GRIGNONE – parete
ovest - Benigno Balatti
racconta.
Questa mattina abbiamo un appuntamento a Mandello Lario.
Benigno ha promesso di portare Matteo e me in un posto a cui è particolarmente
legato, lo Zucco Sileggio. Una cima sospesa sopra il lago, una meta per nulla
alpinistica, ma con un panorama decisamente esclusivo. La vista sul lago, come
da tutte le montagne di questa zona, è impagabile ma, come ci fa notare
Benigno, questo è l’unico punto da dove si può avere una visione frontale del parete
ovest del Grignone. Parete di cui lui conosce ogni anfratto, ogni segreto e che
noi desideriamo esplorare in sua compagnia. Però ora andiamo con ordine.
Benigno Balatti, classe 1954, parla con calma e la sua voce
fluisce senza sosta con quella cantilena tipica dei paesi della sponda lecchese.
Chiacchierando è evidente il forte legame che lo unisce a Mandello, paese dove
è nato, cresciuto e, ancora oggi, vive. Paese nelle cui fabbriche ha lavorato
come operaio e sulle cui montagne si è formato come alpinista. La sua casa è
posta a monte della linea ferroviaria, anche se si vede il lago, i binari
costituiscono una specie di confine tra due mondi. Così spiega Benigno: “Ci sono i Laghei e quelli sopra la ferrovia,
sopra siamo i Montanari. Io vado anche al lago ma non sono capace nemmeno di
nuotare, preferisco andare nei boschi, preferisco la montagna in tutti i sensi,
non solo arrampicata, non solo alpinismo estremo ma anche andare per funghi,
camminare, insomma rilassarsi.” Mentre parla prende lo zaino e usciamo di
casa, ci avviamo lungo la strada verso la mulattiera che, oltre le ultime case,
sale tra gli alberi spogli del bosco. Benigno sorride e ha uno sguardo mobile e
irrequieto, da persona curiosa. Le sopracciglia spesso si inarcano in un
espressione di meraviglia, disegnando sulla fronte rughe profonde e regolari.
La sua voglia di raccontare le mille storie vissute tra le sue montagne è
prorompente e travolge, questo suo entusiasmo è contagioso e trascina. Mentre
camminiamo, quando siamo nei pressi del Santuario di Santa Maria, mi guarda e
dice: “Pensa te, come cambiano le cose.
Un tempo, fino a qualche hanno fa, ero uno che non parlava o parlavo poco. Ora
invece ho voglia di raccontare e non mi importa di quello pensa la gente, se
vogliono mi ascoltano, altrimenti … - si interrompe e ridacchia, per poi
esclamare in dialetto – rimango sempre ù
selvadec”.
Benigno ha scalato in tutte le Alpi e si è pure concesso
alcune spedizioni extraeuropee, soprattutto in sudamerica. Il suo terreno
prediletto è quello dell’alta montagna. Se parliamo del solo Monte Disgrazia,
lì ha salito ben venti nuovi itinerari di ghiaccio e misto. Oggi però la storia
che gli chiedo di raccontare è quella del suo alpinismo a Km 0, quello fatto
partendo direttamente da casa a piedi e con lo zaino in spalla. Quell’alpinismo
che dalle sponde del lago lo ha portato a vagabondare sui versanti più selvaggi
delle Grigne, sino a scoprire le linee effimere che d’inverno compaiono sulla
parete ovest della Grigna settentrionale e che conducono immancabilmente al
rifugio Brioschi, arroccato sulla vetta della montagna.
Ormai è da più di un ora che camminiamo, sulla ripida
traccia che risale il crinale verso lo Zucco di Tura e da lì al Sileggio ci
troviamo sospesi nel sole. Alla nostra sinistra le acque del lago, increspate
dal vento, si stendono come un nastro ad incastrarsi tra i monti, alla nostra
destra, ammantate di neve e avvolte nell’ombra, le Grigne si offrono in tutta
la loro bellezza. Sostiamo, ci sediamo nell’erba secca. Benigno, mentre
racconta, osserva con attenzione le sue montagne che ci circondano e che ogni
giorno vede dalla finestra di casa e dalle strade di Mandello. Le stesse
montagne che lo hanno visto crescere e per le quali nutre una passione incondizionata.
La stessa passione che continua ancora oggi a spingerlo verso l’alto, anche
solo per camminare, esplorare e continuare a sognare.
Aveva 13 anni quando con alcuni amici ha iniziato a scalare,
le prime vie di quarto e quinto grado furono
utili per prendere dimestichezza, per giocare. Poi a 16 anni è arrivato il
momento di percorrere le lunghe vie dalla Medale, la grande parete che sovrasta
Lecco, ormai pronto ad affrontare difficoltà di sesto e settimo grado. Dopo la
scuola dell’obbligo ha iniziato subito a lavorare, ma tutto il tempo libero era
dedicato alla montagna e all’arrampicata. “Abitando
in questo posto eravamo sempre in giro per i boschi e eravamo sempre allenati,
per noi era naturale andare in montagna e con la Grignetta qua sopra casa,
tutti i fine settimana salivamo ai Pian dei Resinelli, dormivamo in qualche
baita, dove ci ospitavano. Si mangiava poco ma si era sempre in giro a scalare.”
I suoi occhi sorridono mentre racconta e lo sguardo si abbassa a cercare quella
striscia di case schiacciate tra la riva del lago e la montagna, da dove anche
oggi siamo partiti. In quegli anni di formazione la figura di riferimento, per
Benigno e i suoi amici, è la guida alpina Giuseppe Alippi, meglio conosciuto
come il
Det. Con lui si lega in cordata e a 18 anni percorre le impegnative
vie del Sasso Cavallo e del Sasso Carbonari.
In quei primi anni ’70 sulla difficile via Oppio faranno la prima ripetizione senza
bivacco, per la prima volta una cordata riesce a venire a capo di quella linea strapiombante
in giornata. “A 20 anni arrampicare era
come una droga, non ci bastava mai. C’era anche il lavoro, era faticoso. Alla
domenica sera tornavamo stanchi morti dopo un fine settimana passato in
montagna, ma al lunedì mattina, mentre entravo in fabbrica, stavo già pensando
a qualche progetto per il fine settimana successivo e i giorni volavano
nell’attesa che arrivasse il venerdì sera.”
Riprendiamo il cammino e ben presto calchiamo la vetta dello
Zucco Sileggio, davanti a noi la parete Ovest del Grignone si mostra in tutta
la sua bellezza, alcune nebbie la velano per poi dissolversi. Grandi cornici di
neve si protendono nel vuoto e incombono sui canaloni che la solcano, bordati
da speroni calcarei. Sono ben sei le linee d’arrampicata che salgono la parete
e due sono state salite per la prima volta da Benigno. Lui ce le indica e le
descrive nel dettaglio, si ricorda esattamente tutto: date, orari, difficoltà,
gli amici di cordata, è una fonte inesauribile di informazioni, dettagli e
aneddoti. “Vedi? uesta, anche se la in fondo c’è il lago e la sua quota
è modesta, per me è una grande montagna. D’inverno tutto si trasforma e diventa
impegnativo, difficile, e se parti a piedi da casa nel pieno della notte, per
poi trovarti in parete alle prime luci dell’alba, è come essere al Monte
Bianco.” Lo ascolto e poi gli chiedo il perché di questo amore per
l’inverno e le linee di ghiaccio e neve così effimere e mutevoli, itinerari che
si devono curare, conoscere e salire al momento opportuno. “Quando ho iniziato a scalare non si faceva
nulla in inverno. Ci si limitava ai canali della Grignetta, alla cresta Segantini
e al canalone ovest sul Grignone. Però a me l’ambiente invernale piaceva
tantissimo e ho subito capito che quello era il mio alpinismo, i luoghi dove vivere
delle grandi avventure. Quindi ho iniziato ad esplorare e qui c’era tutto
quello che cercavo e di cui avevo bisogno.“
Benigno continua a raccontare della sua vita passata tra i
canali, sulle rocce e sul ghiaccio della sua montagna, mentre lo ascolto mi
perdo nel guardare la parete ovest che lentamente viene scolpita dai raggi del
sole che, nel primo pomeriggio, iniziano a lambirne le costole rocciose e a
disegnare con minuzia le cornici e le creste di neve. Il tempo scorre lento e al
termine della giornata ci lasciamo con la promessa di rivederci al più presto,
per andare a fare visita alla parete e salire insieme una delle sue linee,
legati alla medesima corda.
GRIGNONE – PARETE
OVEST
Ieri sera Benigno mi ha chiamato: “Domani sulla Ovest le
condizioni saranno perfette! Lo zero termico si abbassa e questa notte gelerà
tutto. Alle 4 ti aspetto al Cainallo, vedrai che prima di mezzogiorno saremo in
vetta?” Rispondo senza esitare: “Ok! Ci sarò.” È ancora buio quando arrivo al
luogo dell’appuntamento, Benigno è lì che mi aspetta, un vento freddo da nord
strapazza le chiome spoglie dei faggi. Un saluto, due parole e siamo già in
cammino verso la Bocchetta di Prada e il rifugio Bietti. Durante
l’avvicinamento con il suo aiuto ripasso la storia della parete. Per ogni via,
ogni luogo, ogni anfratto, dalla sua memoria scaturiscono mille ricordi,
aneddoti, immagini e storie.
Il “Canalone Ovest” è la più
evidente delle linee da salire in inverno, incide il centro della parete e
punta dritto ai 2410 metri della cima della Grigna Settentrionale, anche
conosciuta come Grignone. Fu percorso per la prima volta nel lontano 17 ottobre
1874, in discesa da Giovanni Gavazzi, Julien Grange e Primo Ballati
Nella
parte di sinistra vi sono altre tre linee che sbucano sulla Cresta di
Piancaformia. All’estrema sinistra troviamo Il “Canale della Fiamma” o “Couloir
Festorazzi-Galperti”, aperto da Lorenzo Festorazzi e Francesco Galperti, nei
òprimi anni duemila. Poi abbiamo l’evidente “Canalone di Sinistra”, un’altra
grande classica da salire con piccozze e ramponi, di cui non si conoscono i
primi salitori. Incastrato tra questo e il “Canalone Ovest”, troviamo il “Couloir
Zucchi”, impegnativo itinerario, caratterizzato da una dura sezione su roccia,
aperto nel 1959 da Corrado Zucchi e compagni. Nella porzione di destra della
parete, dove predominano gli speroni e le barre rocciose, si sviluppano i due
itinerari più impegnativi, entrambi aperti da Benigno nel dicembre del 2003. “Magic
Line”, aperta con Massimo Poletti il
13 Dicembre e dedicata a Sergio Gianola, è ormai diventa una grande classica per chi ama le
condizioni effimere della scalata su ghiaccio sottile. Ancora più a destra “La
storia infinita” è stata aperta con Lorenzo Castelli e Andrea Fasoli il 17 e 18 Dicembre
2003. Questa linea, dedicata a Marco della Santa, per le precarie sezioni di
misto e roccia da salire con piccozze e ramponi, è la più impegnativa e ha
richiesto anche un bivacco in parete, per attendere che il rigelo notturno
garantisse le migliori condizioni di sicurezza.
Mentre
ascolto le infinite storie di Benigno, lo seguo per canali e pendii nevosi, la
neve è portante e la progressione veloce e sicura. Senza rendermene conto
saliamo il “Canalone di sinistra”. Immerso nell’ombra della fredda parete mi
godo le chiacchiere e l’incredibile panorama che si apre sotto i nostri
ramponi. Il lago è una presenza incredibile e il contrasto tra le vele che
scivolano sui riverberi delle acque e noi che saliamo verso il cielo,
scatena emozioni difficili da
raccontare. Benigno si ferma per un attimo al mio fianco, in punta di piccozze
e ramponi mi osserva e sorridendo dice: “A fare queste cose torno bambino,
perché mi diverto un sacco. Queste sono le cose che ho sempre sognato da quando
ho iniziato a frequentare la montagna. È bellissimo!”
Pubblicato su "OROBIE" - ottobre 2014
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