Da quassù si osserva il mondo che si apre a ventaglio tutt'attorno. Lo sguardo spazia libero in ogni dove. E me ne resto su questo morbido dosso, immaginandomi il roccolo come una rampa di lancio, puntato verso il cielo d’inverno, terso e profondo.
Oramai è un vizio che non ci vogliamo togliere. Oggi ci siamo goduti ben tre salite e tre discese per andare da casa al Monte Pler e farci delle "belle foto" vista lago. Un grazie al "Ronco" per la bella foto che mi ha scattato. Lunga vita alla mountain-bike. (foto di Marco Roncoroni)
Il mare d'inverno non è solo una bella canzone scritta da Enrico Ruggeri e cantata da Loredana Bertè, che canticchio spesso e mi riporta ai miei vent'anni. Il mare d'inverno è soprattutto un rito che si ripete ogni anno, una necessità che mi spinge a prendere una pausa e scendere dai monti, per affacciarmi sul mondo da prospettive diverse, lungo quella linea in cui la terra si immerge nelle profondità. Il mare d'inverno è il luogo delle poche parole e dei silenzi, dei lunghi cammini lenti, della quiete fatta di resine profumate, del fragore della risacca, del vento e della luce che cambiano sino all'ineluttabile tramonto, attimo che dischiude le porte alla notte. Il mare d'inverno, una necessità.