giovedì 31 agosto 2017

45 #UNIMMAGINEDICEPIUDIMILLEPAROLE – Gratitudine

Domenica 27 agosto 2017, 12:43:00 – Monte dei Giubilini (Villa d’Almè)

Ma che caldo fa? Sono sudato fradicio. Grondante. Non ho ancora fatto una pausa ed ecco davanti a me prendere forma l’occasione per fermarmi. Quando vedo certi alberi non riesco a passare oltre e restare indifferente. I carpini bianchi sono tra i miei preferiti, alberi solitari che mostrano i segni della loro età: il tronco contorto e le forme bizzarre. Mi svacco all’ombra di questo bellissimo albero e riposo. Contro il tronco ci sta fissata una tavola di legno che funge da panca e contro la panca ci appoggio la mia due ruote. Enrico me l’ha appena rimessa a nuovo, ci ha messo del tempo ma ha fatto un gran bel lavoro, la vecchia Dumper ne aveva proprio bisogno. Mi riposo ed osservo, mentre una brezza leggera mi asciuga la pelle. Le geometrie meccaniche, fatte d’acciaio, contrastano con le forme sinuose e ritorte, scolpite nel legno dal passare del tempo. Con questo caldo, a quest’ora, non c’è nessuno in giro. Proprio nessuno non è vero, uno scoiattolo mi ha attraversato il sentiero, poco fa, dopo avere scollinato alla Forcella di Rua, e ho salutato alcuni escursionisti alla Cà del Lacc, prima, e al Pisgiù, poi. Ora qui non c’è proprio anima viva. E ascolto il silenzio punteggiato, come una partitura, dai suoni del bosco. Note sparse fatte dai soffi del vento, dallo stormire di foglie e rami, dai trilli di invisibili uccelli, dagli schiocchi del legno che si tende e dal ronzare degli insetti. In lontananza si sentono i richiami di caccia lanciati da una coppia di nibbi reali che volteggiano sopra la cima del Canto Alto. Godo nell’ombra fresca della chioma mentre sorseggio l’acqua, ormai calda, rimasta nella borraccia. Osservo questo esemplare di carpino bianco. Il fogliame denso, i verdi intensi e cangianti giocano con le trasparenze della luce. Il tronco costoluto come fosse scolpito da una mano attenta e fantasiosa. Sotto la corteccia liscia e lucida mi pare di vedere i fasci di fibre ad intrecciarsi tra loro secondo logiche a me sconosciute, mi pare di sentire fluire della linfa grezza che sale dalle radici alla chioma e l’intenso lavorio della fotosintesi. Mi rialzo e prima di riprendere la discesa faccio scorrere la mano sulla scorza dell’albero seguendone i capricci delle forme e apprezzando la sensazione di fresco che trasmette alla mia pelle. Può sembrare fottutamente melenso e romantico o terribilmente new age, ma in questi momenti provo un senso di gratitudine. Anche ora lui produce ed io consumo, ossigeno. Ed anche oggi me ne servirà parecchio per completare il giro e rientrare a casa.

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