“ … così come pieghe, rughe, espressioni scavate dalla felicità
o dalla malinconia non solo segnano un viso, ma sono il viso di quella persona,
che non ha mai soltanto l’età o lo stato d’animo di quel momento, bensì è
l’insieme di tutte le età e gli stati d’animo della sua vita.”
Claudio Magris “L’infinito viaggiare”
A volte al termine di un giorno di scalata, osservo le mani
con attenzione. Solo a volte, non sempre. Lentamente tolgo il nastro che
sostiene alcune falangi indebolite dall’uso e dal tempo. Lo sporco mette in
risalto ogni minima forma, ferita e screpolatura. Qualche grumo di sangue
rappreso impreziosisce le nocche o fa da corona alle unghie. La pelle appare
come una mappa dove ossa, tendini e vene disegnano i rilievi mentre le pieghe e
le linee, tutti i graffi e le vecchie cicatrici, incidono in profondità come valli. Le
mani, similmente ad una carta topografica, restituiscono la geografia di una vita. Le
mani, le mie mani, le mani di ciascuno di noi. Oggi è stata una lunga giornata,
vissuta in verticale. Loro, le mani, hanno fatto un grande lavoro. Ora, mentre
riposo sospeso sul vuoto, le esamino nel dettaglio, a lungo. Le muovo lentamente
per meglio comprenderne il paesaggio. Ripenso alle migliaia di appigli che hanno
cercato, carezzato e stretto con forza. Guardo la terra e la polvere che si è
infilata sotto le unghie, qui, dall’alto di questa parete. “Sporcarsi le mani”
è un modo di dire che mi è sempre piaciuto. Avere le mani sporche non mi dà
fastidio anzi, mi piace, non le nascondo, non me ne vergogno. Con soddisfazione
pregusto il momento in cui, al primo torrente, alla prima sorgente, le
immergerò nell’acqua fresca e, sfregandole con energia, torneranno pulite. Chilometri
di roccia sono passati sotto queste mani, la sento tutta questa roccia, come
rivedo ogni insetto che vi si è posato e sento ogni mano che ho stretto, ogni
carezze data. Sento lo srotolarsi di una vita. Tempo che si stratifica sulla
pelle. Pelle che non porta solo i segni di oggi, ma che ha memoria ed è frutto
delle mille pietre sfiorate. Mani come espressione di una geografia complessa e
profonda in cui scorgo le mani di chi mi ha preceduto e intravedo quelle di chi
verrà.
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