lunedì 26 settembre 2016

#15 UN'IMMAGINE DICE PIU' DI MILLE PAROLE

Domenica 18 ‎settembre ‎2016, ‏‎11:34:14 – Venezia – Biennale Architettura 2016 “REPORTING FROM THE FRONT”
Quale laguna vedrà Maria Reiche dall’alto della sua scala? Allora, alla fine degli anni quaranta, nel deserto di Nazca, cambiando punto d’osservazione la distesa di pietre prese forma in linee ordinate, fiori e uccelli. Ora la sua immagine ci lancia una sfida, “la semplice scala è la prova che non dovremmo attribuire alla mancanza di mezzi l’incapacità di fare il nostro lavoro”. La scarsità non deve essere una scusa per abdicare ma uno stimolo per immaginare, inventare, percorrere nuove strade e andare oltre le miopi visioni di chi ritiene sia inutile salire sulla scala. “Perché in tempi di scarsità, l’immaginazione è in pericolo. Mentre l’immaginazione è precisamente la possibilità di trovare occasioni nella scarsità. In tempi di scarsità, sembra esserci assenza di opportunità. Ma le opportunità non riguardano ciò che è possibile. Le opportunità riguardano ciò che si vuole rendere possibile.” Quindi ad ognuno di noi non resta che trovare la propria scala e utilizzarla, sempre!

giovedì 22 settembre 2016

#14 UN'IMMAGINE DICE PIU' DI MILLE PAROLE

Sabato 17 ‎settembre ‎2016, ‏‎18:22:37 – Jesolo – Spiaggia del Faro
Le onde si frangono sulla spiaggia e la salsedine in sospensione impregna l'aria. Zaffate d'aroma resinoso cascano dalle ampie chiome dei pini domestici. Le ultime bagnanti abbandonano le sdraio e lasciano, delle creme solari, scie di appiccicoso profumo. Respiro tutto mentre il sudore ricopre la pelle. Ingordo respiro mentre le gambe spingono regolari sul lungomare. Sento scricchiolare la sabbia sotto le suole. Geometrie perfette di ombrelloni chiusi, mutevoli sfrecciano alla mia sinistra. Una muraglia scomposta di alberghi svetta oltre le chiome dei pini e lenta scorre alla mia destra. Tra i due sipari lo sguardo è calamitato da quel cilindro verticale ed elegante che si erge solitario in fondo alla spiaggia. Mi hanno sempre affascinato i fari, luoghi di confine. Punti in cui la terra lascia spazio alle acque o le acque alla terra? Punti in cui qualcosa accade, dove le paure si scontrano con le curiosità, dove si deve trovare un equilibrio e dove il limite può diventare occasione di incontro e conoscenza. Punti di svolta. Vado oltre e costeggio il fiume Sile, gli edifici si sgranano nel verde della campagna e della laguna. Procedo sull'alzaia e l'acqua è in ogni dove, salmastra e apparentemente immobile. Attraverso nugoli di insetti che si appiccicano sulla pelle sudata. Dai canneti salgono versi di uccelli a me sconosciuti. L'involarsi di un airone mi fa trasalire. Per un tratto bianche garzette volano sopra il pelo dell'acqua, nella mia stessa direzione, alla mia stessa velocità. Questi sono esattamente quei momenti che danno un senso alla fatica, come un premio inaspettato. Poi mi abbandonano puntando verso il centro della laguna che si stende a perdita d'occhio. Mi fermo e mi guardo attorno, non mi pare vero. Un mondo completamente orizzontale di acque e vegetazione mi circonda, un mondo pieno di vita e fascino, un mondo senza riferimenti. Da qui non vedo nemmeno il faro e, quando realizzo questa assenza, mi sento felicemente perso. Ricomincio a correre e penso: questa strada sicuramente mi riporterà a casa. Le gambe spingono mentre mi godo il viaggio e il buio lentamente tutto avvolge.

UN VITA, IN SOLI TRENTAPASSI

UN VITA, IN SOLI TRENTAPASSI
"Penso che la montagna, per chi come noi la ama, non faccia che amplificare il nostro stato d'animo, la gioia e la felicità quando si è contenti, la tristezza e la nostalgia quando si è abbattuti. Ma se non si è predisposti a vivere questi momenti, le cime, i boschi, i sentieri, le rocce o la neve sono muti e sembrano non volerti più accettare e capire." (Roberto Ciri)


Ci siamo da poco incamminati verso la nostra meta, i passi scandiscono il tempo e il cammino si intreccia alle parole. “Sono nato a Foligno nel 1968 e nella mia famiglia non vi era alcuna tradizione di montagna. – così esordisce Roberto - Da ragazzo, se escludiamo un paio di passeggiata con mio padre, le montagne erano solo un mondo rappresentato nelle cartoline. Non immaginavo minimamente che si potessero salire per raggiungerne la vetta”. Le sue parole mi incuriosiscono e sono una premessa decisamente interessante per la nostra intervista in cammino. per conoscere lui e la sua grande passione che lo ha portato tra i monti e a creare e fare crescere i progetti web www.vienormali.it e www.3000dolomiti.it. Così continua: “Era il 1990, avevo 22 anni quando, universitario a Padova, ho scoperto che le montagne si potevano salire e scalare. Ho iniziato in Dolomiti e nelle Prealpi Vicentine, solo quando la passione per la montagna aveva ormai Intaccato in modo irrimediabile l’animo, sono tornato negli Appennini per esplorarli soprattutto nella stagione invernale.”
Roberto ha al suo attivo la salita di oltre 400 cime ma ciò che rende interessante ed unica la sua attività è il fatto di avere messo a disposizione il suo bagaglio di conoscenza, in modo preciso ed efficace, sia nel mondo del web che, più recentemente, in un progetto editoriale ricco e articolato.
La sua professione nel campo dell’informatica, come consulente nel settore del web marketing per aziende e per professionisti, unitamente all’amore per la montagna, gli ha fornito strumenti idonei a strutturare un sito che ad oggi è di assoluto riferimento per gli appassionati di montagna in cerca di informazioni sulle vie normali delle Alpi, degli Appennini e delle isole.
“Le vie normali sono da sempre una passione sia in termini escursionistici che alpinistici. In questa ricerca non sono interessato all’estremo in termini di difficoltà e impegno tecnico – e continua – ma ad una ricerca storica che mi porti ad una maggiore conoscenza della montagna. Ripercorrere i medesimi luoghi dove la storia dell’alpinismo e quella locale hanno preso forma è affascinante. Questi luoghi raccontano, se li sai osservare e interrogare con curiosità e attenzione.
Quando si parla di vie normali solitamente il pensiero va alle vie di salita delle grandi montagne, dalla normale al Monte Bianco a quella del Cervino, ovvero alla linea più semplice per giungere sulla vetta di una montagna difficile. Nella realtà anche la montagna più semplice ha la sua via normale di salita, non per forza si deve essere alpinisti. Per raggiungere la cima di moltissime montagne basta essere escursionisti con tanta voglia di camminare e la curiosità di scoprire nuovi orizzonti. Per questo motivo oggi non ci troviamo lungo una via normale di una grande montagna, tra ghiacciai tormentati o su una cresta sospesa nel vuoto, ma stiamo percorrendo il facile sentiero che ci porterà sulla vetta della Corna Trentapassi.
Lentamente saliamo, sul limitare del bosco si intravede la croce posta sul culmine e non posso non chiedergli cosa significa questa montagna per lui. “La cima della Corna è un bel punto in cui appollaiarsi, rimanere lassù a guardare il panorama e pensare un poco.” Roberto torna spesso su questa montagna in ogni stagione e in ogni ora del giorno e della notte, per una veloce corsetta, quando il tempo è tiranno, o per godersi il tramonto. Le vie normali, mi racconta, sono almeno tre. La breve e semplice salita da Cusato, in comune di Zone, l’impegnativo sentiero attrezzato con tratti di ferrata che percorre, partendo da Toline, la spettacolare cresta nord, oppure il sentiero che sale da Vello e che ormai è diventato il classico percorso della Vertical Race. Insomma la Corna Trentapassi è una montagna che offre una bella scelta di vie normali, una per ogni versante, e con infinite varianti e raccordi. Sicuramente su questi sentieri non si è definita la storia dell’alpinismo ma una storia fatta dalle persone semplici che sulle sue pendici hanno vissuto, allevando il bestiame e tagliando il bosco, e dalle numerose piccole storie fatte di emozioni e di un vissuto che ogni escursionista ha potuto assaporare durante la salita. I ricordi di Roberto, quelli che lo legano a queste creste, sono infiniti. “Quando giungi dal lungolago la Corna sembra una piramide compatta che affonda le sue radici nel blu profondo delle acque del lago. Poi inizi a salirla e a conoscerla, ad esplorarla e a restarne ogni volta stupito. Ne percorri le creste e le valli, i boschi e le praterie, piano piano ti rendi conto che l’immagine monolitica che avevi si frammenta, come in un caleidoscopio, in infiniti mondi, ognuno con le sue peculiarità e le sue caratteristiche.”
Mentre colgo l’emozione che vibra nel suo racconto ci avviciniamo alla cima, dove tutto converge nello spazio ampio della vetta. In silenzio percorriamo l’ultimo tratto e al cospetto della croce ci fermiamo. Lo sguardo spazia in ognidove per finire sempre con il perdersi a scrutare le increspature e i riverberi della acque del lago. In quelle acque le ripide pendici della nostra montagna si inabissano e da quelle acque, la montagna stessa, prende slancio ed energia per proiettarsi verso il cielo. Durante la sosta Roberto continua a spiegarmi il perché di questo progetto. “Lungo le vie normali, quelle semplici ma non conosciute e relazionate, su cui non vi è alcuna traccia, sei obbligato a pensare nel medesimo modo dei primi salitori. Si torna un poco pionieri cercando il percorso più logico lungo il versante. Tutto ciò mi affascina, siamo nell’era del digitale ma restano ancora spazi da esplorare, a condizione che ci si ponga nel giusto stato d’animo e con il desiderio di lasciarsi stupire”.
Dalle sue parole e navigando in rete scopro che il sito Vienormali.it è partito dalla passione diventando un progetto e in parte anche un lavoro. Roberto ha iniziato nel 2005 mettendo a disposizione, in un data base chiaro e facile da navigare, le sue oltre 200 relazioni. Da allora, in oltre 10 anni, si è costituito un bel gruppo di alpinisti/escursionisti che lo hanno affiancato nel lavoro e, sulla base di regole chiare e condivise, caricano le loro relazioni. Ad oggi sono circa 2900 le cime toccate, oltre 2500 le vie normali, 200 le vie di roccia, 150 le ferrate e 20 le vie di ghiaccio descritte. Negli ultimi anni è partito pure un progetto editoriale con “Idea Montagna – Editoria ed Alpinismo” che lo ha portato, in collaborazione con altri amici, a pubblicare ben sei guide, dedicate alle montagne lombarde e alle Dolomiti, mettendo a frutto il ricco bagaglio di conoscenza e informazioni di cui dispone.



Il tempo passa ed è giunta l’ora di scendere, Roberto parla in modo pacato e nel contempo determinato. “Sono 26 anni che vado in montagna e la passione e la motivazione restano le medesime. Tanti sono i cantieri in corso e i progetti per il futuro.” Prima di incamminarci gli chiedo se c’è una via normale che sente più sua o lungo la quale ha vissuto qualcosa di particolare e indelebile. “Molte son le vie normali a cui son legato e non saprei sceglierne una in particolare, ma ciò che amo di più è un sentiero e non una via normale, il sentiero da San Liberale al Pian della Bala sul Monte Grappa nelle prealpi Vicentine, quello è stato il mio primo sentiero percorso, era il 1990 e lì è nata la passione da lì ha avuto inizio il mio essere uomo di montagna. Da quel giorno non mi sono più fermato.” Ora tace e il silenzio ci avvolge, lo osservo mentre il suo sguardo accarezza la superficie del lago e si perde nelle sue profondità.

Pubblicato su "OROBIE" - 2016

Per conoscere Roberto Ciri www.vienormali.it

COL PIERO IN PARADISO

COL PIERO IN PARADISO
Dalle creste della Filaressa al Pizzo Paradiso






Il Piero, prima che mi accompagnasse in Paradiso, per me era solo una presenza virtuale, quello che per molti, ancora oggi, è PieroWeb.
È impossibile anche per noi, che non siamo certamente la generazione dei nativi digitali, non esserci imbattuti nel PieroWeb. Se in google cerchiamo informazioni sulle escursioni nelle Orobie, se digitiamo il nome di una cima o di un sentiero, è certo che nelle prime schermate ci troveremo un rimando a www.pieroweb.com.
Il sito, attivo dal 2001, è un vero e proprio portale che già fa trasparire l’indole e il carattere del nostro personaggio. Non è un’asettica raccolta di centinaia di escursioni e di tutte le info utili per organizzare ogni tipo di gita sulle Orobie, molti sono i contributi degli amici. Ci sono relazioni, racconti, immagini, musica, link che rimandano ad approfondimenti, cartografie, altri siti; c’è pure un canale You Tube e una pagina di Facebook molto frequentata. Navigando si ha la sensazione di essere presi per mano e accompagnati lungo i sentieri e tra i monti, grazie anche ad una ricca ed esaustiva documentazione fotografica.
Finalmente, in un pomeriggio d’inverno, ho la fortuna di conoscere il Piero. Fissiamo il nostro primo appuntamento. Per la nostra prima chiacchierata in cammino ci ritroviamo a percorrere il crinale che separa le nostre due case, i due paesi in cui viviamo. Camminando viene tutto più semplice, più naturale. Condividere i passi è il modo migliore per conoscerci e per me, raccoglitore di storie, ascoltare i suoi racconti fatti di passione, di montagne e di amicizia. Il Piero è nato e vive a Zogno, da lì parte per le sue scorribande nelle vallate bergamasche e alpine. Sostiamo sulla cima della Filaressa e quindi proseguiamo oltre, giunti sulla cima del Costone mi indica il suo paese e tra i tetti, che si affastellano attorno alla parrocchiale, quello di casa sua.
Con la sua voce briosa e irrequieta mi racconta dei suoi progetti e delle sue numerose attività, è piacevole ascoltarlo e cogliere la sua particolare visione delle cose sempre proiettata verso il futuro, verso ciò che ci attende e ciò che può accadere, il tutto amalgamato da curiosità ed energia.
Piero - 73 anni, sposato e padre di due figli -  affonda le sue radici e vive da sempre in quel pezzo di Valle Brembana che si stende ai nostri piedi. Laureato in Lettere, per 30 anni è stato professore, di cui 25 presso le scuole medie di Zogno. Ancora oggi è il riferimento per molti dei suoi ex alunni, per alcuni di loro è diventato “Il Prof delle Orobie”. Nel 2000, arrivata la pensione, finalmente può dedicarsi alle sue passioni: alla montagana, alla fotografia e all’informatica. Nell’arco di un anno le tre cose si fondono e danno origine al progetto “ObbiettivOrobie”, ovvero il portale di PieroWeb.com, che quest’anno compie 15 anni.
Con lo sguardo percorriamo le cime delle Orobie elencandole in un gioco di rimandi in cui ognuno aggiunge un tassello, il nome di una cima, la quota di un colle. In lontananza gli indico la mole del Pizzo dei Tre Signori e poi l’evidente incisione della Bocchetta d’Inferno e lui rilancia: “… e dopo l’inferno c’è il paradiso”. Io non colgo a cosa alluda il gioco di parole e dopo la bocchetta faccio notare l’inconfondibile profilo triangolare del Pizzo di Trona. Piero non molla e mi dice che la sua non è una battuta ma che quel profilo tondeggiante, tra la Bocchetta d’Infermo e il Pizzo di Trona, ha un nome e si chiama Pizzo Paradiso. Lo guardo stupito e gli confesso di non sapere nulla della sua esistenza. Piero mi guarda e dice: “Allora l’estate prossima ci andiamo insieme a fare un giro”.
Il tempo passa e l’estate arriva, puntuale arriva anche il Piero e con una telefonata mi invita in Paradiso. Qualche giorno dopo mi ritrovo, con lui e alcuni suoi amici, lungo la strada che sale ai Piani dell’Avaro, al punto di partenza del sentiero per il rifugio Benigni. Piero mi accoglie come se ci fossimo salutati ieri sera ed il cammino non si fosse mai interrotto in questi mesi di lontananza. Imbocchiamo il sentiero e sul ritmo dei passi riprendono i racconti. Piero ha sempre amato camminare ma prima di andare in pensione tra gli impegni familiari e di lavoro non riusciva a dedicarsi con costanza a questa passione. “Sono fortunato” mi dice sorridendo “Sono andato in pensione presto e in questi 15 anni ho avuto la possibilità di coltivare le mie passioni e di scegliere a mio piacere le giornate per andare in montagna”. Mentre chiacchieriamo cammina con regolarità, mai veloce e con un passo costante e attento, la Valle Salmurano si apre davanti a noi. Piero decide di salire verso la Bocchetta di Trona passando sotto le pendici settentrionali del Pizzo Giacomo. Io lo seguo senza riserve e gli chiedo se vada mai a spasso da solo. “Preferisco – dice Piero, mentre sale la ripida traccia - andare in montagna in gruppo, con gli amici, anche se non mi dispiace camminare da solo. Quando sono solo mi sento libero di scegliere a mio piacere la meta, il passo, le soste. Da solo, per questioni di sicurezza, scelgo percorsi facili e brevi, anche per non mettere in ansia i familiari a casa.”
Il tempo scorre, come scorre il sentiero sotto i nostri passi, e ci ritroviamo alla bocchetta, dove ci godiamo una sosta per uno spuntino ed un sorso di the. Ci guardiamo attorno godendoci il silenzio e i panorami che si aprono sul versante valtellinese. Rompo il silenzio: “Piero! I luoghi che attraversi cosa ti raccontano?” Ci pensa un attimo come se stesse raccogliendo le idee: “I luoghi che attraverso, come questo angolo di mondo su cui siamo affacciati, mi raccontano della bellezza del creato, fatto di montagne, di piante e animali ... mi meraviglio che tanta bellezza la si possa trovare appena fuori casa. Mi stupisco nel riscoprire ogni volta che esistano ancora ambienti incontaminati, dove la natura e le sue forze regnano sovrane.” Poi tace.
Riprendiamo il cammino e scendiamo verso il lago Zancone, senza raggiungerlo, per poi risalire verso il lago Rotondo. Piero mi racconta di quanto per lui sia significativo condividere queste sue esperienze e di come internet sia stato utile per veicolare la sua passione e fare conoscere le centinaia di escursioni compiute: Mi piace pensare che le escursioni che mi soddisfano possano interessare anche ad altri appassionati di montagna. Mi piace pensare che le belle emozioni da me provate le possano provare, ugualmente, anche altri. E poi l’apprezzamento da parte di tanti appassionati di montagna del lavoro svolto mi gratifica e mi stimola a continuare con passione.” Piero non è un collezionista seriale di cime, lo vedo meglio nei panni di un buongustaio che si gode ogni pietanza e nello stesso modo organizza le sue uscite e con gli amici se le gode senza fretta, senza affanni, con una semplicità estrema e genuina. Tra le tante parole a un certo punto ha detto una cosa che mi ha colpito: “Oltre il sentiero cerco ... il respiro del corpo, della mente, dell’anima.” Se devo sintetizzare in due parole quali sono i riferimenti di Piero e del suo camminare, mi verrebbe da dire: piacere e scoperta.
Mentre rifletto sul senso di queste due parole, il sentiero lentamente perde forza e si spiana, depositandomi nella conca del lago Rotondo, nel cui specchio d’acqua si riflette la piramide del Pizzo di Trona. Lì, di fronte a questo spettacolo, ho la conferma di come siano calzanti le parole “piacere” e “scoperta” all’andare per monti di Piero. Lui si volta, mi guarda e sorride; come fosse il custode di quel regno con un gesto del braccio e la mano aperta, mi mostra le montagne che ci circondano, mi indica la ripida traccia che porta alla sella e da li sulla cima del Pizzo Paradiso.

Dopo una breve pausa ripartiamo. Sull’erto pendio, che ci conduce alla vetta, poche ed essenziali sono le parole e restano soltanto gli sguardi che non riescono a nascondere la soddisfazione di essere giunti sino lì. Una volta sulla cima, ci stringiamo la mano e ci sediamo nell’erba. Ora ho un’ultima domanda per Piero: “Cosa senti in momenti come questo?” Lui ci pensa un attimo, mi pare indeciso e mentre lo sguardo si perde lontano: “L’emozione è forte, quando raggiungo la cima, specie se mi ha comportato fatica. In vetta provo gioia, soddisfazione, orgoglio, ... e finalmente mi rilasso mentre mi godo il panorama. Poi penso che non vorrei più scendere e sono dispiaciuto del tempo limitato che mi resta per godere di tutte queste emozioni. – Piero si volta  verso me e mi fissa con gli occhi che sorridono e infine esclama – Nessuno vorrebbe lasciare mai … il Paradiso



Pubblicato su "OROBIE" - 2016

Per conoscere Piero Gritti www.pieroweb.it

CAMMINARE SULLE ACQUE ALTE

CAMMINARE SULLE ACQUE ALTE
Con Cristian Riva ai laghi di Valgoglio

“Adoro la montagna. Risalire lentamente i suoi ripidi versanti, percorrere quei tortuosi sentieri tra i fitti boschi e le ampie distese prative. Adoro tutto ciò che l’avvolge e la rende speciale. Con la fotografia mi illudo di rubare l’emozione di quel preciso momento vissuto sui monti, un’emozione che porterò sempre con me.” Cristian Riva


Ieri abbiamo camminato nelle terre alte o per meglio dire sulle acque alte. Nove i laghetti che abbiamo lambito con i passi e sfiorato con lo sguardo. Quattro i compagni di cammino: Cristian, Marco, Camillo e Michele. Millecentocinquanta i metri di dislivello macinati dalle gambe, tredici i chilometri percorsi al battito del cuore e cinque le ore in cui i polmoni hanno prelevato ossigeno dal cielo. Questo è stato il nostro giro dei laghi di Valgoglio, lungo un sentiero che si srotola ad anello, seguendo un percorso che dalle fitte abetaie ci ha proiettato oltre le bastionate rocciose al cospetto del Monte Pradella ed affacciati sulla Valle Seriana.
Un luogo fatto di acque e rocce, dove il fascino degli spazi naturali si è fuso con gli evidenti segni che l’uomo ha lasciato, al fine di sfruttare la forza generatrice dell’acqua: condotte, dighe, case dei guardiani, canali, tralicci. Un luogo da narrare che è cornice di una storia, un modo insolito ma familiare per raccogliere il racconto di una passione e di una vita.
Questo è accaduto ieri ed oggi sono qui davanti allo schermo luminoso del mio portatile per ripensare e dare forma alle intuizioni che ho avuto mentre i miei passi erano i suoi, mentre il mio sguardo era il suo. Digito il suo nome in un motore di ricerca e vado diritto sul suo sito, una home-page elegante con una intestazione semplice ed efficace “Cristian Riva - Sui sentirei con lo zaino ed una reflex” proprio di Cristian vi voglio raccontare. Già da una prima occhiata appare chiaro che il nucleo della passione è lo sguardo che lui ha sul mondo e il desiderio di trasmettere, con l’esattezza e la precisione dell’immagine fotografica, l’emozione di un istante. Nel sito di istanti ce sono centinaia perché, ad uno sguardo attento, centinaia sono le occasioni per raccogliere la meraviglia: dalle scalette che si inerpicano sui colli di Bergamo sino alle alte cime delle Orobie, dai borghi nascosti nelle pieghe delle vallate alpine ai panorami dolomitici. Sfogliando virtualmente le pagine si coglie una particolare attenzione per il dettaglio, un occhio attento sia allo scorrere delle stagioni che al restituire le vicissitudini della storia ed i segni che questa ha lasciato tra i monti. Navigo e mi perdo tra le pagine, continuo a sfogliarle. Sulle labbra mi affiora un sorriso quando ritrovo una citazione di Walter Bonatti, una di quelle frasi che conosco e che sento anche mia “Da quassù il mondo degli uomini altro non sembra che follia, grigiore racchiuso dentro se stesso”. Cristian, ovvero la persona che emerge da queste pagine, è esattamente la stessa persona che ieri camminava al mio fianco, una combinazione di sensibilità e di attenzione. Tra le pagine trovo il racconto della gita ai laghi di Valgoglio, esattamente il nostro percorso di ieri, leggo ed osservo le immagini, vengo rapito e mi ci perdo dentro, ogni scatto racconta e conduce in quei luoghi sospesi. Il reale si è fuso al virtuale, il cammino e il sudore di ieri nella placida navigazione di oggi, il cielo terso e i riverberi delle acque nella luce azzurrognola riflessa dallo schermo del pc nel buio della mia cucina. In questo gioco di rimandi i miei pensieri si perdono e inizio a dubitare che tutto ciò sia accaduto e mi chiedo se io lì ci sono stato veramente. Ecco che la mia attenzione viene richiamata dal tasto “Libro di vetta”, sposto il cursore e faccio un click. Si apre una pagina in cui è possibile lasciare un proprio pensiero, lì trovo la conferma che tutto è accaduto e che il nostro cammino ci ha portato realmente a specchiarci in quegli occhi liquidi aperti verso il cielo: “Ilaria – Mercoledì, 09 Settembre 2015 – 12:53 – Abbiamo avuto la fortuna di incontrarti durante il giro dei laghi di Valgoglio, ti ringraziamo ancora per essere sempre una grandissima fonte di ispirazione! Ilaria e Alex”. Ieri effettivamente abbiamo incontrato Ilaria e Alex e queste due semplici righe restituiscono pienamente il senso della passione di Cristian. Passione che non è solamente il motore di questa sua costante tensione verso le montagne, mosso dal desiderio di fermare il tempo in un click, ma è anche voglia di condividere questo bagaglio di emozioni. Condividere tramite il web per essere stimolo ad altri affinchè, incuriositi dalle proposte e ammaliati dalle sue immagini, si infilino lo zaino in spalla per ripercorrerne i medesimi passi.
Se nove sono i laghi non potevano essere che nove gli spunti per chiacchierare durante il cammino con Cristian.
Si prende il via dalla località Bortolotti, la condotta forzata indica il cammino, la seguiamo, ed oltre il bosco si supera la bastionata rocciosa per giungere al pianoro dove sorgono le costruzioni dei guardiani delle dighe. Ci concediamo una breve sosta e mentre ripartiamo chiedo a Cristian da dove nasce la passione per la montagna. “Forse da sempre! – esordisce - Da piccolo, volente o nolente, “dovevo” seguire i miei genitori nelle classiche camminate verso il Calvi e i Gemelli. Poi, nel mezzo dell’adolescenza, trascorrevo le vacanze estive sull’altopiano di Selvino, punto di partenza per quelle che allora mi parevano le cime più alte del mondo: le Podone, la Cornagera, la Filaressa, il Pioeto ed il Purito. Lentamente, senza che me ne accorgessi, la passione dei miei genitori è diventata anche la mia. Ora, come fosse un “testimone”, la passione per la montagna è qualcosa che sto cercando di trasmettere anche alle mie due figlie, Valentina e Giorgia di 20 e 13 anni. Con loro, e naturalmente con mia moglie, ho ripercorso gli stessi sentieri di un tempo, verso i rifugi, verso il Calvi ed i Gemelli.”
Proseguiamo e la traccia torna ad essere ripida ci alziamo di quota e sotto di noi si scorgono lo Stagno Molta e il lago Resentino. In fila indiana proseguiamo diretti alla Capanna Giulia Maria, oggi siamo in tanti e tutti abbiamo voglia di chiacchierare. È fuori di dubbio che è meglio muoversi in compagnia, anche per motivi di sicurezza, e solleticato sul tema della solitudine ecco cosa ci racconta Cristian: “Scelgo spesso la camminata solitaria. Pur non disdegnando la compagnia, che molto spesso mi ha permesso di imparare moltissimo dagli altri. Però camminare da solo mi regala un qualcosa in più che altrimenti andrebbe perso. Adoro quel costante silenzio dal quale affiorano pochi e preziosi rumori, quelli che la quotidianità non mi permette di ascoltare. Il suono del vento che asciuga il sudore, quello dei passi tra le foglie d’autunno, il rumore della natura che si risveglia o il frusciare improvviso di un animale selvatico in fuga. Ma il suono più prezioso è quel rumoreggiare interiore, fatto di domande e risposte, di riflessioni sospese che solo il camminare in solitudine fa emergere dal tuo profondo”
Mentre procediamo verso il lago Canali, sulle cui sponde sorge la Capanna Lago Nero, l’incontro con Ilaria e Alex, sposta il discorso sul perché avverte questo bisogno di raccontare e condividere le proprie emozioni. “È talmente esplosiva la carica che accumulo durante un’escursione, dalla semplice passeggiata lungo le scalette di Bergamo, sino al tetto orobico del Pizzo Coca, che mi è impossibile tener dentro di me tutto questo “ben di Dio”. Per evitar di esplodere, devo condividere e rendere partecipe chiunque di questa bellezza e felicità.” Presso il lago Nero ci fermiamo e mentre ci guardiamo attorno e lasciamo che il sole asciughi il sudore, si parla delle montagne di mezzo mondo su cui abbiamo camminato e arrampicato: “La bellezza e la felicità di cui parlavo,- afferma Cristian - non le si trova per forza i capo al mondo o chissà dove, ma sono proprio qui vicino, dietro l’angolo a due passi da casa. Bisogna solo guardarsi attorno e lasciarsi stupire. Guarda che meraviglia questo lago, sembra un diamante nero incastonato tra le rocce.”

Un attimo di silenzio e si riparte. Al lago di Aviasco tocchiamo il punto più alto dell’escursione. Togliamo gli zaini dalle spalle e ci concediamo uno spuntino mentre i discorsi continuano e le voci si accavallano. Immancabilmente si parla delle cime scalate e dall’intima soddisfazione che questo gesto regala: “Ogni vetta, - racconta Cristian - facile e o difficile, mi regala sempre pochi metri di spazio e qualche brandello di tempo che, anche se scomodi e fugaci, mi fanno sentire seduto su un trono proiettato sul Creato. Un trono dove mi siedo con rispetto rivolto verso quell’azzurra ed irraggiungibile lontananza, immensamente appagato e soddisfatto, emozionato e gioioso.” È ora di ripartire  e ci attendono ancora quattro laghi, il primo che incontriamo è il lago Campelli Alto, anche qui si vede con evidenza il lavoro dell’uomo, quello dei pastori che si spingono sino qui con le greggi e quello per la costruzione degli sbarramenti e della canalizzazioni. “Vedi – mi dice – questi, come gli altri luoghi che attraversiamo spesso raccontano storie, storie di fatica e di lavoro, storie che si perdono lontane nel tempo e storie recenti fatte di amore e di fede. Però stiamo perdendo la capacità di leggerne i segni, troppo presi dai ritmi convulsi che la nostra società ci impone”. Mentre si chiacchiera arriviamo sulle sponde del piccolo lago Campelli Basso, sembriamo dei collezionisti anche se restiamo convinti che ciò che conta sia la qualità del cammino: “Ciò che cerco ogni volta sono dei colli e delle cime adeguate alle mie possibilità e in grado di darmi buone e ricche soddisfazioni. Non amo le competizioni.” Poco oltre inizia la scalinata ricavata nella roccia che scende ripida al lago Cernello e all’omonima baita gestita dal Cai di Alzano Lombardo. Con questa luce, propria degli ultimi giorni d’estate, e l’aria tersa dell’alta quota, di fronte a noi si apre un panorama strepitoso e il massiccio della Presolana, inconfondibile, segna l’orizzonte. “La vedi? – mi chiede – La Presolana è la montagna del mio cuore, senza alcun dubbio. La cerco con lo sguardo dovunque mi trovi, non solo sulle alte cime delle Orobie ma anche dal luogo di lavoro. Dovunque io sia lei resta per me un punto di riferimento, la mia casa!” 



Al rifugio ci fermiamo per un’ultima sosta, prima di scendere al lago Sucotto e da lì rientrare a Valgoglio. Prima di avviarci chiedo a Cristian un’ultima cosa “Oltre il sentiero, cosa cerchi?” ci pensa un attimo e poi: “Cerco ciò che è bello e può rendermi felice. Un amico prete, Don Diego, durante una telefonata, nel corso della quale stavamo prospettando l’idea per una uscita montana insieme, mi disse una cosa semplice, forse banale, ma per nulla scontata e che mi è sempre rimasta dentro: …dobbiamo circondarci del bello, di ciò che ci rende felici e gioiosi, solo così potremo a nostra volta regalare un sorriso e donare felicità …”

Pubblicato su "OROBIE" - 2016

Per conoscere Cristian Riva www.cristianriva.it

#13 UN'IMMAGINE DICE PIU' DI MILLE PAROLE

Sabato 10 ‎settembre ‎2016, ‏‎16:11:14 – Presolana – Parete Nord – Via del cuore (discesa in doppia)


“… e leggero il mio pensiero vola e va, ho quasi paura che si perda.” Musica, da sempre mi accompagna e spesso, mentre fermo in sosta seguo lo scorrere delle corde tra le mani, mi ritrovo a fischiettare un motivo, a canticchiarlo a mezza voce. Così è stato anche ieri, giornata strana in cui la Regina ci ha accolto stagliandosi in un cielo azzurro e terso. Ma si sa, lei ama giocare con i suoi corteggiatori ed è lei che stabilisce sin dove puoi arrivare, sin dove ti puoi spingere. Iniziamo a scalare e il tempo passa lento. Tiro dopo tiro ci allontaniamo da terra, cercando la nostra rotta in un mare di muri giallastri ostinatamente strapiombanti. Mentre arrampico sento tutta la pesantezza del corpo e combatto il forte richiamo della gravita. Cerco di essere leggero come i pensieri, ma gli avambracci si gonfiano di acido lattico e la fatica morde i muscoli. Meno male che al termine di ogni lunghezza mi attende una sosta, allora mi rilasso e osservo il mondo da lassù. Che strano! Mentre scali non ti accorgi di nulla, sei solo tu e la roccia in un colloquio intimo e riservato, attorno può accadere di tutto, ma difficilmente te ne rendi conto. Ora che sono fermo e il mio compagno e già ripartito verso l’alto mi accorgo che grossi nuvoloni stanno arrivando da sud e velocemente cancellano ogni traccia d’azzurro. Smetto di fischiettare e me ne sto in silenzio, ascolto. All'inizio non comprendo. Un suono arriva da lontano e cresce con costanza, prima un frusciare sommesso e poi un crepitare sempre più intenso. Ci sono! Conosco questa musica: il percuotere di migliaia di gocce che si infrangono a terra. Mi volto e lo vedo, il muro d’acqua avanza inesorabile dalla Valzurio verso la parete, ha appena scavallato le Cime di Valverde, ora sembra fermarsi. Qualche goccia portata dal vento arriva anche sotto gli strapiombi. Lentamente quel crepitare d’acqua si smorza e si acquieta, il vento lacera le nubi, verso la Val di Scalve squarci d’azzurro si guadagnano sempre più spazio. Continuiamo a salire, ma ben presto la parete è avvolta nelle nubi, non si vede nulla se non pietra che sfugge verticale in ogni direzione e i vapori che sfiorano, avvolgono e si sfilacciano tra i bastioni della Regina. I fischi dei gracchi e il sibilo delle loro traiettorie radenti la parete rendono il tutto ancora più surreale, come lampi neri appaiono e scompaiono velocissimi. Un brontolio lontano non fa presagire nulla di buono e la musica della pioggia arriva presto a tenerci compagnia. Salgo e raggiungo Daniele in sosta, siamo protetti dall'ultima fascia strapiombante, sopra di noi la parete gronda acqua, sotto di noi oltre 200 metri di vuoto, a pochi metri da noi un muro d’acqua compatto scende verticale. Osservo le gocce che si rincorrono sino a terra. Incantato da questo spettacolo avverto una leggera variazione, come se il crepitare divenisse più secco. Eccoli arrivano anche i primi chicchi di grandine che fanno a gara con le gocce d’acqua a chi è più veloce. Noi ce ne restiamo qui, perfettamente asciutti e riparati. Appesi, dall'alto di quegli strapiombi, ci godiamo lo spettacolo, attendendo che il temporale passi e tutto si plachi. Non può durare molto, ci diciamo, e così è. Iniziamo la lunga serie di corde doppie che ci riporterà a terra e, sospeso nel vuoto, mi ritrovo nuovamente a canticchiare “… ed in tanto il sole tra la nebbia filtra gia', il giorno come sempre saraaaaaaaa”

#12 UN'IMMAGINE DICE PIU' DI MILLE PAROLE

Sabato 3 ‎settembre ‎2016, ‏‎13:27:36 – Presolana – Parete Nord – via 12 anni di Albani (L6)

Questa estate non poteva scivolare via senza di lei, senza accarezzarne la pelle di pietra, senza farsi cullare dai suoi vuoti e dai suoi silenzi, senza godere della bellezza irripetibile di certi attimi sospesi che solo con lei si possono vivere. Ho atteso questo inizio di settembre per farle visita, ho atteso un amico con cui legarmi, e ieri è giunto il momento desiderato. Il ripido sentiero ci ha condotto oltre il bosco e i pascoli e lei, imponente ed ombrosa, ci ha accolto nella conca del Polzone. Il suo scudo di pietra ci sovrasta e non ci sta tutto in un solo sguardo. Lei, la Regina, muta si ritaglia il suo spazio nel cielo. Mi piace pensare che ci attenda.
Cerchiamo la nostra linea e la troviamo lì a solcare l’immenso strapiombo rossastro sino a serpeggiare nel grigio del bastione sommitale, gli occhi scrutano e il pensiero vaga tra i ricordi. Alla mente torna il sorriso di Roby, l’amico che per primo l’ha vista e poi l’ha percorsa, regalandocela. Risaliamo i ghiaioni basali e iniziamo a scalare, saliamo e il vuoto attorno a noi diventa incredibile come incredibile è potere seguire quel concatenarsi di appigli ed appoggi, fessure e placche che ci permettono di percorrere i cinquecentoquarata metri di questa via. Lentamente si scala e si sale, facendo i conti con le proprie paure e la fatica. Attentamente si ascolta il mondo fuori e dentro di noi per decodificarne i messaggi e capire se quello è il gesto migliore, l’esatto appiglio da usare, la giusta sequenza di movimenti per superare la difficoltà che ci attende, metro dopo metro. Dopo l’ascolto arriva il momento della scelta, quella che ordina al tuo corpo di muoversi, quella che valuta e tiene a bada le tue paure, quella che ti fa procedere verso l’alto, mentre il chiodo vicino si allontana sotto i tuoi piedi e quello lontano lentamente si avvicina ai tuoi occhi; mentre l'acido lattico gonfia i tuoi avambracci e, come un mantra, ti ripeti che ce la fari a tenere tutti quegli appigli, anche i più piccoli; mentre l'adrenalina scorre in tutto il tuo corpo e le paure se ne stanno buone da qualche parte. Ieri l’abbraccio della Regina ci ha accolto e ne abbiamo approfittato, immergendoci nella sua verticalità. Sospesi sull’abisso abbiamo goduto della bellezza, semplicemente, concentrati solo sul nostro salire.
#unimmaginedicepiudimilleparole