Daniele
nel suo zaino ha sempre delle banane. Ogni volta mi meraviglio nel vederle
fuoriuscire integre ed intonse, senza una schiacciatura o una macchia nera.
Sembrano appena acquistate dal bancone del fruttivendolo. Con gusto se ne mangia
una, ripone le altre e si riparte. L’altro giorno le banane sono restate ancora
una volta integre e, una ripellata dopo l’altra, si sono semplicemente
esaurite.
La
giornata era stupenda, la neve pure. La neve è sempre stupenda anche quando è
un poco crostosa e ventata ed i nostri sci faticano a mantenere le giuste
traiettorie. La ressa sulla cresta del Cabianca non ha infastidito, dopo di che
solitudine e grandi spazi ci hanno accolto in silenzio. Alla partenza della
terza ed ultima discesa, le banane erano finite, come più o meno le nostre
energie. Cabianca, Valrossa e Vallone dei Frati, erano alle nostre spalle e si
sa che in queste giornate si arriva sempre in cima all’ultima salita in riserva
paurosa, con la fatica che gonfia i muscoli delle gambe ed i crampi pronti a morderli.
In un momento di totale obnubilamento delle nostre capacità mentali, avevamo
pure pensato di scendere al lago Colombo e fare una puntatina al Farno. Per
nostra fortuna l’acido lattico che ingolfava le nostre fibre ci ha regalato
qualche momento di lucidità e dal Passo d’Aviasco, decidiamo di salire alla
forcella alta dei Corni di Sardegnana. Mi affaccio sul Vallone, sotto la
cornice il canale inizia ripido, dobbiamo scendere sotto la cornice e poi si
possono calzare gli sci. Con calma ci prepariamo e continuo a scattare foto a
Stefano e alla sua tenuta decisamente stilosa da cover-man. Colgo l’occasione
per dire che evito ogni commento sulla tenuta “pisamarathon” del prode Cardu, rendendomi
conto che già questo è più di un commento. Quindi continuo con Roby sfoggia una
classica linea della “G&G Casa Pile”, mentre Dan è sempre inguainato nelle
sue tutine performanti. E termino col dire che come al solito io sembro uscito
dal cestone dei saldi della “DEC”.
Sinora
nulla di speciale contraddistingue questa giornata superba come tante altre
vissute in questo inverno, giornate in cui un allegro gruppetto randagio si
diverte in lunghe traversate sulle montagne di casa. L’ingresso nel canale è
ripido ma non ci preoccupa, scenderemo uno per volta, brevi derapate, alcune
curve saltate e presto il pendio si apre. Laggiù, in fondo, due tracce sinuose
promettono una buona neve. L’imprevisto è dietro l’angolo e una giornata “normale”
diviene “fottutamente speciale”, il cui ricordo ci accompagnerà a lungo. Troppe
volte diamo per scontato che nulla può accadere, che tutto sia sotto controllo,
ma non è così, basta un’inezia e ci si trova a fronteggiare situazioni
inaspettate. Daniele parte, due curve saltate ed è nella strettoia, la neve è
gelata, le lamine raspano, derapata, altre due curve ed è sul pendio aperto.
Niente di particolare, si deve solo prestare attenzione. Stefano parte, alla
prima curva, gli si sganciano gli sci. Impreco tra me e lo osservo, scivola
lentamente sulla schiena, prende velocità, fa due piroette e poi riprende a
scivolare sulla schiena e si ferma nella neve morbida del pendio. Mannaggia non
ci voleva, penso, la scivolata non è stata lunga e a quell’omaccione non
dovrebbe essere successo nulla. Stefano si rialza a fa alcuni passi, si tiene
la spalla, Daniele lo raggiunge. Cardu scende e recupera gli sci, poi tocca a
Roby ed infine è il mio turno. Raggiungiamo Stefano e Dan. Sono usciti
dall’ombra e si sono portati su un dosso al sole. Sembra che la spalla si sia
lussata. Il Vallone dei Corni con i suoi millequattrocento metri di discesa è
sotto di noi, poi si deve affrontare una breve ripellata per risalire alla
strada che dal Calvi scende a Carona. Lui si regge sulle gambe ma non ha alcun
senso provare a scendere con la spalla in quelle condizioni. Siamo attrezzati
per l’autosoccorso ma optiamo per chiedere l’intervento dell’elisoccorso. Non
ci resta che aspettare e tenere alto il morale a Stefano, raccontando storielle
inenarrabili. Il rumore del rotore si preannuncia da lontano, il personale del
118 è preparato e professionale, il nostro omaccione è presto imbarellato,
ringraziamo i soccorritori e salutiamo Stefano. Volano via. Riprendiamo la
discesa, avvolti nell’ombra, non riesco a gustarmela, l’immagine di quella
banale scivolata continua a tornarmi alla mente. Alla fine tutto è andato bene
e Stefano si riprenderà presto, ma una distrazione di una frazione di secondo,
se su divano di casa non ha conseguenze, o quasi, tra i monti può aprire
scenari inimmaginabili, dove la montagna muta osserva e siamo solo noi artefici
e responsabili del nostro agire e del nostro futuro. Arrivati all’auto è strano
ritrovarsi in quattro, quando si era partiti in cinque. Ma presto sorrido,
sentiamo Stefano al cellulare, lui sta bene, ed intanto cade l’occhio nello
zaino, dove, quello che resta delle banane, sta meno bene, un mucchietto
ciancicato di bucce annerite.
A Pasquetta, ho chiamato Stefano per salutarlo. Stava cucinando. Inutile
dire che la spalla, anche se indolenzita, funziona alla perfezione.
Le immagini della giornata - PHOTOGALLERY
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