere cogliere ogni piccola variazione. Infinte modulazioni di aria e vapori, sfiorati dalla luce. Voliamo tra architetture fantastiche.
Sono incollato al finestrino e mi sembra di essere in un film di Hayao Miyazaki, dove tutto è possibile. Il confine tra realtà e fantasia si infrange e il sogno prorompe nella vita, si fondono intimamente tra loro. Non importa il confine non importa il limite, non ci sono limiti e confini. Apro l’oblò, i due bimbi mi prendono per mano e usciamo a giocare tra quei giganteschi cuscini candidi. Saltare, nascondersi, correre, urlare, ridere. Nessuno si è accorto che siamo usciti. Nessuno si cura di noi. C’è chi legge, chi chiacchiera, chi dorme, chi guarda fuori distratto. Noi siamo lì, fuori. Felici giochiamo tra i vapori leggeri, sospesi tra le mille e mille goccioline d’acqua. D’improvviso si colorano d’arcobaleno, sgraniamo gli occhi per la meraviglia. Immobili guardiamo la luce che ci attraversa- I colori ci avvolgono, iniziamo a ballare e a rotolarci tingendoci di mille sfumature. Alziamo lo sguardo verso il sole. L’aereo è la in alto, avanza insieme a noi. Ora noi siamo nella sua ombra e tutto intorno ci abbracciano cerchi concentrici di luce e colori. Un arcobaleno tondo ci avvolge, ci protegge. In quel tunnel iridescente risaliamo la colonna d’ombra. Ci arrampichiamo veloci aggrappandoci ad appigli rossi, gialli, arancioni, verdi, blu, indaco e poi ancora rossi, gialli, … Come scimmiette veloci ed agili arriviamo all’aereo. I nostri sguardi complici si incrociano mentre rientriamo dall’oblò e quatti quatti lo richiudiamo dietro noi, senza fare alcun rumore. Nessuno si accorto della nostra fuga, riprendiamo possesso dei nostri sedili con sorrisi monelli stampati sulle labbra. Mi affaccio, oltre il vetro scorgo l’ombra dell’aereo proiettata sul soffice manto delle nubi, attorno a quel punto scuro anelli concentrici d’infinite goccioline difraggono la luce nelle sfumature dell’arcobaleno. “Lo spettro di Roentgen” mi dico mentalmente, mentre ripenso ai tempi del liceo e alle lezioni di fisica. Con voce squillante il bimbo nella fila davanti chiede: “Papà! Giochiamo?”. Io ascolto e sorrido.
“Più su!” urla uno dei cuccioli. “Si! Più su!” gli fa eco l’altro. Loro danno voce al mio stupore. L’aereo è piegato in una lunga virata, accelera schiacciandoci contro i sedili, dal nostro finestrino guardiamo in su, verso le nubi. Ci entriamo, ci accolgono, ci avvolgono. Attraversiamo mondi di inconsistenti vapori. Turbolenze atmosferiche ci fanno danzare, vuoti d’aria tolgono il fiato. I bimbi urlano meravigliati e lanciano esclamazioni di gioia. Li guardo di squincio tra i sedile, ne vedo le teste ricciute e sorrido. Poi si cresce e arrivano paure, che come lame si insinuano nella tua mente, paure incoerenti che lottano con il tuo raziocinio e che cerchi di tenere a bada, cerchi di nascondere. Le voci dei piccoli mi riscuotono dai pensieri e dai timori. Loro non sembrano averne, incollati ai finestrini godono di tutto, occhi spalancati al mondo che gli viene incontro. Si continua a ballare. Dagli oblò entra più luce. I cuccioli danno voce a me bambino ed esclamano: “Il cielo! Guarda!”. Stupore, continuo stupore. Mai dare nulla per scontato ed essere sempre pronti a meravigliarsi del cielo che vediamo tutti i giorni e che non è mai identico a se stesso. Sapere cogliere ogni piccola variazione. Infinte modulazioni di aria e vapori, sfiorati dalla luce. Voliamo tra architetture fantastiche.
Sono incollato al finestrino e mi sembra di essere in un film di Hayao Miyazaki, dove tutto è possibile. Il confine tra realtà e fantasia si infrange e il sogno prorompe nella vita, si fondono intimamente tra loro. Non importa il confine non importa il limite, non ci sono limiti e confini. Apro l’oblò, i due bimbi mi prendono per mano e usciamo a giocare tra quei giganteschi cuscini candidi. Saltare, nascondersi, correre, urlare, ridere. Nessuno si è accorto che siamo usciti. Nessuno si cura di noi. C’è chi legge, chi chiacchiera, chi dorme, chi guarda fuori distratto. Noi siamo lì, fuori. Felici giochiamo tra i vapori leggeri, sospesi tra le mille e mille goccioline d’acqua. D’improvviso si colorano d’arcobaleno, sgraniamo gli occhi per la meraviglia. Immobili guardiamo la luce che ci attraversa- I colori ci avvolgono, iniziamo a ballare e a rotolarci tingendoci di mille sfumature. Alziamo lo sguardo verso il sole. L’aereo è la in alto, avanza insieme a noi. Ora noi siamo nella sua ombra e tutto intorno ci abbracciano cerchi concentrici di luce e colori. Un arcobaleno tondo ci avvolge, ci protegge. In quel tunnel iridescente risaliamo la colonna d’ombra. Ci arrampichiamo veloci aggrappandoci ad appigli rossi, gialli, arancioni, verdi, blu, indaco e poi ancora rossi, gialli, … Come scimmiette veloci ed agili arriviamo all’aereo. I nostri sguardi complici si incrociano mentre rientriamo dall’oblò e quatti quatti lo richiudiamo dietro noi, senza fare alcun rumore. Nessuno si accorto della nostra fuga, riprendiamo possesso dei nostri sedili con sorrisi monelli stampati sulle labbra. Mi affaccio, oltre il vetro scorgo l’ombra dell’aereo proiettata sul soffice manto delle nubi, attorno a quel punto scuro anelli concentrici d’infinite goccioline difraggono la luce nelle sfumature dell’arcobaleno. “Lo spettro di Roentgen” mi dico mentalmente, mentre ripenso ai tempi del liceo e alle lezioni di fisica. Con voce squillante il bimbo nella fila davanti chiede: “Papà! Giochiamo?”. Io ascolto e sorrido.
9 giugno 2013 - 08:00 am
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