sabato 4 marzo 2017

26 #PICCOLESTORIE - Péch e pala. Intàt che te pàrlet, fà 'ndà i mà!

"Prendersi cura dei luoghi per prendersi cura di se stessi"
I veci (foto S. Codazzi)
“Mauri! Intàt che te pàrlet, fà 'ndà i mà!” così mi diceva la mamma mentre da piccino la aiutavo nell’orto. Mi piace chiacchierare con gli amici e, sarà che l’educazione materna ha sortito i suoi effetti, apprezzo particolarmente se, mentre si parla, si fanno andare mani e piedi. Non per forza correndo o scalando ma anche prendendosi cura delle cose e dei luoghi che ci stanno attorno, magari armeggiando con “Péch e pala”.
L’altro giorno su invito di Stefano e Sandro per un’intera giornata ci siamo ritrovarti in Valgua per prenderci cura della falesia storica della valle, dove sono passati tutti, ma proprio tutti, prima di spostarsi negli altri settori. Alzi la mano chi non ha fatto almeno un giro su “Donald Duck” o su “Boletus”.
Generalmente ci piace parlare della storia dell’alpinismo e delle grandi imprese, di quella via difficilissima mai ripetuta o che conta la salita solo di qualche big. Oppure ci si meraviglia e si commenta la news in merito al tiro più duro mai scalato al mondo e di come sia forte Tizio o Caio. E mentre rimastichiamo la storia e le notizie del mondo verticale, forse nemmeno ci siamo mai chiesti qual è la piccola storia della falesia in cui scaliamo d’abitudine o dove arriviamo casualmente. Magari ci lamentiamo pure per il sentiero d’accesso scivoloso o la base scomoda, per non parlare di quello spit o troppo alto o troppo basso, o di quella catena un poco vecchiotta e via dicendo. Di solito facciamo ciò senza nemmeno renderci conto del gran lavoro e della passione messa in gioco per creare, ripulire, attrezzare il luogo in cui arrampiachiamo. Facciamo fatica a pensare che tutto ciò non nasce dal nulla ma ci sono mani, volti e nomi che hanno messo e mettono giornate di lavoro per creare questi meravigliosi “giocattoli” a disposizione di tutti. Chissà quanti climber giunti a Minolandia si saranno lamentati di questo o di quello. Appuntare ciò che c’è da sistemare in una falesia e su una via è sacrosanto e non si discute, ma poi è anche una buona cosa dare il proprio contributo anche solo con “Péch e pala, e intàt che te pàrlet, fà 'ndà i mà!”
Così ci siamo ritrovati e durante la giornata, tra una badilata e un colpo di piccone, le parole fluiscono e piccole storie prendono forma. Sembra incredibile ma a Minolandia ci andiamo a scalare da quasi trent’anni.
MINOLANDIA 1988-2017. All’inizio fu Mino Manenti che tra l’88 e ’89 incominciò a pulire alla base e in parete, chiodando ciò che diverrà il meraviglioso scudo della Terra di Mino: Minolandia. Trent’anni fa gli spit erano artigianali e vennero messi a mano, altro che trapano! Non vi dico le soste, tanta roba rigorosamente artigianale. A pensarci oggi pare preistoria ma ai tempi era il non plus ultra. Se poi ci mettiamo l’avvicinamento breve e la vicinanza a Bergamo fu da subito molto frequentata, soprattutto nelle serate estive dopo il lavoro. Ai tempi furono chiodate anche tre brevi linee sulla placchetta posta in basso a sinistra: “Qui”, “Quo” e “Qua” e pure altre tre viette sul torrioncino staccato posto ancora più a sinistra. Proprio da questa zona saliva il sentiero d’accesso a Minolandia.
Nel 1999 entra in scena il gruppo ClimBerg capitanato da Stefano assistito dal prode Sandrino e dal tecnico Fabrizio, circondati da alcuni amici sempre pronti a lavorare per la causa verticale. In quell’anno in tutta la valle di Valgua fù un gran fermento, si fa una colletta tra i climber, il CAI d’Albino da il suo contributo. Nella lista delle cose da fare c’è prima di tutto la richiodatura di Minolandia. Tutti i tiri vengono richiodati con resinati e le soste sostituite con soste resinate a norma. Si aggiungono ulteriori quattro tiri: “Valguamania”,“Vento solare”, “Rovescio d’occasione” e “Prendi il Fossile”. Si sistema un poco anche la base della parete. Da quell’anno inizia la grande frequentazione di questa falesia e anche degli altri settori sparsi tra i boschi di Valgua.
Nell’inverno 2004-2005 un crollo investe la placchetta di “Qui” “Quo” “Qua” e il sentiero d’ingresso. Prontamente si schiodano le tre viette e pure quelle sul pilastrino, si abbandona il sentiero e se ne traccia uno nuovo, quello attuale.
I bocia con il Boss (foto S. Codazzi)
11 febbraio 2017 - Da tempo se ne parla, di mettere mano alla cengia basale di Minolandia. Stefano ha lanciato l’appello e alla fine: i più “veci” si sono presentati al mattino mentre i giovinastri si sono fatti vivi nel pomeriggio. Tutti insieme abbiamo fatto un bel lavoro e ognuno se nè tornato a casa soddisfatto perché “Col péch e pala, intàt che ma pàrlat, toc an’ma fàc 'indà i mà!”
E quando torneremo a scalare nelle Terre di Mino, o in qualsiasi altra falesia, lo faremo con maggiore consapevolezza, con più soddisfazione e magari lamentandoci di meno.
Un grazie particolare alla Climbing Technology, al CAI di Albino, al GAN di Nembro e a tutti coloro che hanno contribuito alla colletta per l’acquisto del materiale.

E non mancate al prossimo appuntamento, i lavori continuano.

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